Un volta, mentre contraddicevo garbatamente un tizio
incontrato per strada, mi uscì per sbaglio, invece che un nonostante, un
NONNOSTANTE.
Di preciso mi uscì dalla borsa, dove faceva troppo caldo. Uscì con la sua barba bianca color delle perle del mare. Era un NONNO
magnifico. Essendo però uscito, non poteva più chiamarsi NONNO-STANTE. Si
sarebbe dovuto chiamare, che so, Nonnuscito, o NONNANDANTE. E infatti andava
che era un piacere: con uno zaino sulle spalle si era deciso a girare il
mondo, e partì sotto i miei occhi con un sorriso cordiale da cercare sotto la barba. Era finito, per lui, il tempo della tracolla in attesa di improbabili errori di dizione!
Mentre si allontanava, diverse volte cercarono di ostacolarlo; poco prima della decima, di
fronte al NONO OSTANTE, con un sol colpo il nonno ne fece una parola unica e me
la restituì per il corretto inserimento nella frase.
Quella frase, però, l’avevo dimenticata da tempo.
Chi di voi se
la ricordi, anche se ha una dizione perfetta, dovrebbe ripeterla
sbagliata: un nonno potrebbe sonnecchiare in una tasca e, ora che è quasi primavera, è arrivato il momento di liberarlo.
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