sabato 23 giugno 2012

il comandante


Ho messo un abito un po’ andante ma mi sono ritrovato in coma.
Sono così divenuto comandante.
Come andante mi trovavo anche bene, ma quanto al coma, non so come, non mi andava. Certo, magari un pochino mi mandava, e così ho conosciuto il mandante. Dall’incontro tra il mandante e il verso della gallina (per i distratti, non è cambiato, ma è sempre coccodè), è frequente ottenere:
un CO-mandante
un CCO-mandante (immagino un comandante del corpo dei carabinieri)
un DEmandante.
La faccenda tende così a complicarsi perché, se abbiamo un altro comandante, mentre il comandante ero io, finché non esco dal coma siamo per forza in due, e quindi due cocomandanti.
Se però si considera che il comandante mio antagonista (protagonista, in caso di aerofagia) lavora già a braccio con il ccomandante e tra di loro fanno un coccomandante, la cosa si complica moltissimo. Da un lato, bisognerebbe capire questo cocco dove lo mandino, e noi ci auguriamo tutti che sia nelle migliori scuole a ricevere un’educazione consona al rango dei due ufficiali, di cui si può ben dire che sia il cocchino, che con le ruotine, i cavallini e il cocchierino si vede spesso girare a Lilliput, dove peraltro dovrebbe arrivare il Vagabondoput e coronare un sogno di amore. Chiaramente un amore putativo, ma chi siamo noi per dare giudizi avventati? Meglio togliere un po’ di vento, difatti, da questi giudizi, e che se ne stiano un po’ con i piedi per terra (anche se, dall’altro lato, vedere volare un po’ di giudizi via per sempre sarebbe una non magra soddisfazione, giovando a una fazione intera, quella degli essere umani).
Dall’altro lato, si diceva, il secondo comandante sarebbe coccomandante con il suo amico ma anche cocomandante con me, così che sarebbe complesso definire se tutti in quattro si formerebbe un co-coccomandante o piuttosto si sformerebbe un coco-cocco-mandante, che sarebbe evidentemente un comandante con la balbuzie.
Per combattere definitivamente la balbuzie e portarmela via lontano, magari facendo vela proprio sul vento che potrebbe sventare i giudizi avventati prima che qualcuno li avventi con un sorriso a trentadue venti, mi sono deciso così a svegliarmi dal coma e, sempre rimanendo comandante, al cui grado mi ero affezionato, semplicemente me ne sono andato a Como, lasciando gli altri due (anzi tre, perché c’era anche il demandante, che quindi potrebbe essere il tremandante, ma non si sa perché tremi, dato che nell’andare nulla dovrebbe fare più paura che nel restare), dicevo sono andato a Como lasciando gli altri due su un comignolo, sperando che facciano la dovuta attenzione a non schiacciarselo sbattendo la coporta. Infatti potete  immaginare da voi che, se qualcuno la comanda, qualcun altro per forza di cose  la coporta. 

venerdì 22 giugno 2012

un po' di respiro

Se Daria si fa un giro,
si crea un bel giro Daria,
ho assaggiato un bel fiore,
l’Amanita Muscaria. 

L’ho finita da poco,
ho leccato anche il dito,
ma è finita che bene
non mi sono sentito.

Non sentendomi bene,
la finestra ho socchiuso,
ho chiamato qui Ilaria,
ed ho fatto un po’ il muso.

Non è stato un bel gesto,
l’ho un pochino influenzata,
ma è così che ho ottenuto
Ilaria condizionata. 


giovedì 21 giugno 2012

c'è poco e poco


Una volta Simonetto decise che voleva cambiare il mondo.
"Per cambiare il mondo", pensava, "non ci vorrà tantissimo. Mi basterà sorridere tanto che la gente guardandomi pensi che è già cambiato, e magari si giri a cercare il motivo per cui sorrido. “Cercandolo”, pensava, “non potrà che trovarlo”.  
Passava un tizio a cui i sorrisi davano il prurito (ce ne sono e, anche se loro non lo sanno, il rimedio è sorridergli finché non gli passa). 
Gli disse:
“Tanto non ci riesci!”
“Non voglio riuscirci tanto, ma poco”, fu la risposta. 
Quel poco però non era un poco qualsiasi, ma un “poco per volta”; ed è proprio con quelli che il mondo si cambia davvero.

pensando (pensare quando?)


Ho tra per la testa mille pensieri
ma sono tutti pensieri di ieri,
a ben guardare molti son strani
ma sono pensieri di domani.

Penso pensieri che neanche si sanno,
che avranno luogo magari tra un anno.
Ma se ne hai uno, il migliore, e lo sfoggi,
quello è soltanto un pensiero di oggi. 

a correre senza guardare


Molta gente, cosa frequente, se dice non mente, se parla non sente. Se sente borbotta, che barba Carlotta, ma allora barbotta, col botto che botta. Se batti, rimbrotti, se abbatti ti sbatti, se sfratti non sei carino con lei, lei che ci teneva, dai povera Eva, che paga l’affitto su un conto in Egitto, peccato non tuo, ma suona in un duo, e a te che serviva, la guardi è giuliva, che è Giulia che saliva, o Giulia in un oliva, o Olivia che partiva. Allora pronti via, veloce chi tu sia, verdastro il cioccolato su cui il prato è passato, è verde guarigione, verdone parigino, se poi Gino non pari, magari un formaggino, che è Gino per la forma, ma solo dal di fuori, se invece lascia un orma, ci pianterò dei fiori, poi tu li passi a Gino, ed ecco un passeggino, se Gino è un po’ più saggio, ci scapperà un passaggio, se Gino è più malato, mi mangerò un passato, peccato che il presente è assai più divertente.


mercoledì 20 giugno 2012

i grilli per la testa


Un giorno, un signore che aveva molti grilli per la testa, decise che era stufo e si recò in un negozio di grilli per vedere se riusciva a farseli cambiare con dei grilli per i gomiti, o magari anche per i piedi (l’idea dei grilli da piede lo solleticava parecchio, ma se anche pare ecchio, non si sai chi poi sia veramente).
Il negoziante fu molto gentile e, poiché il signore si era presentato con un amico, diede loro un grillo a testa, ma da piede.
Per essere sicuri che i grilli nuovi non gli mettessero i piedi in testa, li testarono in uno speciale testa a testa, dove il primo grillo che dai piedi passasse in testa, perdeva. Come potesse perdere chi passasse in testa, fu duro spiegarlo ai due grilli, che erano molto competitivi. Alla fine persero entrambi la testa, e per ritrovarla partirono a piedi fino ai piedi di un monte. Ma poiché non sopportavano perdere, persero anche le staffe e quelle non le trovarono ai piedi di nessun picco, ma a picco in fondo ad un mare pieno di pesci martello, spauracchio dei grilli parlanti, loro lontani cugini. Per avvertire questi ultimi del grande pericolo, fu inviato come messo proprio il signore dell’inizio, che partì senza fiatare saltellando come un grillo. Se un grillo per la testa, per i piedi o per le sopracciglia, proprio non saprei dire. 

la chioma di berenice



Mentre pensavo al colore rosso,
sono caduto dentro ad un fosso
e per provare a tirarmi fuori
mi sono aggrappato alle foglie dei fiori.

Ma questi fiori mi hanno portato
a capofitto nel cielo stellato.
Certo col sole del primo mattino
ora avrei preso un bel colorino, 

invece è stato la notte di ieri;
se avessi avuto diversi pensieri,
avrei agguantato qualche radice
o anche la chioma di Berenice.

Ma Berenice cippirimerla,
prende la mira, tira una sberla, 
Quindi ti dice “mica son sorda,
ti serve aiuto? Chiedi una corda!”

Questo mi non è successo davvero,
perché a quell'ora volavo nel cielo,
invece è accaduto, per paradosso
al mio compagno vicino di fosso!