lunedì 2 aprile 2012

il pollantropo


C’era un pollo molto onesto,
molto franco, molto lesto,
si chiamava Francopollo,
non più sazio che satollo.

L’altro giorno, nel pollaio
Sopra ad una sedia straio,
una luna rosso cupo
lo mutò in un pollo-lupo:

un pollantropo da strada
che girò per la contrada,
spaventando volpi e cani
sia vicini che lontani. 

Ma Pierpollo, nel taschino,
ha un antidoto barbino:
chi lo prende, ve lo svelo,
perde il vizio e non il pelo.

Ora gira, per fortuna,
anche quando c’è la luna
un polletto un po’ peloso,
ma per nulla pernicioso.


domenica 1 aprile 2012

la dichiarazione di pace


Un giorno, un tremendo monarca che aveva passato tutta la vita a combattere contro gli stati vicini, seminando terrore e panico a destra e anche a sinistra, si commosse improvvisamente guardando un fiore. Era da poco iniziata la primavera dopo un inverno durato 17 mesi e il fiore che stava fissando era una splendida camelia.
Così decise di colpo che la guerra lo aveva stancato, e che ben migliore occupazione sarebbe stata, da lì in avanti, scoprire i segreti dei fiori del giardino reale.
Indisse due editti di seguito:
Il primo spiegava che la primavera, da allora in poi, sarebbe durata quantomeno un anno e mezzo, e che tutte le forme di allergie marzoline erano sospese fino a data da destinarsi.
Il secondo aggiungeva che, per importanti ragioni di stato, tutte le guerre in corso e anche quelle in programma, erano annullate senza appello.
A ben poco valsero le proteste del ministro della guerra e dell'ipergeneral Sparachiodi, che furono rinchiusi nel giardino in attesa di rinsavire.
La sera stessa 18 ambasciatori si diressero verso i confini dei 18 stati con cui il paese era attualmente in guerra, e consegnarono a ognuno dei 18 monarchi sbigottiti una DICHIARAZIONE DI PACE, che declamava pressappoco così:

“Ai signori Monarchi vicini e lontani:
da questa primavera, la pace incondizionata viene istituita. I nostri stati vengono così dichiarati grandi ed ottimi amici, di un’amicizia schietta, del tutto priva di invidie, sotterfugi e antipatiche congiure, da ora fino alla fine del tempo.
Con l’occasione vogliate gradire il mazzo di fiori sotto il braccio dell’ambasciatore, nel quale potrete rinvenire le ragioni profonde di questa dichiarazione di pace”.

I 18 monarchi non sapevano come prenderla: per quanto ne sapevano loro, la pace non si poteva dichiarare, ma al massimo la si trattava in lunghe riunioni in cui i re litigavano per giorni perché uno voleva per sé il lago con anche le anatre, un altro la montagna con tutte le nuvole e un terzo le nuvole, il sole, il lago e la montagna.
La dichiarazione, tuttavia, presentava la pace come un dato di fatto e alla fin fine i 18 monarchi non ci videro  niente di male.
A corte intanto tutti sorridevano di sottecchi, iniziando a intuire qualcosa, e la bella stagione avvolgeva da tutte le parti i loro grandi e piccoli regni. Non erano 18 primavere, ma una primavera sola che bastava per tutti.
E annusando i loro fiori, i re si resero conto all'improvviso che, per la pace, è esattamente la stessa cosa!
Così iniziarono a dichiararsi pace l’un l’altro, facendo la gara a chi faceva prima. In poco tempo le strade dei regni furono assediate di ambasciatori carichi di vasi di fiori con l’incarico di dichiarare pace a tutti gli stati che trovassero lungo i confini.
Le frontiere, tra l’altro, mica toccavano solo quei 18 regni! Le dichiarazioni di pace arrivavano così ad altri stati che non ne sapevano proprio niente, ma che si convinsero tutti, uno dopo l’altro.
È vero che quella primavera durò moltissimo per via di un inderogabile editto reale, ma vi garantisco che, prima che l’autunno sfiorasse il primo petalo, tutte le guerre del mondo erano state dimenticate.
Allora quando arrivarono l’autunno e persino l’inverno a nascondere l’erba, non fu niente di grave: i fiori di quella primavera erano nel cuore degli uomini. 

sabato 31 marzo 2012

piero e la lira


C’era una volta, Piero si volta.
C’èra una lira, Piero si gira.
Senza una lira, Piero sopira,
di notte lava, di giorno stira.

Gira e rigira chiede a Palmira,
che gioca a palla senza la mira
se non le avanza una lira di tolla,
con cui comprare una pasta frolla.

“Ecco, Pierino!” e cede all’ometto,
una piano, una lira e un copriletto.
Il copriletto non vale tanto
ma è per Pierino motivo di vanto.

Motivo che poi, per tergiversare
Con la sua lira prende a suonare.
Col piano l’avrebbe suonato lo stesso
ma il piano era il terzo e lui solo all’ingresso.

il filobus


Un giorno, un filobus ebbe un inavvertito scontro con un AGOBUS, che se ne passava tutto puntuto sulla stessa traiettoria e non saprei dire perché.
I passeggeri dell’agobus, che se ne stavano stretti stretti sui sedili, sussultarono, mentre quelli del filobus, sussultarono anche loro. Fortunatamente, fu più lo spavento che altro: non ci furono feriti veri e propri, anche se un paio furono gravemente spettinati e a Luca cadde di mano la bottiglietta di plastica, proprio mentre stava per bere. 
Invece dallo scontro nacquero una serie di SCIARPEBUS, GIACCHETTEBUS e tanti altri INDUMENTIBUS che abbandonarono quasi subito la strada e si avventurarono in giro per il mondo, anche lontano lontano, ovunque qualcuno avesse bisogno di loro; ad esempio in quegli inverni molto freddi, dove alcune persone non hanno proprio nulla da indossare per scaldarsi.

venerdì 30 marzo 2012

imputare è lecito, assolvere è cortesia


Un giorno, a causa del brusco contraccolpo di una buca, il tribunale mobile di Milano e Tre Quarti, proclamò una sentenza alquanto originale: un tale che stava venendo assolto “per non aver commesso il fatto” si ritrovò assolto “per non aver fatto il commesso”.
“Che motivazione è?” si chiesero i primi.
“Che motivazione non è?”, chiesero i secondi ai primi e anche ad altri.
Soprattutto, l’ordine dei commessi fu molto risentito e per farsi perdonare il Tribunale mobile di Milano e Tre Quarti, dovette assolvere dieci di commessi di seguito, imputati per crimini minori.
Assolti quelli, il tribunale ci prese la mano e si iniziarono ad assolvere arrotini, architetti, lustrascarpe, professori di filosofia e filosofi di professione.
Forse per non rischiare di fare torto a qualcun’altro, forse per via della strada generosa di contraccolpi, le assoluzioni da quel giorno divennero così frequenti che i più insigni professori di legge si risolsero definitivamente a inguainare le penne d’oro e trasferirsi giù al parco a mangiare un gelato. I gusti erano: fragola, uvetta e frutta candita.

la casa del dito


Tra l’incudine e il martello,
soggiornare non è bello,
e perciò il mio amico dito,
in un attimo è sparito.

Prima stava, non vi dico,
tra una moglie e suo marito,
ma anche lì ha tolto le tende,
per decenza, lo si intende.

Si è trovato in una piaga,
ma girarsi non lo appaga:
sai che gran divertimento,
tormentar chi è già scontento!

Ora versa, senza casa,
tra la mia ed un’altra strada,
indicando a chi lo chiede,
quanto di più bello vede.

giovedì 29 marzo 2012

un piccolo a-ggiornamento


Mi ricordo l'altro giorno,
è stato giorno per tutto il giorno,

giorno per giorno si andava intorno
dalla mattina a mezzogiorno.

Passato il giorno, un altro giorno,
andavo col primo, con questo ritorno.

E andata e ritorno, se si ha pazienza,
portano sempre a una nuova partenza.