martedì 30 aprile 2013

Niente MA!


Si diceva, ma non ricordo bene chi, che l’umanità intera potrebbe stare meglio nell’arco di una sera. Per sicurezza io proporrei un giorno intero e, tanto per andare sul sicuro, un giorno pieno di sole!
Si comincia così: al 3, un sorriso per me, uno per te e uno per gli altri 73.
Esercizio 2: acciuffare un passante per la mano – o molti, se si hanno tante mani disponibili) – e, prima che passi, fare insieme il giro della Terra, guardandola prima da sotto e poi da sopra, finché lo stupore non vi impedisca di atterrare.
Esercizio 3: colorare tutte le facce grigie con le tempere (per sicurezza farlo in cucina, dove, se si sporca, si pulisce prima). 
Esercizio 4: consolare Rosina che piange, comprandole una maglia con le frange. Se non funzionasse, abbracciarla forte. Se non funzionasse, prenderle la mano e aspettare insieme che le passi.
Esercizio 5:  ripetere i primi 4 esercizi con una persona antipatica, e controllare se rimane antipatica o se magari non le scappi da ridere. Questo potrebbe succedere in più casi, ma il più veloce è individuare i baffi e disegnarci sotto la risata con le tempere, con l’abbraccio o con un’idea a piacere.

A questo punto, in genere, incomincia a sgranchirsi una certa serie di MA. Avviene pressappoco così:
MA è anche vero che oggi non è una giornata facile, con tutti quei nuvoloni tra me e il buonumore.
MA Luca mi ha fatto lo sgambetto proprio ieri, e cadendo, lo giuro, mi sono ammaccato il naso (fortuna che la mamma me ne ha messo uno nuovo, mentre aggiustava il primo). 
MA la maglia con le frange era la mia, le tempere si consumano, ne avevo solo due e un’oca non è un bue.

Di questi MA non si sa molto, se non che al palato sanno di polistirolo, alla vista non ricordano i fiori e che c’è un segreto che vale per tutta l’UMANITA’.
E il segreto è che se i MA ce li togli, quello che resta è l’UNITA’.
Come una di quelle foto che vengono bene soltanto se sorridono tutti. O in cui, se ingrandisci le singole facce, ti accorgi che il sorriso di uno e quello di tutti, sono lo stesso. 

L'affrontiera


L'affrontiera è una linea immaginaria dove ci si trova quando si finisce per fare inavvertitamente un affronto a qualcuno. Una volta, proprio in quel punto lì, Luca disse a Giovanni che i suoi denti erano artificiali, e difatti una volta accesi illuminavano tutta la notte di luci splendenti. Ma Giovanni non gli lasciò terminare la frase, perché aveva in mente la dentiera di suo nonno e questo lo offese molto, perché lui aveva la sua che era molto più bella! Dunque lo prese come un affronto, poi prese l'affronto e lo appoggiò sull'affrontiera, prese l'affrontiera e se la appoggiò in tasca, prese la tasca e se la appoggiò in mano, aprì la mano e ci trovò una linea, che non era immaginaria e che non era un affronto per qualcuno, ma magari qualcuno da affrontare, o qualcosa. Ad esempio la paura degli affronti. E l'affrontò.

Un piccolo amico


Ecco fatto, un angioletto
si è posato sul tuo letto.

Le sue ali sono gialle,
sono voli di farfalle,

le sue ali sono verdi,
e a guardarle ti ci perdi,

le sue ali son violette
ma non son mica perfette,

proprio questo le fa belle,
tra la luce delle stelle.

Il bidente


Un giorno il buon Tritone,
stringendo il suo tridente,
cedette via un dentino,
che a lui pareva niente,

ma quando fu Bidone,
stringendo il suo bidente,
la cosa non gli parve
poi molto divertente!

Non vi dirò il bidente:
capiva così poco,
che pure l’altro dente
andò perduto al gioco!

Così che il nostro eroe,
finì per l’occasione
– un dente nella mano –
a presentarsi: Done!

Un tale un po’ pedestre,
fu poi d’ispirazione:
si scelse un bell’incrocio
e diventò un Pedone. 

Il fior di Enza


C'era una volta Viola, 
si trasformò poi in Enza, 
e tutto questo avvenne, 
senz'ombra di violenza. 

C'era una volta Enza, 
si trasformò poi in Viola
però Viola era un fiore, 
cresciuto a Fiorenzuola. 

C'era una volta un fiore, 
che nacque in una valle, 
divenne un bel sorriso, 
con pacca sulla spalle. 

C'era una volta un riso, 
nato in una risaia, 
divenne la risata
che fa ogni cosa gaia! 

venerdì 26 aprile 2013

Il silenzio



Il silenzio sulla terra,
giunge a volte nella neve,
nella pace o nella guerra,
giunge forte o giunge lieve.

E per quel che posso dire,
il silenzio che più vale,
non ha nulla da capire
però tanto da accettare.

Rimanere dolci e fermi,
darci in tutta la presenza,
così non saremo inermi,
anche nella sofferenza.

Ed il cuore batte forte
ma non teme più il dolore,
perché non esiste morte
che è più forte dell’amore.




Dedicata a Rora, che in un momento difficile si prepara a donare il suo amore e la sua presenza. Che grande cuore. Buona fortuna cara amica. 

Il trinaso


Il mio amico ha un naso molle,
che si suona in si bemolle.
Ne ha anche un'altro di cristallo,
che col sole è tutto giallo;

uno infine in plastilina,
fatto a forma di gallina.
Per far fronte a tanti nasi,
ha comprato quattro vasi:

non ci tiene dentro niente,
ma gli sembra divertente.
se per caso glielo chiedi,
dire: "Qua ci sono i piedi!"

E risponde a chi lo ascolta,
che li mette un po’ alla volta,
mentre i nasi lui ci tiene
a indossarli tutti insieme!

Il lucido naso


Ho quest’oggi ricevuto,
un quadrato di velluto,
ma per lucidarmi il naso,
ne volevo uno di raso.

Ricordandomi la dieta,
ne ho inghiottito uno di seta
(c’era più soddisfazione
a mangiarne di cotone),

ma il mio naso è ancora opaco,
e così, di seta un baco
– gran potere lucidante! –
coltivai seduta stante!

Seguitaron giorni belli,
lucidai tutti i pomelli,
ma anche vetri, sedie, sdraio,
della penna il calamaio

e tra questo ben di Dio,
sento: “Ehi! Ci sono anch’io!”
È la voce del nasino,
che ora lucido a puntino! 

sabato 20 aprile 2013

Il tavoletto

Messo un tavolo sul letto,
ho ottenuto un tavoletto, 
che ha poi sposato una tavoletta 
che se n’è andata di tutta fretta.

Ho omesso il tavolo e così il letto, 
se ne è rimasto solo soletto, 
per il dolore e la nostalgia, 
andò a trovare sua nonna Maria.

Dopo altri sette, il mio tavoletto, 
è diventato un ottavo letto, 
caldo giaciglio di un bel nanetto, 
che ci ha dormito senza sospetto.

C'è una gran folla sopra quel letto,
che, riassumendo, fa un bel folletto. 
Dorme il folletto tra sogni di gloria, 
ivi compresa la nostra storia!

venerdì 19 aprile 2013

Il molle naso


Il mio amico ha un naso molle,
se lo schiacci fa le bolle,
se lo giri fa un frastuono
e ha le guglie come il duomo.

La mia amica ha il naso duro
e ci fa i buchi nel muro,
il suo naso è tanto ammodo
ma il mio muro è un colabrodo!

Con il naso molle e duro,
ho guardato il mio futuro,
ma non ci ho trovato niente:
era tutto nel presente!

Con il naso duro e molle,
ho parlato a delle folle,
solo uno ne ho persuaso:
il padrone del mio naso!

martedì 16 aprile 2013

Un equo scambio


Alla gentile banca centrale,
vorrei proporre un affare speciale.

Lei saprà bene che, come Stato,
il mio paese è un po’ indebitato

e questo debito brutto e cattivo,
si pena tanto a tenerlo vivo:

gran sacrifici, tutti scontenti,
vivono mogi e stringono i denti.

Così le dico, andiamo alla pari:
devo pagarla e non ho i denari.

Stando alla prassi le dovrò dare
case e palazzi, mobili e scale.

Così sia fatto e, dalla A alla Z,
la pagherò con la stessa moneta:

apra la borsa e, prima che parta,
eccole qui cento case di carta!


lunedì 15 aprile 2013

Che cos'è la primavera


Dentro il parco mi sollazzo
squartinando come un pazzo,
sopra il prato dritto dritto,
con i piedi sul soffitto,

con lo sguardo dentro il cuore,
con il naso dentro un fiore,
con le mani sopra un ramo,
brilla il sole e allora amo.

Più lontana ora è la sera,
brilla forte primavera,
trovo il sole e non so dove
ritrovarlo quando piove.

Piove spesso sulla terra,
per il PIL si fa la guerra,
ma se mi ricordo il sole,
tolgo forza al mio dolore,

e ogni gesto che è diviso,
lo ritrovo in un sorriso,
che non devo mai cercare,
ma che nasce da donare.

Un sorriso ad ogni uomo,
per le strade, sopra il Duomo,
fino ai monti e alla foresta
e la primavera è questa. 

domenica 14 aprile 2013

La bimba betulla


Ho cercato una fanciulla
al sapore di betulla,
domandai a mio cognato
ma il sapore era di prato.

Domandai a un professore,
ma il sapore era di fiore,
domandai pure in un chiosco,
ma il sapore era di bosco.

Incontrai infine una culla
proprio sotto una betulla,
c’era dentro una bambina
al sapor di rosa fina,

fina quasi come un foglio,
al sapore di germoglio,
che per diventare fusto,
sa aspettare il tempo giusto. 

sabato 13 aprile 2013

Le sagge giovenche


Tre giovenche di Novate
si prendevano a legnate,

arrivando poi a Legnano,
se le davano più piano,

alla volta del Perù,
non ce n’eran quasi più...

e nel centro di Crotone
si son date un bel bacione! 


venerdì 12 aprile 2013

Ad alambiccarsi


C’era una volta un signore, anzi due signori, anzi tre e non ne parliamo più, che si lambiccavano tutto il giorno. Si sforzavano con tutte le forze, si forzavano con tutte le sforze e anche gli Sforza e i loro ultimi discendenti, impressionati dallo sforzo, gli cedettero un’ala dell’omonimo castello. Con quell’ala, tutti e tre i signori – incontentabili sul fronte del lambiccamento – si lambiccarono ancora di più su come riuscire a prendere il volo.
Giunse a quel punto il nostro vero protagonista: Alan, più vecchio degli Sforza e più giovane dei bambini che devono ancora nascere. Ovviamente lui non si lambiccava mai, ma si alambiccava.
Per farlo, prendeva un alambicco e ci distillava:
- vapore acqueo, meglio se caramellato
- fantasia
- sapore di caramella al lampone
- simpatia, sorpresa, gratitudine a larghi fiocchi

Con questi ingredienti, risolveva tutti i problemi spinosi senza pungersi mai una volta.
Prese così il volo l’ala del castello, che per gratitudine diventò un Alan e prese ad alambiccarsi a sua volta.
Gli Sforza erano entusiasti.
Gli Alan, anche.
I tre signori, o forse i due, o quantomeno uno, invece, continuarono a lambiccarsi, e questo perché a volte si prende più gusto a pensare ai problemi, piuttosto che a risolverli. 

La Franca giovanna

C'era una tizia che riusciva sempre a farla franca, soltanto che lei era Giovanna. 
E allora cosa faceva la Franca a fare? 
Faceva la franca perché amava la sincerità, e faceva la franca perché amava la libertà, e guarda un po': l'italiano ci consente di dire entrambe le cose in una parola sola! 
Peccato che non potremo mai "fare" i liberi e i sinceri, dovremo proprio diventarlo.

Una grande parola

Cercavo una parola 
come la terra intera, 
arrivò lì mio nonno 
(cercava la dentiera). 

Cercavo una parola, 
non grande ma gigante: 
si presentò mia mamma 
(cercava il deodorante). 

Cercavo una parola 
come tutto l'universo: 
si presentò mio padre, 
che un dente aveva perso. 

E riflettendo un poco, 
mi parve intelligente, 
già che cercavo io, 
cercar per l'altra gente. 

E una parola grande 
che più non seppi fare, 
trovai quasi per caso: 
era il verbo "aiutare".





(il dente di mio padre, però, non si è mica trovato. Sospetto del dentista. Che abbiano derubato il topolino dei denti..?)


mercoledì 10 aprile 2013

Tonto di Bitonto


A un signore un po’ tonto di Bitonto,
un sonetto sembrava un racconto,
un saluto sembrava un affronto,
un minuto sembrava un secondo,

la narice un bel cono gelato,
e girava col capo girato,
così che la pallina e la cialda,
dentro il naso gli stesse ben salda.

Era ancora col naso all’insù
che il maestro gli fece poi “Bù!”
sul suo naso fu poi interrogato,
definendolo un po’ raffreddato.

Ma il gelato non porta dolore,
così che pure il suo raffreddore,
filò via in un minuto secondo,
per il Tonto signor di Bitonto.


Per chi soffre il SOLLECITO


Raccoglievo una conchiglia,
vidi poi con meraviglia:
dentro c’eran dieci alici,
che ridevano felici

(lo dicevano i fenici
che bisogna star felici,
se no giungono i romani,
e ti trattano da cani)

E le Alici – sorpresone! –
non son pesci ma persone,
vanno dietro al bianconiglio,
tra un applauso e uno sbadiglio.

Queste Alici sono piccine,
tutte e dieci son bambine,
e non so se sarà lecito,
però soffrono il SOLLECITO!

Per non farle stare male,
senza più tergiversare,
caffettiamo, perché no,
che aspettare non si può!


Ecco una canzoncina realmente utilizzata (e riutilizzabile a piacere) per invitare gli amici a prendere il caffè. 
I più attenti avranno già notato che ho scritto "canzoncina" anziché "filastrocca". Ebbene sì, questa è una canzoncina e tutti quelli che vogliono il caffè devono cantarla a voce alta e anche altissima, con note a piacere, ma se possibile dai toni giallo lampione, verde sonetto e azzurro chiaro che più non si può. 

lunedì 8 aprile 2013

L'allegria della cincia


C’era una cincia incerta
su una strada deserta,
vide due cince serie
tra lampetti e intemperie.

Una cincia balzana,
saltò da una sottana,
mentre una cincia mesta
si grattava la testa.

Una cincia un po’ tetra
stava sopra una pietra,
e trattenne il respiro
nel guardare un po’ in giro:

la giornata era lieve,
primavera di neve,
tra i mirtilli e le viole,
primavera di sole.

E col sole sincero
che ogni cosa rallegra,
finalmente ci siamo:
ecco la cinciallegra!


sabato 6 aprile 2013

Ho visto un grande mondo


Ho visto un grande mondo,
non fatto di parole,
ma di fatti e persone,
che non sono più sole.

Col viso in piena luce,
si son guardati in faccia,
si son tesi la mano,
di fronte a chi minaccia.

E il cuore trema ancora,
ma non più di paura,
ma per la grande forza,
che ci farà da cura.

E “cura” è tutto quello
che il mondo ormai reclama:
il cuore che si dona,
la gente che si ama.

Un cuore che si dona,
è un sole con un raggio,
che tradotto in azione,
significa CORAGGIO.

Coraggio di cambiare
ben più di una parola:
noi stessi e il mondo intero,
come una cosa sola.

E lo faremo insieme,
a fondo, con successo,
e il mondo di domani
per me comincia adesso. 



Dove l'ho visto? QUI.

venerdì 5 aprile 2013

La prova del NO

Han detto a Giovannino
che quando sarà grande,
almeno una ogni tanto,
vedrà cose nefande,

gli han detto che in futuro
se vuole aver successo,
dovrà sugli ideali
venire a un compromesso. 

Han detto a Giovannino,
che il mondo non si cambia,
che non si può donare
se l’altro non ricambia.

Ma una nuova lezione,
viene da un grande saggio,
che insegna che l’amore
è un atto di coraggio

e costi quel che costi
 e io lo pagherò –
chi ha cuore, Giovannino,
sa quando dire “NO!”. 

martedì 2 aprile 2013

I brillanti


Ho comprato uno shampoo che rende i capelli brillanti. Eppure, i miei capelli sono rimasti capelli.
Puliti, è vero, ma a me i brillanti servivano per regalarli alla mia fidanzata e chiedere la sua mano! Un importante riflessologo mi indusse a questa riflessione:
Cosa me ne faccio di una mano sola, se io la amo tutta?
Così andai dalla mia ragazza per chiederla tutta intera, con anche le scarpe e tutta la cabina armadio. Ma mi mancavano i brillanti. Arrossì un po’ mentre le raccontavo la fregatura dello shampoo, ma lei mi disse che i brillanti sulla testa di un ragazzo fanno un effetto strano, mi diede una bella carezza e mi chiese se la aiutavo a caricare l’armadio sulla mia piccola auto. Ero così emozionato che neanche mi accorsi che in quel momento i brillanti erano dappertutto, nei miei occhi, nei suoi e in tutta la volta del cielo.

Regalare un sorriso


Regalare un sorriso
è sentire che il suono
dietro a cui c’è la vita
è così tanto buono,

che ti basta pensarlo,
prima ancora che accada,
e il tuo viso con gli altri
presto trova la strada.

È la strada del cuore,
che da sempre è presente
ed è un ponte di gioia
tra il tuo cuore e la gente.

giovedì 28 marzo 2013

Il banchetto


C’è un signore a Macerata,
che si sazia d’insalata.

C’è n’è un altro a Castelfranco,
che degusta pasta in bianco.

Uno infine a Corleone,
che divora il minestrone.

Tutti insieme si vedranno,
Ferragosto o capodanno,

tutti col proprio menù,
tutti e tre o qualcuno in più.

E mischiando le pietanze,
tra risate, canti e danze,

se di ognuna si fa dono,
sembra tutto un po' più buono! 

mercoledì 27 marzo 2013

Filastrocca del capo girato


Filastrocca del capo girato,
chi l’ha diritto è tutto sbagliato.
Filastrocca del capo levato,
me l’hai rimesso e ti sono grato!

Filastrocca del capo firmato,
sulla capoccia ho un po’ scribacchiato...
Filastrocca del capo scortese,
trova la strada per quel paese!

Filastrocca del capo chino,
viene abolita da qui a Pechino:
perché in città come nella foresta,
un capo chino non fa una testa! 

martedì 26 marzo 2013

Testa a testa tra tasto e tosto


Scrissi un testo su una testa, ma una testa non fa testo se non testo che quel tasto che soggiorna sulla testa, sia ben tosto o se, piuttosto, solo attesti che quel tosto va addentato in un bel posto, che poi – neanche a farlo apposta – passa in testa alle proposte.

E in onore delle pro-poste, ovvero delle signorine che si vedono favorevoli alle poste, ci si pregia di decantare il verso seguente:

Favorevoli alle poste,
poco meno anche ai corrieri,
spedirò tutto domani,
per averlo indietro ieri. 

domenica 24 marzo 2013

Un principe mancato


Conoscevo un falegname,
il più bello del rame,
nei capelli delle rane
e altre cose ancor più strane,

di cui qui non parlerò
ma le rane, dico: ohibò!
una a una le ha baciate
ma le belle fortunate,

eran tanto pervicaci
che rimasero batraci.
Capirete che perciò
neanche una ne sposò:

come fossero gioielli
le rimise nei capelli,
e rimase falegname
il più bello del reame! 

sabato 23 marzo 2013

Un pezzo RAP


...se mi scotto metto il Prep
così aggiungo un verso rap!

Yoyoyo che meraviglia,
con questi occhi anche una triglia

mi direbbe intelligente
o anche non direbbe niente,

perché è muta come un pesce
e perciò non se ne esce! 



Dedicato alla piccola Hanan, rapper in erba in un prato di fiori. 

giovedì 21 marzo 2013

Quanto è grande un desiderio


Ho un amico che ha espresso un desiderio. 
Un altro ha espresso un treno: un treno espresso, grande e a vapore.
Un terzo amico, modesto, ha espresso solo un caffè.
Nel treno c’erano 100 persone che si sono strette la mano, hanno fatto amicizia e si sono chiamate per nome, e così il desiderio del primo e del secondo amico sono diventati lo stesso.
Il terzo si è gustato il caffè ed è andato verso casa. Preso com’era a zuccherarlo, non ha neanche sentito il treno salutare fischiando.
A me pare che, tutto sommato, sia meglio abituarsi a pensare in grande. 

A montarsi la testa


"Ma hai visto Gigino?? Si è proprio montato la testa!"
Per farlo, ha seguito scrupolosamente le istruzioni, ma ciò nonostante ha fatto un errorino. “Errorino” poi lo diciamo noi, perché l’altro ieri Gigino aveva 4 orecchie. Sapeste quanto ci sentiva!! A fine della giornata, dopo aver sentito i pettegolezzi di nonna Palmira che pure era a quattro isolati di distanza, decise si smontarsene tre e ne tenne soltanto una, bella centrale.
Per compensare quella mancante, mise al suo posto un occhio, ma sbagliò di nuovo: quell’occhio era l’occhio di un ciclone!
Non solo: l’orecchia mancante, che non si sentì per niente compensata, chiese ad alta voce dei soldi, almeno per comprarsi la merenda.
Pierpaolo (chissà poi chi era), che soldi non ne aveva, gli diede un panino con dentro il giallo delle tempere, il fiume Mississippi e il ciclone che era avanzato, dato che Gigino ne aveva utilizzato solo l’occhio. E quella, ve lo posso giurare, fu la più strana merenda che un'orecchia avesse mai fatto!


Il dolce fiore


Questa è la storia di Giotto Perotto,
quando si gira vede un biscotto.

Gira il biscotto e diventa sera,
gira la sera e trova una pera.

Gira la pera e cade il soffitto,
gira il soffitto e lo mette diritto,

gira il diritto e trova un dovere,
gira il dovere e trova un piacere,

gira il piacere e trova un favore,
gira il favore e trova un bel fiore.

È solo uno e profuma per otto,
il dolce fiore di Giotto Perotto. 


mercoledì 20 marzo 2013

L'umida sfida


È la storia di Giampietro,
si bagnava sul di dietro,
si bagnava sul davanti,
si bagnava pure i guanti.

Sarà stato forse un caso
ma io gli ho bagnato il naso
e per una settimana
soggiornai in una fontana! 

domenica 17 marzo 2013

La perottola


Una trottola pungente
roteava sul mio dente, 
ma poiché pungeva troppo
mi cercai uno sciroppo. 

E giacché una medicina,
non mi aggrada la mattina,
aspettai fino alla sera, 
incontrai però una pera. 

E la cosa un poco strana
che si scrisse il venerdì:
roteava anche la pera
ma stavolta mi guarì! 




Dedicata agli amici de Il Tarlo (link), che trottolano fino al cielo.

sabato 9 marzo 2013

La marca da ballo


Insomma stavo per spedire una lettera con tanto di marca da bollo ma, dato che i bolli mi danno le bolle, ne no fatta una bella: ci ho appiccicato una marca da ballo.
Avreste dovuto vedere la lettera! Ballava il can can sul naso del postino, ballava il gatt gatt sul naso della postina, ballava e ballava tanto che né il postino, né la postina (forse perché erano distratti a grattarsi il naso) riuscivano a acchiapparla.
Per acchiapparla, fu necessario un affascinante cartoncino azzurro, che la invitò a ballare. Ballarono tutta la notte, ma poco prima di mezzanotte, lei scappò via e non perse nessuna scarpina, perché le buste, non si sa come, ballano senza scarpe, né piedi, né ginocchia: ballano solo per l’amore e per la fantasia.
Bella fregatura per il cartoncino, che ogni sera la ricorda con affetto e forse non la rivedrà neanche più, ma questo cambia poco e niente, perché ovunque si trovi, lui la ama lo stesso. 

giovedì 7 marzo 2013

La bisbetica donata


Un giorno arrivò Luca e così, tra il dire e il fare, mi regalò una bisbetica!
“Bella forza! Ma scusa tienitela tu!” provai a proferire, ma Luca era già sparito all’orizzonte correndo a gambe così levate che si erano levate in volo, anziché solo di torno.
Rimanemmo io e la bisbetica, che bisbeticava a più non posso, nel senso che non ne potevo più. Allora presi a poterne di meno, e di meno potevo. Ma la bisbetica, indifferente a tutte le mie prodezze verbali, si lamentava come se piovesse: infatti piovevano lamentele e piovevano anche bisbetiche, dato che provai a lanciarla. Ma niente, la bisbetica era sempre lì, e tanto più era lì, tanto meno era da un’altra parte. Allora mi rassegnai: anziché lanciare la bisbetica, lanciai un chilometro e inventai così il chilometro lanciato. Mi procurai anche una lancia, ma non riuscivo a guidarla né a lanciarla, soprattutto per il gran peso del motore. Mi procurai un’altra lancia, e creai così una bilancia. Ci feci salire la bisbetica e le chiesi: “ma sei dimagrita? All’inizio della storia mica pesavi così poco!”
La bisbetica non capì, fece per accennare un sorriso ma poi si ricredette.
Allora salii sull’altro piatto della bilancia, che subito diventò un’altalena e iniziammo a giocare. Giocammo tutto il giorno, giocammo tanto che alla fine si dimenticò che era una bisbetica e si sentì in crisi di identità. Provai a dirle che era un raggio di sole e – lo credereste? – alla fine era proprio così. 

Per chi ha qualcosa da riridere


Ho un amico che non aveva mai niente da ridire, in compenso aveva molto da riridere.
Riridere è la risata che segue alla prima risata, quando gli iridi si irradiano di raggi di sole e di nuvolette, le pupille si fanno grandi e piccole e gli occhi si strizzano. Segue una contrazione dell’addome, il braccio che si alza a indicare non si sa cosa. Segue la ricerca stremata di una sedia per evitare di rotolare in terra, da tanto ridere, riridere, triridere.
Sul triridere, poi, bisogna stare attenti a non tririderare troppo la corda, per evitare che fosse quella di un violino come cui si era tesi molto prima cominciare a ridere, riridere, triridere.
E dato che le parole nuove abbondano, ne invento altre tre:
BISBELLICO: signore che una volta era bisbetico, ma poi ha iniziato a sbellicarsi!
BARBAGIACOMO: uccello notturno che vola in barba al sonno, dato che le sue gambe fanno Giacomo Giacomo.
GIACOMO: ragazzo che da grande voleva fare il comò, ma è poi stato deviato su Como, dove è già arrivato.
Ne avete abbastanza?
Ancora uno, scegliete voi quale:
APPICICCHIA: esclamazione anagrammatica.
PIRIPICCHIO: bambino o volatile di qualche storia passata.
CIPPIRI: nome proprio di merlo, maschile singolare.

Il musicista


Al musicista che lungo la strada
sceglie il motivo che più lo aggrada

e che per poche monete offerte
parte col pezzo che più lo diverte,

che fa fermare i bambini e le genti,
che poi ripartono tutti contenti,

bisogna dire un bel grazie sincero,
come ad un sogno che diventa vero,

perché la gioia è una cosa che ha scelto
e la dà a tutti col suo concerto. 

mercoledì 6 marzo 2013

La strada giusta


Il cuore è un posto
che un po’ conosco,
bello e carino,
ma un po’ nascosto.

Tanto è vicino
meno è lontano,
ma ci si arriva
solo per mano.

E questa mano,
- grande scoperta! -
non è afferrata,
ma sempre offerta!

martedì 5 marzo 2013

I pastelli a cena


Ho un’amica che ha i pastelli a cera.
Un’altra che hai pastelli a cena.
Che cosa gli ha offerto??
Che ne so, bisognerebbe capire cosa mangiano i pastelli. Le paste forse no, le pastelle men che meno. Ma men che meno potrebbe fare più, e allora io mi chiedo: come fanno a mangiarne di più, se non ne mangiavano neanche di meno?
Non so più rispondere, o forse non so meno rispondere, o forse so rispondere più o meno, ma non si sa se più più o più meno. Non lo sa neanche la mia amica, e per questo ha invitato i pastelli a cena: per chiederglielo.
E indovinate un po’ cosa le hanno risposto?

Ritrovare un amico


Ritrovare un amico
è scoprire che il cuore
cela in sé tante porte
dietro a cui c’è l’amore.

E la sua porticina
che credevi serrata,
è bastato un sorriso
e ti si è spalancata.

Il sorriso di un tempo,
un sorriso presente,
che ora brilla nel cuore
e puoi dare alla gente.




Dedicato a Camilla, mia nuova amica da sempre

lunedì 4 marzo 2013

Il cavolfiore


C’era una volta Augusto, indefesso operaio delle ferrovie, che stava riparando un cavo che passava rasoterra lungo un bel prato verde. Stava per afferrarlo, quando vide di fianco a sé un fiore. Esitante se coglierlo, sentì la voce del suo capo che gridava: “Augusto, o il cavo o il fiore!”
E Augusto scelse il cavolfiore. Ne aveva uno in tasca e lo scelse con tutto il gusto del mondo, ma mica per mangiarlo. Gli si aggrappò con entrambe le mani (era verde e bellissimo) e volò via. In particolare era il cavolfiore a volare, non Augusto, che però era ben saldo e salutava i suoi amici con i piedi, dato che con le mani era ben saldo.
Il cavolfiore faceva virate morbide nel cielo, le cabrate cabravano, i voli radenti radevano chi aveva la barba più lunga, i giri della morte resuscitavano uno dopo l’altro. E Augusto, sempre lì attaccato.
Volete sapere dove atterrarono?
Io non lo so, ma sono certo che fosse molto lontano, in un posto dove il vento si ferma solo un attimo, il tempo di far riposare il cavolfiore e poi far toccare il cielo a qualche altro operaio delle ferrovie, o alla signora Cesira, o al vecchio Giannone, che non dimenticheranno mai più quanto poco basti per prendere il volo. 

La scassapanca (una storia di colpi di scena)


Un giorno di questi, una cassapanca, incontrò per disgrazia una scassapanca. La scassapanca era una signora che pesava 532 chili e sette etti, e che quando vedeva una panca ci si tuffava di testa, certa che il resto del corpo, un po’ alla volta l’avrebbe seguita.
Ma la scassapanca era anche un’incudine, lanciata dal settimo piano. Direte voi: ma quella può essere anche una scassasedia, o una scassamarciapiedi, o una scassabruno, metti che Bruno passasse di lì. Ma io vi garantisco che quell’incudine era stata lanciata con mira proverbiale, e fu proprio per un soffio che la cassapanca la evitò. Ma poiché la evitò, la scassapanca si sentì subito rifiutata e dovette andare dallo psicologo. Una volta dallo psicologo, si sedette su una panca all’ingresso e la scassò. Allora si sedette sul pavimento, e lo sbeccò. Allora si sedette sul becco di un cormorano di passaggio, ma fu subito beccato e costretto ad alzarsi. Allora si sedette sul becco di un quattrino, ma non aveva neanche quello, tornò al settimo piano, esortò il suo lanciatore a smetterla di lanciarla e ritornò con tranquillità a discutere con l’amico martello.
PRIMO COLPO DI SCENA: il martello e il lanciatore, in realtà, erano la stessa persona.
SECONDO COLPO DI SCENA: la prima scassapanca, in realtà non era una vera scassapanca, perché anche se pesava 532 chili, si sedeva sempre con uno per volta con grande delicatezza.
Il TERZO COLPO DI SCENA, in realtà fu il PRIMO COLPO DI SCEMA: una scema non meglio identificata arrivò dal nulla e, vedendo la scena, le prese un colpo; non essendo un prodigio d’acume, raccontò a modo suo la scena al suo migliore amico, che rimase molto colpito: infatti lo colpì con un martello (ecco qual era il modo suo). Il martello però era anche il lanciatore, e qui c’è un
QUARTO COLPO DI SCENA: il martello, era in realtà un lanciatore del martello: si lanciò quindi talmente lontano che vinse in un colpo solo le Olimpiadi di questo e dell’anno passato, con tanto che l’anno passato non c’erano e in questo bisogna ancora iniziare a parlarne.

Il pendolare


Al pendolare che la mattina
va sul treno a testa china,

i problemi di tutto il giorno,
già nella testa che girano intorno,

io farei una deviazione
e saltando una stazione,

porterei il treno argentato,
su ogni lido del creato:

tra pianeti e stelle doppie,
tra cascate e fiumi a coppie,

dove è pace e non più guerra,
per le genti della terra

e se il sole è più caldino,
gli concilia un sonnellino...

Poi smontando dal vagone,
avrà in testa una visione

che è il futuro, è un sogno d’oro
che trasforma anche il lavoro. 

domenica 3 marzo 2013

La fialastrocca


Siccome ogni volta che scrivo "filastrocca" mi esce "fialastrocca", mi sono rassegnato e l’ho bevuta tutta d’un fiato.
Sulle prime mi sono cresciute altre quattro braccia: due hanno iniziato a fare esercizi di giocoleria mentre le altre due applaudivano, quindi si sono date un cinque, ma che dato un cinque gli pareva poco, si sono date un otto e anche un nove. Non avevo mai visto tante dita nelle mie 6 mani come in quel momento.
Poi le mani, le braccia e le unghie (immaginate quante fossero) si sono messe a dormire, ma l’effetto della fialastrocca è continuato: appoggiandomi sullo schienale della sedia sono diventato un palloncino, e sono volato via. Mentre volavo via, sono diventato una nuvola, ma non una nuvola qualunque: una nuvola a forma di palloncino, avreste dovuto vedere che tonda. Una nuvola chiara, senza ombra di pioggia, che guarda la terra bonaria e si sposta sempre un pochino per far passare i raggi del sole. Ma che brava!
E nonostante da nuvola si stesse veramente bene, vi racconto l’ultimo incredibile effetto della fialastrocca: di colpo, sono diventato nientemeno che me stesso, ma mica quello di prima: un me stesso nuovo e bello, che aveva imparato a sorridere, che aveva due braccia forti e nessuna paura di fare fatica: tutto quello che serve per cambiare, anche se un pochino per volta, il mondo intero. 

La parola magica


Corre il sole sulla terra,
quando è dura, quando è bella,
quando è dura un poco stride,
quando è bella ti sorride.

Ma col sole in uno sguardo,
si saprà senza ritardo,
che ogni cuore può sbocciare
imparando il verbo "amare".



(Dedicata all’amico Giò Guerzoni, che me lo ha appena ricordato). 

Giovannino di Girgenti

Giovannino di Girgenti,
quando ha freddo batte i denti,
batte all’uscio quando arriva,
se la batte (se partiva).

Batte il ferro finché è caldo,
batte il chiodo finché è saldo
batte un colpo se era assente,
batte il cuore se è presente.

Nel presente il cuore batte,
ride forte, prende il volo,
è tra mille sulla terra
e così non è mai solo. 

giovedì 28 febbraio 2013

L'influenza, atto secondo: la guarigione


Ho un'amica in malattia, 
la sua mente vola via,
cento sogni dentro il letto,
la trasformano in confetto.

Dieci sogni da ogni lato,
la trasformano in gelato,
Ogni sogno di speranza
la trasforma in una danza,

e danzando ha poi scoperto
che fiorisce anche il deserto,
e così può ripartire,
che vuol dire poi “guarire”! 

mercoledì 27 febbraio 2013

L'influenza


C’era un signore tra Padova e Piacenza,
che si sentì arrivare l’influenza.

Poiché era un uomo molto autoritario,
il fatto non poté che spaventarlo:

non volle mai consigli da nessuno,
pensa un po’ l’influenza di qualcuno!

Così corse di fretta dal dottore,
per convertire il male in raffreddore,

ma il medico era al mare con gli amici
di fronte ad una pasta con le alici.

Il male iniziò quindi il suo decorso,
senza incertezze o l’ombra di un rimorso,

e quando passò di colpo, in pieno maggio,
il tale diventò forse un po’ più saggio. 

lunedì 25 febbraio 2013

Litigare un po'


Litigare un po' tra amici,
certe volte è pure un bene,
perché volano le sberle,
ma in compenso son sincere.

Se le sberle fanno male
anche peggio fa il rancore,
ma alla fine ci si stanca
e si scopre un po' di amore!