mercoledì 24 luglio 2013

Il cemento amato

C’era una volta un presidente: gli presi un dente e mi prese per deficiente. Un deficiente mi prese per lui e mi strinse la mano. La mano mi prese i capelli ma poi allentò la presa. Per allentarla usò un cacciavite. Per cacciarla, usò un fucile. Per fucile, usò un fagiolo e per fagiolo, usò un fiore colto di lì a poco: un fiore che stava per diventare intelligentissimo.
La presa, tuttavia, era di posizione. La posizione, tuttavia, era andata a fare in giro. Ne derivò una presa in giro che turbò molto il presidente. Il presidente si rifugiò in macchina, la macchina si rifugiò in garage e il garage si rifugiò in un seminterrato, con tanto che era di cemento armato.
Si domanda: chi ha armato il cemento? Ce n’era davvero bisogno? Un bisogno è un sogno doppio? Un doppio è un tipo di droga? La droga la ha quel tipo in doppiopetto?
Tutte domande importanti, ma a colpire il presidente fu quella del cemento armato. Gli dispiaceva disarmarlo, in fondo gli era affezionato... "In effetti chi si fiderebbe" pensava "a costruire un garage in cemento disarmato?"
Fortunatamente, insieme alla giustizia prevalse l’amore e, appena disarmato, il cemento divenne uno spettacolare CEMENTO AMATO!
Il cemento amato era tanto diverso da quello grigio: era azzurro! Tanto diverso da quello brutto: era bello! Tanto diverso da quello tetro: era allegro! Brillava sorridente. Sul suo naso, al bisogno, crescevano dei fiori freschi e sui suoi fiori, al bisogno, crescevano profumi melodiosi. E – ci credereste? – c’era sempre bisogno di entrambi! 

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