lunedì 4 marzo 2013

La scassapanca (una storia di colpi di scena)


Un giorno di questi, una cassapanca, incontrò per disgrazia una scassapanca. La scassapanca era una signora che pesava 532 chili e sette etti, e che quando vedeva una panca ci si tuffava di testa, certa che il resto del corpo, un po’ alla volta l’avrebbe seguita.
Ma la scassapanca era anche un’incudine, lanciata dal settimo piano. Direte voi: ma quella può essere anche una scassasedia, o una scassamarciapiedi, o una scassabruno, metti che Bruno passasse di lì. Ma io vi garantisco che quell’incudine era stata lanciata con mira proverbiale, e fu proprio per un soffio che la cassapanca la evitò. Ma poiché la evitò, la scassapanca si sentì subito rifiutata e dovette andare dallo psicologo. Una volta dallo psicologo, si sedette su una panca all’ingresso e la scassò. Allora si sedette sul pavimento, e lo sbeccò. Allora si sedette sul becco di un cormorano di passaggio, ma fu subito beccato e costretto ad alzarsi. Allora si sedette sul becco di un quattrino, ma non aveva neanche quello, tornò al settimo piano, esortò il suo lanciatore a smetterla di lanciarla e ritornò con tranquillità a discutere con l’amico martello.
PRIMO COLPO DI SCENA: il martello e il lanciatore, in realtà, erano la stessa persona.
SECONDO COLPO DI SCENA: la prima scassapanca, in realtà non era una vera scassapanca, perché anche se pesava 532 chili, si sedeva sempre con uno per volta con grande delicatezza.
Il TERZO COLPO DI SCENA, in realtà fu il PRIMO COLPO DI SCEMA: una scema non meglio identificata arrivò dal nulla e, vedendo la scena, le prese un colpo; non essendo un prodigio d’acume, raccontò a modo suo la scena al suo migliore amico, che rimase molto colpito: infatti lo colpì con un martello (ecco qual era il modo suo). Il martello però era anche il lanciatore, e qui c’è un
QUARTO COLPO DI SCENA: il martello, era in realtà un lanciatore del martello: si lanciò quindi talmente lontano che vinse in un colpo solo le Olimpiadi di questo e dell’anno passato, con tanto che l’anno passato non c’erano e in questo bisogna ancora iniziare a parlarne.

Il pendolare


Al pendolare che la mattina
va sul treno a testa china,

i problemi di tutto il giorno,
già nella testa che girano intorno,

io farei una deviazione
e saltando una stazione,

porterei il treno argentato,
su ogni lido del creato:

tra pianeti e stelle doppie,
tra cascate e fiumi a coppie,

dove è pace e non più guerra,
per le genti della terra

e se il sole è più caldino,
gli concilia un sonnellino...

Poi smontando dal vagone,
avrà in testa una visione

che è il futuro, è un sogno d’oro
che trasforma anche il lavoro. 

domenica 3 marzo 2013

La fialastrocca


Siccome ogni volta che scrivo "filastrocca" mi esce "fialastrocca", mi sono rassegnato e l’ho bevuta tutta d’un fiato.
Sulle prime mi sono cresciute altre quattro braccia: due hanno iniziato a fare esercizi di giocoleria mentre le altre due applaudivano, quindi si sono date un cinque, ma che dato un cinque gli pareva poco, si sono date un otto e anche un nove. Non avevo mai visto tante dita nelle mie 6 mani come in quel momento.
Poi le mani, le braccia e le unghie (immaginate quante fossero) si sono messe a dormire, ma l’effetto della fialastrocca è continuato: appoggiandomi sullo schienale della sedia sono diventato un palloncino, e sono volato via. Mentre volavo via, sono diventato una nuvola, ma non una nuvola qualunque: una nuvola a forma di palloncino, avreste dovuto vedere che tonda. Una nuvola chiara, senza ombra di pioggia, che guarda la terra bonaria e si sposta sempre un pochino per far passare i raggi del sole. Ma che brava!
E nonostante da nuvola si stesse veramente bene, vi racconto l’ultimo incredibile effetto della fialastrocca: di colpo, sono diventato nientemeno che me stesso, ma mica quello di prima: un me stesso nuovo e bello, che aveva imparato a sorridere, che aveva due braccia forti e nessuna paura di fare fatica: tutto quello che serve per cambiare, anche se un pochino per volta, il mondo intero. 

La parola magica


Corre il sole sulla terra,
quando è dura, quando è bella,
quando è dura un poco stride,
quando è bella ti sorride.

Ma col sole in uno sguardo,
si saprà senza ritardo,
che ogni cuore può sbocciare
imparando il verbo "amare".



(Dedicata all’amico Giò Guerzoni, che me lo ha appena ricordato). 

Giovannino di Girgenti

Giovannino di Girgenti,
quando ha freddo batte i denti,
batte all’uscio quando arriva,
se la batte (se partiva).

Batte il ferro finché è caldo,
batte il chiodo finché è saldo
batte un colpo se era assente,
batte il cuore se è presente.

Nel presente il cuore batte,
ride forte, prende il volo,
è tra mille sulla terra
e così non è mai solo. 

giovedì 28 febbraio 2013

L'influenza, atto secondo: la guarigione


Ho un'amica in malattia, 
la sua mente vola via,
cento sogni dentro il letto,
la trasformano in confetto.

Dieci sogni da ogni lato,
la trasformano in gelato,
Ogni sogno di speranza
la trasforma in una danza,

e danzando ha poi scoperto
che fiorisce anche il deserto,
e così può ripartire,
che vuol dire poi “guarire”! 

mercoledì 27 febbraio 2013

L'influenza


C’era un signore tra Padova e Piacenza,
che si sentì arrivare l’influenza.

Poiché era un uomo molto autoritario,
il fatto non poté che spaventarlo:

non volle mai consigli da nessuno,
pensa un po’ l’influenza di qualcuno!

Così corse di fretta dal dottore,
per convertire il male in raffreddore,

ma il medico era al mare con gli amici
di fronte ad una pasta con le alici.

Il male iniziò quindi il suo decorso,
senza incertezze o l’ombra di un rimorso,

e quando passò di colpo, in pieno maggio,
il tale diventò forse un po’ più saggio.