“La verità è che non sono per niente organizzato” disse il clavicembalo
all’organo.
Ma l’organo era un polmone, anzi due (c’era il due per uno:
due) e entrambi i polmoni, o tutto l’organo, gli risposero:
“Caro cembalo, per chiarirti le idee, dovresti diventare un claricembalo,
ma un claricembalo molto pulito – noi polmoni (o io organo, a piacere) siamo
molto precisi con l’igiene – e quindi un clarinetto.
Ma il clavicembalo non voleva diventare un clarinetto. Dopo
lunga discussione, trovarono comunque un accordo: un re minore. Fortunatamente,
il re accettò melodiosamente di essere minore: poiché gli era invisa la divisa,
non avrebbe mai sopportato di essere maggiore, né generale, né specifico.
E in re minore (e profondamente pacifista), si intonò una
magnifica strofa:
primo esecutore: il clavicembalo.
Secondo esecutore: l’organo.
Ma poiché l’organo era un polmone, anzi due, si intonò un
canto a pieni polmoni, che faceva così:
Non sarò proprio
perfetto,
e non sono clarinetto,
se son disorganizzato,
prenderò il sole sul
prato
e il calor mi aiuterà,
trallallero trallallà.
Seguono applausi, strette di mano, il saluto commosso della
mamma, gesti di solidarietà da tutti gli strumenti, ma proprio tutti, persino i
cacciaviti e le pinze (questi ultimi, che suonano una musica diversa ma
altrettanto nobile: quella del costruire).
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