Qualcuno, rasserenando un sacco di scrittori scapestrati, ha
inventato la licenza poetica. Grazie a questa licenza, l’italiano rimane sempre
italiano, ma si può fare tutto quello che si vuole. Certo non sta bene fare gli
errori di grammatica perché chissà mai che qualcuno se ne accorga e te li
sottolinei. In compenso si può gonfiare una parola fino a che quasi scoppi, o
scriverla tutta storta, o arrotolarla, o far sì che salti non appena la tocchi. Un mio
amico ha scritto un poema intero di parole così timide, che a tutt’oggi
non si riesce a leggerlo senza che si nascondano e scappino da un punto all’altro
della copertina.
Io ho inventato una canzone piramidale su cui bisogna per forza
arrampicarsi e arrivati alla cima si scopre un lunghissimo scivolo che serve a
portarti ancora più in alto.
Tutto questo era tanto per dire che, qui in Accademia, di
licenze ne distribuiamo gratis, e mica solo poetiche: abbiamo licenze per sbagliare
gli accostamenti cromatici, per confondersi una cosa con l’altra. Licenze per
dimenticare di tutto tranne le cose più importanti, come sorridere; licenze medie,
ovvero né troppo alte né troppo basse, e licenze per essere convinti di una
cosa sbagliata per un sacco di tempo, salvo alla fine cambiare idea.
Queste sono solo alcune delle nostre licenze. Tante, non le
abbiamo ancora inventate. Per questa ragione valutiamo proposte, suggerimenti e
trabocchetti, ovvero proposte per cui non abbiate un'apposita licenza in carta
caramellata.
Per sicurezza, conferiamo a chiunque soltanto lo pensi, la
licenza di proporre qualunque cosa, anche quelle strane strane, anche quelle impossibili.
Questa licenza vale sempre, e mica solo qui.
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