mercoledì 30 ottobre 2013

Il corso di scrittura contemporanea

Era la mattina della sera di mercoledì 18 novembre, giorno in cui, tra l’altro, era venerdì.
Quel venerdì – mercoledì per gli amici – si tenne un corso di scrittura contemporanea, di cui so per certo che l’iperprofessor Fanfaronio Cilecca, sua cognata Alda e il giardiniere Edward, immaginano di fare un’esperienza a livello nazionale.
Il corso funziona pressappoco così:
dopo una lunga e faticosa selezione, dieci fortunati vengono estratti a caso. A tutti viene dato un comodo supporto elettronico, che è però un foglio di carta, ed una penna laser, che però scrive con l’inchiostro. L’inchiostro si può trovare ai lati della stanza, che si trovano precisamente tra un angolo e l’altro. Se la stanza è tonda, si immagina la penna, l’inchiostro, l’iperprofessore e una nuvola di panna montata, notoriamente propiziatoria rispetto alle sessioni di scrittura contemporanea.
A questo punto viene dato un tema che non cambia mai, e questo tema è “il vagito del vitello, così caro così bello”, da elaborare in tre fasi:
1. Nascita del vitello, gioia dei parenti, comunione e battesimo (i vitelli, notoriamente, li invertono)
2. Apologia del vagito
3. Esclamazioni assortite, a volte anche sul tempo atmosferico che vira dal verde al celeste o viceversa. 
Per esempio: “Che cielo celeste! Che verde verdestre! Vedeste che verde nell’acqua si perde, ma l’acqua era il cielo che all’ombra di un pero di verde riveste quel cielo celeste.” e così via.

Forti di queste tre fasi, una volta che le hanno pensate per bene o che le hanno pensate per male o che non le hanno pensate per niente, e proprio per questo sono pronti a scriverle, con lo sbianchetto verde o con quello celeste o direttamente col cielo, gli invitati, o i partecipanti, o i loro amici quando i partecipanti o gli invitati non fossero potuti venire, si prodigano con piccoli salti o voletti leggeri fino a raggiungere il soffitto. In questo modo la carta viene risparmiata, ma non l’inchiostro, che comunque era ecologico. Si scrive dunque sul soffitto, ognuno secondo il proprio estro.
Si lascia decantare il soffitto per circa 10 minuti, dopodiché, a partire dai lati, o dagli angoli, o dai lati degli angoli, si inizia a smontare la stanza in pezzi a volte esagonali, a volte no. Il sole intanto riempie del tutto quello che prima era la stanza, ma ora è il cielo. I pezzi di tetto vengono quindi mischiati a mo’ di puzzle nella costruzione di una storia che a voi sembrerà surreale, attaccata con lo scotch e tutta piena di spifferi, invece sarà divertente, solare e reale come una vita intera, che non è mai di uno solo ma in cui ognuno lascia la sua piccola e imprescindibile impronta.


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