giovedì 7 marzo 2013

La bisbetica donata


Un giorno arrivò Luca e così, tra il dire e il fare, mi regalò una bisbetica!
“Bella forza! Ma scusa tienitela tu!” provai a proferire, ma Luca era già sparito all’orizzonte correndo a gambe così levate che si erano levate in volo, anziché solo di torno.
Rimanemmo io e la bisbetica, che bisbeticava a più non posso, nel senso che non ne potevo più. Allora presi a poterne di meno, e di meno potevo. Ma la bisbetica, indifferente a tutte le mie prodezze verbali, si lamentava come se piovesse: infatti piovevano lamentele e piovevano anche bisbetiche, dato che provai a lanciarla. Ma niente, la bisbetica era sempre lì, e tanto più era lì, tanto meno era da un’altra parte. Allora mi rassegnai: anziché lanciare la bisbetica, lanciai un chilometro e inventai così il chilometro lanciato. Mi procurai anche una lancia, ma non riuscivo a guidarla né a lanciarla, soprattutto per il gran peso del motore. Mi procurai un’altra lancia, e creai così una bilancia. Ci feci salire la bisbetica e le chiesi: “ma sei dimagrita? All’inizio della storia mica pesavi così poco!”
La bisbetica non capì, fece per accennare un sorriso ma poi si ricredette.
Allora salii sull’altro piatto della bilancia, che subito diventò un’altalena e iniziammo a giocare. Giocammo tutto il giorno, giocammo tanto che alla fine si dimenticò che era una bisbetica e si sentì in crisi di identità. Provai a dirle che era un raggio di sole e – lo credereste? – alla fine era proprio così. 

Per chi ha qualcosa da riridere


Ho un amico che non aveva mai niente da ridire, in compenso aveva molto da riridere.
Riridere è la risata che segue alla prima risata, quando gli iridi si irradiano di raggi di sole e di nuvolette, le pupille si fanno grandi e piccole e gli occhi si strizzano. Segue una contrazione dell’addome, il braccio che si alza a indicare non si sa cosa. Segue la ricerca stremata di una sedia per evitare di rotolare in terra, da tanto ridere, riridere, triridere.
Sul triridere, poi, bisogna stare attenti a non tririderare troppo la corda, per evitare che fosse quella di un violino come cui si era tesi molto prima cominciare a ridere, riridere, triridere.
E dato che le parole nuove abbondano, ne invento altre tre:
BISBELLICO: signore che una volta era bisbetico, ma poi ha iniziato a sbellicarsi!
BARBAGIACOMO: uccello notturno che vola in barba al sonno, dato che le sue gambe fanno Giacomo Giacomo.
GIACOMO: ragazzo che da grande voleva fare il comò, ma è poi stato deviato su Como, dove è già arrivato.
Ne avete abbastanza?
Ancora uno, scegliete voi quale:
APPICICCHIA: esclamazione anagrammatica.
PIRIPICCHIO: bambino o volatile di qualche storia passata.
CIPPIRI: nome proprio di merlo, maschile singolare.

Il musicista


Al musicista che lungo la strada
sceglie il motivo che più lo aggrada

e che per poche monete offerte
parte col pezzo che più lo diverte,

che fa fermare i bambini e le genti,
che poi ripartono tutti contenti,

bisogna dire un bel grazie sincero,
come ad un sogno che diventa vero,

perché la gioia è una cosa che ha scelto
e la dà a tutti col suo concerto. 

mercoledì 6 marzo 2013

La strada giusta


Il cuore è un posto
che un po’ conosco,
bello e carino,
ma un po’ nascosto.

Tanto è vicino
meno è lontano,
ma ci si arriva
solo per mano.

E questa mano,
- grande scoperta! -
non è afferrata,
ma sempre offerta!

martedì 5 marzo 2013

I pastelli a cena


Ho un’amica che ha i pastelli a cera.
Un’altra che hai pastelli a cena.
Che cosa gli ha offerto??
Che ne so, bisognerebbe capire cosa mangiano i pastelli. Le paste forse no, le pastelle men che meno. Ma men che meno potrebbe fare più, e allora io mi chiedo: come fanno a mangiarne di più, se non ne mangiavano neanche di meno?
Non so più rispondere, o forse non so meno rispondere, o forse so rispondere più o meno, ma non si sa se più più o più meno. Non lo sa neanche la mia amica, e per questo ha invitato i pastelli a cena: per chiederglielo.
E indovinate un po’ cosa le hanno risposto?

Ritrovare un amico


Ritrovare un amico
è scoprire che il cuore
cela in sé tante porte
dietro a cui c’è l’amore.

E la sua porticina
che credevi serrata,
è bastato un sorriso
e ti si è spalancata.

Il sorriso di un tempo,
un sorriso presente,
che ora brilla nel cuore
e puoi dare alla gente.




Dedicato a Camilla, mia nuova amica da sempre

lunedì 4 marzo 2013

Il cavolfiore


C’era una volta Augusto, indefesso operaio delle ferrovie, che stava riparando un cavo che passava rasoterra lungo un bel prato verde. Stava per afferrarlo, quando vide di fianco a sé un fiore. Esitante se coglierlo, sentì la voce del suo capo che gridava: “Augusto, o il cavo o il fiore!”
E Augusto scelse il cavolfiore. Ne aveva uno in tasca e lo scelse con tutto il gusto del mondo, ma mica per mangiarlo. Gli si aggrappò con entrambe le mani (era verde e bellissimo) e volò via. In particolare era il cavolfiore a volare, non Augusto, che però era ben saldo e salutava i suoi amici con i piedi, dato che con le mani era ben saldo.
Il cavolfiore faceva virate morbide nel cielo, le cabrate cabravano, i voli radenti radevano chi aveva la barba più lunga, i giri della morte resuscitavano uno dopo l’altro. E Augusto, sempre lì attaccato.
Volete sapere dove atterrarono?
Io non lo so, ma sono certo che fosse molto lontano, in un posto dove il vento si ferma solo un attimo, il tempo di far riposare il cavolfiore e poi far toccare il cielo a qualche altro operaio delle ferrovie, o alla signora Cesira, o al vecchio Giannone, che non dimenticheranno mai più quanto poco basti per prendere il volo.