mercoledì 27 giugno 2012

come cambia la storia


Un giorno, nel libro di storia di Gino successe un tremendo pasticcio.
Ci cadde sopra lo yogurt, il gelato e un latte e menta con tutta una cannuccia. Forse fu proprio per questo, che i Nibelunghi si trovarono d’improvviso quasi dimezzati e divennero Nibecorti.
Dei Visigoti, giacché lo yogurt aveva coperto gran parte dei viso, non rimase che una squadriglia di Nasigoti.
I Longobardi pure dovettero cambiare nome perché i bardi si erano del tutto scoloriti, fortuna che si trovarono un paio di pifferai a pagina 7 e con il tamburo della corte di Carlo Martello misero su una piccola Longobanda.
Più in generale, a causa di due pagine che si incollarono, i barbari del secondo capitolo divennero i barbarletta, che, forse per via della barba, faticarono parecchio a dimostrare di non costituire una barzelletta.
Solo una pagina fu intaccata nella storia moderna, ma sufficiente a far diventare gli Americani dei morbidi Amerigatti (che, se non altro, hanno ben gradito il latte e menta). Questo tra l’altro rese i cretesi, a cui i cani forse non piacevano, molto più crilassati.
Non entrerò ora nel merito del rapporto tra Creta e i cani, o tra i gatti e le Canarie; questa storia, infatti, serve soltanto per dimostrare alla maestra di Gino e a tutta la classe che in questo momento lo fissa col naso all’insù, che per cambiare la storia, anche quella che pareva già scritta, si può partire anche solo da una dieta equilibrata. 

cacciatore e raccoglimore


Una volta, l’uomo era cacciatore.
I cacciatori cacciavano i tori e, poiché li cacciavano via in malo modo, i tori, che erano molto permalosi, si nascondevano nel sottosuolo.
Per incontrarne uno, non dico tanto ma almeno per farci due chiacchiere, bisognava raccoglierlo da terra tirandoli per il singolare ciuffetto che spesso spuntava dal prato (si distingueva dall’erba perché era fatto di corna).
Così gli uomini divennero raccoglitori.
Una volta diventati raccoglitori, arrivò non so quale impiegato a metterli in bell’ordine sulle mensole, chi con dentro le fatture, chi gli scontrini del gelataio.
Nel corso dell’evoluzione, gli uomini capirono che a stare troppo tempo in ufficio si perdono le ore migliori del giorno e non vollero più essere neanche raccoglitori. Fecero così definitivamente pace coi tori, divenendo accoglitori (non solo accoglienti, ma proprio accoglitori professionisti).
Qualcosa però bisognava pur raccogliere, e ci furono discrete evoluzioni anche in questo senso: gli innamorati diventarono raccoglifiori, ma quelli non si potevano mangiare, specie dopo essere stati donati come pegno d’amore (si dice anzi che, per meglio conservarli, la donne li seccassero con interminabili discorsi sulle mode preistoriche).
L’uomo primitivo, che oramai avrà anche fatto in tempo a diventare seconditivo, si improvvisò così raccoglimore e, poiché di more in quel periodo ce n’erano parecchie (alcune proprio carine), se ne fecero una bella scorpacciata. 

martedì 26 giugno 2012

la piripera


Nel paese degli uomini di pera,
a nessuno serviva una dentiera.
Per suonare si usava una tastiera
Che suonava una bella piripera,

sarebbe poi quella nenia leggera,
che ballano gli uomini di pera
quando la notte arriva sorridendo
e alcuni canticchiano dormendo. 

sabato 23 giugno 2012

il comandante


Ho messo un abito un po’ andante ma mi sono ritrovato in coma.
Sono così divenuto comandante.
Come andante mi trovavo anche bene, ma quanto al coma, non so come, non mi andava. Certo, magari un pochino mi mandava, e così ho conosciuto il mandante. Dall’incontro tra il mandante e il verso della gallina (per i distratti, non è cambiato, ma è sempre coccodè), è frequente ottenere:
un CO-mandante
un CCO-mandante (immagino un comandante del corpo dei carabinieri)
un DEmandante.
La faccenda tende così a complicarsi perché, se abbiamo un altro comandante, mentre il comandante ero io, finché non esco dal coma siamo per forza in due, e quindi due cocomandanti.
Se però si considera che il comandante mio antagonista (protagonista, in caso di aerofagia) lavora già a braccio con il ccomandante e tra di loro fanno un coccomandante, la cosa si complica moltissimo. Da un lato, bisognerebbe capire questo cocco dove lo mandino, e noi ci auguriamo tutti che sia nelle migliori scuole a ricevere un’educazione consona al rango dei due ufficiali, di cui si può ben dire che sia il cocchino, che con le ruotine, i cavallini e il cocchierino si vede spesso girare a Lilliput, dove peraltro dovrebbe arrivare il Vagabondoput e coronare un sogno di amore. Chiaramente un amore putativo, ma chi siamo noi per dare giudizi avventati? Meglio togliere un po’ di vento, difatti, da questi giudizi, e che se ne stiano un po’ con i piedi per terra (anche se, dall’altro lato, vedere volare un po’ di giudizi via per sempre sarebbe una non magra soddisfazione, giovando a una fazione intera, quella degli essere umani).
Dall’altro lato, si diceva, il secondo comandante sarebbe coccomandante con il suo amico ma anche cocomandante con me, così che sarebbe complesso definire se tutti in quattro si formerebbe un co-coccomandante o piuttosto si sformerebbe un coco-cocco-mandante, che sarebbe evidentemente un comandante con la balbuzie.
Per combattere definitivamente la balbuzie e portarmela via lontano, magari facendo vela proprio sul vento che potrebbe sventare i giudizi avventati prima che qualcuno li avventi con un sorriso a trentadue venti, mi sono deciso così a svegliarmi dal coma e, sempre rimanendo comandante, al cui grado mi ero affezionato, semplicemente me ne sono andato a Como, lasciando gli altri due (anzi tre, perché c’era anche il demandante, che quindi potrebbe essere il tremandante, ma non si sa perché tremi, dato che nell’andare nulla dovrebbe fare più paura che nel restare), dicevo sono andato a Como lasciando gli altri due su un comignolo, sperando che facciano la dovuta attenzione a non schiacciarselo sbattendo la coporta. Infatti potete  immaginare da voi che, se qualcuno la comanda, qualcun altro per forza di cose  la coporta. 

venerdì 22 giugno 2012

un po' di respiro

Se Daria si fa un giro,
si crea un bel giro Daria,
ho assaggiato un bel fiore,
l’Amanita Muscaria. 

L’ho finita da poco,
ho leccato anche il dito,
ma è finita che bene
non mi sono sentito.

Non sentendomi bene,
la finestra ho socchiuso,
ho chiamato qui Ilaria,
ed ho fatto un po’ il muso.

Non è stato un bel gesto,
l’ho un pochino influenzata,
ma è così che ho ottenuto
Ilaria condizionata. 


giovedì 21 giugno 2012

c'è poco e poco


Una volta Simonetto decise che voleva cambiare il mondo.
"Per cambiare il mondo", pensava, "non ci vorrà tantissimo. Mi basterà sorridere tanto che la gente guardandomi pensi che è già cambiato, e magari si giri a cercare il motivo per cui sorrido. “Cercandolo”, pensava, “non potrà che trovarlo”.  
Passava un tizio a cui i sorrisi davano il prurito (ce ne sono e, anche se loro non lo sanno, il rimedio è sorridergli finché non gli passa). 
Gli disse:
“Tanto non ci riesci!”
“Non voglio riuscirci tanto, ma poco”, fu la risposta. 
Quel poco però non era un poco qualsiasi, ma un “poco per volta”; ed è proprio con quelli che il mondo si cambia davvero.

pensando (pensare quando?)


Ho tra per la testa mille pensieri
ma sono tutti pensieri di ieri,
a ben guardare molti son strani
ma sono pensieri di domani.

Penso pensieri che neanche si sanno,
che avranno luogo magari tra un anno.
Ma se ne hai uno, il migliore, e lo sfoggi,
quello è soltanto un pensiero di oggi.