lunedì 5 marzo 2012

non c'è due senza treno


Non c’è due senza treno. Ma ora che c’è il treno, e che c’è il due, mi chiedo dove sia l’uno su cui appoggiare sia il due che il treno. Perché fosse per il due, dico io, ce la si potrebbe anche fare, ma un due con un treno sulla capoccia, prova tu a sostenerlo. La situazione si aggrava perché il treno è in orario, e non sappiamo dire se un treno in orario pesi di più o di meno di uno in ritardo. Secondo alcuni di più, perché è proprio il peso a conferire quella serietà che impedisce il ritardo, ma secondo altri non pesa niente, perché pesa meno dei ritardi  che non sono poi così pesanti  e se li mangia in un sol boccone.
Nella corsa tra il treno e il ritardo, entrambi con una buffa pettorina, vinse la tartaruga, quella che andava piano, sano e lontano mentre la lepre dormiva sotto l’albero. Non si sarà svegliata per il fischio del treno? E quel treno, sarà stato in orario o in ritardo? E in entrambi i casi, sarà poggiato su un 2 o su un 17?
L’unico modo per scoprirlo, è interrogare il lettore. Lettore?
Lettore?
Che fai lì? Parla, diccelo tu! Tu lo sai, e se non sai di saperlo, conta fino a tre con le dita e dimmi se non ti trovi tra le mani almeno un vagone. 

bisunto e trisunto


Unto, bisunto e trisunto.
Ma trisunto che vuol dire? Unto come tre, oppure unto anche come due più uno. Ma attenzione: Marietta ha confuso un trisunto con un riassunto, e la maestra si è ritrovata con le mani così sporche che per poco non sveniva.
Come si fa a svenire? È come venire, ma al contrario. Quindi bisogna andare via?
Dipende se eri stanco di star lì. La maestra, ad esempio, si sarà sentita stanca?
Ho sentito anche sostenere, o forse era scritto sul riassunto che è tutt’ora in bella mostra sotto il banco di Marietta, che il termine stanca sia nato proprio come le montagne, da un grande scontro tra due zolle di terra. Le zolle in questo caso si chiamavano STORTA e ANCA, per questa ragione la maestra quando è stanca sembra anche che zoppichi un po’. Zoppicava andando via, cioè svenendo, per un riassunto bisunto che le ha dato un sussulto. “Su, su!” le dice il bidello, “c’è una lezione da finire qui, lo sa? Guardi la classe come la guarda.”
E la classe la guardava come se questa giostra di parole fosse la cosa più naturale del mondo. 

il teletrasporco


Un giorno il pluridecorato inventore Archigorico Pitamede, si ingegnò notte e giorno per inventare il teletrasporto.
Non gli venne certo in mente, nel momento in cui montava l’ultima vite che lo separava dal successo, di non essersi lavato le mani quantomeno dalla mattina precedente.
Il risultato fu che, senza quasi accorgersene, inventò il TELETRASPORCO, una trovata che avrebbe potuto anche rivoluzionare la storia dei trasporti del mondo, MA:
durante il giro primo giro di prova, Gigetto Gigetti, che si era fatto teletrasporcare dal bagno alla cucina per la cena, arrivò con le mani così nere che la mamma gli diede una strigliata che se la ricorda ancora.
Nel secondo caso, Gigliola Alogigli, una bambina che era sempre stata bionda come il sole, arrivò a scuola con una particolare sfumatura biondo cenere. La particolarità era che se le davi una pacca sulla testa, un tremendo sbuffo nero si diffondeva per tutta la classe facendo tossire la maestra.
Non solo: il papà di Peppino, che faceva l’astronauta, fece il suo primo viaggio interstellare in meno di un istante ma, all’arrivo su Marte, la sua tuta sembrava un puzzle di macchie di pomodoro, così che i marziani si precipitarono a cercargli del sapone (che su Marte non esiste), rinviando per chissà quanto l’occasione di una bella chiacchierata.
Forse per questa ragione, forse per altre,  il teletrasporco se ne è volato via. Nelle notti di luna piena, se vedete la luna diventare di colpo mezza, o addirittura sparire, potete immaginare che si tratti del teletrasporco, che atterra tra enormi nuvole grigie per riposarsi un attimo mentre cerca qua e là tra le stelle un popolo meno fissato con l’igiene. Che io sappia, non l’ha ancora trovato. 

domenica 4 marzo 2012

pulizie di primavera


Polverino Svonciacchini sta discutendo con la sua mamma per la seguente ragione: sostiene che le pulizie nella sua cameretta vadano fatte esclusivamente in aprile, perché pulire per benino nella stagione sbagliata significherebbe di sicuro contravvenire all'etichetta. 
“Se così non fosse”, argomenta Polverino, “nessuno avrebbe mai parlato solo delle pulizie di primavera, ma anche di quelle d’autunno, delle gelide pulizie d’inverno e di quelle allegre dell’estate, prima di partire per le vacanze. Invece, niente!”
La mamma, dal canto suo, ritiene che le altre pulizie esistano eccome, anche se sono meno famose. Inoltre questa etichetta non l’ha vista attaccata da nessuna parte, ma se la trovasse, finirebbe certamente nel cestino, primavera o estate che sia!
Dopo un animato confronto, hanno convenuto che gettare l’etichetta nel cestino senza una coerente spiegazione ad alcune persone che ci tengono tanto, rischierebbe di offenderne qualcuna e che, in attesa di incontrarle una per volta e farle ragionare, si opererà nel modo seguente:  

!) procurarsi un’etichetta di un bel colore, possibilmente fragola o azzurro (il color fragola sarebbe rosso, ma coi puntini neri)

!!) appuntarci a penna una serie di giorni, – ma mica tutti! – in cui la stanza si dovrà pulire per forza, per evitare che i vetri si sporchino al punto di non riconoscere l'arrivo della nuova stagione

!!!) appendere l’etichetta a una certa distanza dal cestino, magari sulla porta, in una posizione in cui possa venire considerata e rispettata da tutti gli abitanti della camera. 

un altro come un albero


Oltre a quell’albero, ce n’era un altro. Ma poiché si era detto che quell’albero, il primo, era un albero come un altro, non fu mai più possibile distinguerli.
Ovviamente se li conoscevi bene, ci parlavi e magari ci facevi insieme qualche serata, imparavi a distinguere dei dettagli piccolissimi, come il taglio delle foglie o l’espressione della corteccia.
A quel punto sorgeva il problema: a quale dei due volere più bene?
All’uno o all’altro?
All’altro o all’albero?
Al papà o alla mamma?
Alla gallina Cesarina o a suo nonno Vitellone di Mangiacaspoggio Calabro?
E la soluzione è: per sicurezza, facciamo a tutti un regalo, un regalo prezioso, e non pensiamoci più.
Io, per esempio, ho regalato ai due alberi delle palline di Natale, anche se non sono abeti, perché il Natale è per tutti, mica solo per gli abeti. Al papà e alla mamma una cravatta, un centrino per il tavolo e tutto l’amore che ho trovato. Alla Gallina Cesarina una confezione di brodo vegetale e a suo nonno un rasoio per l’estate, quando fa caldo e il troppo pelo potrebbe dargli un po’ di affanno. Il rasoio l’ho trovato in cantina e di lamette non ce n’erano più, ma tanto ve lo vedete voi un vitellone di Mangiacaspoggio Calabro in agosto che si rade la schiena?

un albero come un altro


Un giorno, crebbe su un albero un albero di alberi. Si chiamava Albero, una pazienza disarmante e rigogliosa. Persino quando  tentarono di tagliarlo, o quando alcuni dei suoi rami, che in realtà erano alberi, andarono persi, non si inalberò. La sua pazienza era grande come quella degli alberi.
Ogni sua foglia era un albero, ogni suo albero una foglia, ogni sua foglia un granello di vento, ogni granello un seme per diventare brezza, ogni brezza un vento di infinita speranza, come la vita, come la nascita, come l’infanzia. 

giovedì 1 marzo 2012

il re bussa


Ragazzi, questa volta mi dovreste aiutare.
A Gigetto, che ha soli 7 anni, è venuta la mania dei rebus, ma ha in testa un po’ di confusione
                                   
Per far indovinare la parola TERAPIA, ha disegnato una Terra stretta stretta, schiacciata sui lati anziché sui poli (una “tera”, sostiene lui!) e la signora Pia mentre ramazza la veranda.

Per il sostantivo FISCHIO, ha semplicemente fischiato, e sul foglio non è rimasto niente. La nonna non ha indovinato e lui ci è rimasto abbastanza male.

Per il termine PORTE, ha scarabocchiato un ponte che non arrivava neanche alla metà del fiume, sostenendo che quello fosse un “Po”; subito di fianco una R che la corrente ha quasi portato via, mentre per il “te” credete che abbia disegnato una bustina, una teiera o roba del genere? Certo che no! Ha disegnato una freccia che indica il lettore, ma che indichi il lettore, ovviamente, lo sa solo lui.

Quando vi viene un'idea su come aiutare Gigetto, dovreste dirmela.
Per aiutarvi a pensare, ecco qui il suo ultimo rebus. Mettetevi seduti, vi assicuro che non sarà la solita