venerdì 13 gennaio 2012

chi trova il senso, davvero lo cercava?


Chi la fa l’aspetti, ma io aspettavo uno che aspettava di farla, e dai che dai siamo diventati vecchi.

Gerolamo il folletto,
viveva nel cassetto
di via della Riscossa,
in una casa rossa.
La casa era abitata
Da Gina, la cognata
Che giù nel sottotetto
Cascava su dal letto
Saltando per benino
non chiese un pisolino.
Chiedeva una poesia, ma non la fece mia, la fece per sua nonna, sembrò una minigonna, un attimo e passava, e lui la rincorreva, correva per il bosco, fermandosi in un chiosco, a bere un’aranciata, con aria trasognata. Poi corse a perdifiato, dove non era stato, diresse verso il lago, all’ombra di uno spago, che non copriva il sole più di un campo di viole, le viole del pensiero, comprenderle un mistero, mistero di Barletta, che chi lo sa lo aspetta, mistero di Parigi, lo sanno solo i ligi, son ligi all’etichetta, chi più ne ha la smetta, la smetta di giocare, non è il modo di fare, ma a fare son fasulli, ed abitano nei trulli. I trulli son di pietra, vanno dalla a alla zeta, alfabeto di mattoni, costruito dai più buoni. Sono buoni per la spesa, lo sa vispa Teresa, che gioca con gli insetti, finché dentro i laghetti, le crisi di coscienza le portan via la lenza. La lenza è un po’ amarina, pensa la zia Rosina, ai poveri pescetti, darò dei bei confetti, di rose e marzapane, per masticar lontane, dal re dei pescatori, che han troppo buoni i cuori: ai pesci nelle reti, un bacio e poi sono lieti! Li lasciano nel mare, guardandoli nuotare, la fame non la sanno, sono sazi tutto l’anno, è l’anno del campione, la pecora e il leone, si sfidano a racchette, vince chi più ne mette. Vince chi più ne ha, ma come non lo sa, ne avrebbe fatto a meno, ma le trovò sul fieno, dove il vitello grasso, rideva allo sconquasso, pensando a quel figliolo che dissipava l’oro. L’oro era nel giardino, in un canestro fino, verso un arcobaleno al gusto di acqua e fieno. Del fieno faccio a meno, disse il messer pompiere, ma l’acqua sì la voglio, che sia almeno per bere. Beve Rosina, beve la sua nonna, beve il trisnonno pur con un certo sonno, beve l’acquario che ha pure una crepetta, beve Pasquale che è un mago e ha una bacchetta. Coi grandi suoi poteri, riempie d’acqua i bicchieri, e gli alberi assetati invita in mezzo ai prati. Quelli vengono lenti e arrivan da lontano, ci metton così tanto, che è morto e nato il grano. Il grano è giallo oro, perché riflette il sole, è il cerchio dei colori, la luce mai non muore.




Chi sa trovare il sottomarino? 
Io ci vedo anche una striscina di cielo, manca solo il sole. Se manca il sole sorridete forte.
E infatti c'era. 


Nessun commento:

Posta un commento