lunedì 30 luglio 2012

una storia di 10 secondi


Pollettina aveva 10 secondi per inventare una favola intera:
Nel primo mise un bacio, che le parve un ottimo saluto.
Nel secondo strizzò un occhio, ma poiché un occhio non le pareva abbastanza, li strizzò tutti e due e andò a sbattere il naso sulla cassettiera.
Nel terzo si massaggiò il naso, con vigore, e lo mise sotto l’acqua fresca per attenuare il dolore.
Nel quarto secondo incontrò un pesce, che nuotava nell’acqua fresca, e le presentò la sua famiglia.
Nel quinto il cuginetto del pesce, che era un pesce pagliaccio, vide il suo naso tutto arrossato e la scambiò per una parente.
Nel sesto, Pollettina e il pesce pagliaccio montarono un circo di stuzzicadenti nel lavandino, per potersi esibire come si deve.
Nel settimo, Pollettina divenne piccina piccina, altrimenti nel lavandino non ci sarebbe mai entrata.
Nell’ottavo secondo, gli applausi e le grida di giubilo per l’esibizione sarebbero stati incredibili, ma il pubblico era fatto di pesci e non si sentì un bel niente!
Nel nono secondo, Pollettina chiuse l’acqua perché il naso non le faceva più male, salutò tutti i pesci e uscì a fare una passeggiata.
Il decimo lo impiegò per raccontare la storia alla sua amica Rosina. Fu una storia splendida, perché era vera come la fantasia. 

giovedì 26 luglio 2012

la regina Dindirinda


Dindirinda è una regina,
che ho incontrato stamattina,
sì regale, ma piccina,
sembra proprio una fatina!

Per sfamarla, quanto prima,
le ho comprato una tortina.
Ma era via la reginetta,
e il pacchetto più etichetta

l’ho lasciato al servitore,
che lo prese con stupore,
e leggendo la scrittina
esclamò: "Per Dirindina!"









La filastrocca della regina Dirindinda contiene in effetti uno splendido errore, probabilmente dovuto al fatto che Gennaro, il servitore, aveva dimenticato gli occhiali nel cassetto della sala del trono. 

Un sentito grazie a Gennaro per questo errore inaspettato con cui festeggiamo la duecentesima storia
dell'Accademia degli errori!
Un abbraccio anche a tutti quelli che fanno un salto ogni tanto a cercare un sorriso, per tutte le volte che lo trovano, dando un senso meraviglioso a quello che non sarebbe, altrimenti, che un ammasso di paroline senza vita.
Grazie di cuore,

Andrea

i piedi di piombo


C’era un tale che andava coi piedi di piombo.
Per sicurezza, una volta all’anno andava da un piombatore di piedi di Piombino a farseli controllare. 
“Come va la piombatura, signor Rinaldo, ha tenuto?”
“Ha tenuto, ha tenuto, giusto una passatina e siamo a posto per un altro anno!”
E in effetti, la piombatura era fatta così bene che il signore mica ci credeva; o meglio: non lo negava, ma per sicurezza, portava i suoi piedi di piombo da un altro piombatore di piedi poco fuori Piombino.
Per essere sicuro sicuro, però, si fermava anche, dagli altri piombatori lungo la strada per Varese (era lì che abitava il signore!). Ce n’erano in totale 118 e, quanto finalmente arrivava a casa e appoggiava i suoi piedi in piombo fiammante sulla sedia, un anno era quasi passato e di lì a poco era costretto a riniziare il giro.
Una volta, mentre rifletteva sull'opportunità delle sue riflessioni, fu distratto dal cinguettio degli uccelli, dalle foglie e dal sole. D’un tratto sentì un impulso fortissimo di lanciarsi su un prato e fare milioni di capriole. Certo, magari bisognava prima pensarci un attimo. Quel prato era sicuro? Il verde gli sarebbe rimasto sui pantaloni? Le scarpe di piombo gli avrebbero dato noia sulla terra umida?
Così se le tolse e, l’avreste mai detto? Da lì a un istante stava volando nel cielo infinito, di un blu più blu del quale c’erano solo i suoi pensieri. 

sabato 21 luglio 2012

il mulino a tempo


C’era una volta un mulino, ovvero un mulo piccolo piccolo, ma con delle pale enormi. Erano così grosse e pesavano così tanto, che il piccolo mulo scrisse una raccomandata spiegando al Ministero dei muli da giardino che lui non se la sentiva di andare avanti per molto a fare il mulino.
Per uno strano errore, tuttavia, la busta non arrivò al ministero, ma al MINISTEREO che stava sulla mensola: era così piccolo, pensate, che la musica intorno si sentiva a malapena, ma quantomeno non aveva pale giganti da sostenere! il ministereo fu molto comprensivo e rispose al mulino che, per quanto lo riguardava, poteva smettere già dalla settimana successiva.
Per qualche giorno il nostro eroe rimase così un mulino a tempo, ma la domenica stessa si trasformò in un robusto muletto, che trasportava energicamente pale, pali, polli, palle e ogni altro peso ci si potesse immaginare.
Fu una fortuna: poco lontano, dove molte case erano cadute dopo un furibondo terremoto, il nostro muletto trasportò la bellezza di centoquattordicimila mattoni, finché non fu ricostruito l’intero paese. 


il mulino


Viaggiavo su un mulo,
ma proprio un mulino,
mi sento un po’ matto
sarà che è mattino.

Sarà forse un caso?
Di certo un casino!
Non so se era Pinco,
di certo Pallino!

giovedì 19 luglio 2012

le scarpe di Marietta Polpetta


Questa è la storia delle scarpe di Marietta Polpetta, una donnina niente male, che amava i tacchi e i vestiti eleganti, ma che aveva il piede piccolo piccolo (anche l'altro: li aveva piccoli tutti e due).
Sotto le sue scarpette un tacco intero non ci stava e così, dopo aver provato con una cannuccia per l’aranciata, uno stuzzicadenti, lo stelo di un girasole, sempre senza successo, il gran calzolaio di Cannonate Brianza annunciò con fare declamatorio che l’unico tacco possibile per simili calzature dovesse essere un tacchino. 
Non confondiamoci, andare bene è sempre un concetto relativo, infatti i tacchini (erano due, proprio come le scarpe e come i piedi) erano molto prodighi di lamentele, sostenendo che desse loro impiccio non tanto il peso di Marietta Polpetta (che era una donnina esile, lo avrete capito da voi), quanto il fatto di non prendere mai il sole sulla testa. 
In compenso bisogna dire che i tacchini ai piedi davano alla signora Polpetta un aspetto molto slanciato, rendendola piuttosto soddisfatta. 
Volete sapere come finì la storia?
La voce si diffuse e, si sa come vanno queste cose, di due tacchini interi che si diceva avesse ai piedi all’inizio, presto non rimasero che un paio di alette, cosicché la voce di una donnina con le ali ai piedi fece rapidamente il giro del cielo e della terra.
Proprio l’altro giorno un certo Mercurio, che in quel momento aveva i sandali dal veterinario, gliele chiese in prestito e credo che dovrebbe rendergliele dopo l’estate.
Per questo se in pieno agosto, dalla spiaggia, vedete un ragazzo volteggiare sopra le onde con la faccia di uno che ha un messaggio importante per chissà chi, lasciate stare la faccia e controllate, invece, che non abbia ai piedi le scarpe di Marietta Polpetta. 

mercoledì 18 luglio 2012

l'autostrana


Viaggiavo per la strada,
ho incontrato un casello
che era come una casa,
ma con poco cervello.

Il cervello rimasto,
lo ha saltato una rana,
senza troppo contrasto,
imboccai un’AUTOSTRANA,

che è come un’autostrada,
solo, tanto diversa,
esempio: se esci a Praga
puoi trovarti ad Anversa!

Per dar maggior risalto
a un bel bosco di faggi,
invece dell’asfalto
c’è il sole coi suoi raggi.

Se abbassi il finestrino,
entra l’acqua del mare;
se vedi lo zio Pino
mica può conversare!

Difatti dice: “oh bella!
c’è la manutenzione!
Lucida quella stella,
canta quella canzone!”

“Dico! Ma niente strada?
Non sente la mancanza?”
La fretta non mi aggrada:
rimango qui in vacanza!