lunedì 18 febbraio 2013

Un collo d'acqua dolce


I manicarretti, sono dei dolci fantastici con le ruote. Chi li tira è un cavallo a ciondolo, che sta proprio al collo di Lucia. Un collo dolcissimo, solcato in lungo e in largo da piste di dolciumi:
in lungo ci sono i manicarretti a pedali, che più pedalano e più sono dolci. Alcuni campioni sarebbero in grado di zuccherare da soli il Mar Ionio, con tanto che è bello salato!
In largo invece ci sono le trote d’acqua dolce. Sarebbero trote, ma l’acqua era così dolce che sono diventati manicarretti anche loro. Dalle pinne sono spuntate le mani, e di carretti ne hanno costruiti alcuni di zucchero candito, altri di uno zucchero filato che filava tanto che hanno dovuto inseguirlo.
Questo accade sul dolcissimo collo di Lucia e dico, a buon ragione, che suo marito Lanceslao è ritenuto uno degli uomini più fortunati del mondo. 

domenica 17 febbraio 2013

Un invito sbagliato


Ti invito a cena di buona lena,
ma l’invitato mi si è sbagliato: 

così di primo ha portato un capretto,
che bruca e bela, proprio perfetto!

Aggiungo poi che – era cena per due –
mi si è piazzato in soggiorno un bue.

Bela il capretto con mezza malia:
“Ch’è, lo lasciavo alla fattoria?”

Così per cena, neanche a parlarne,
non si è mangiato un boccone di carne,

ma il bue e il capretto, che mai non sbaglia,
han degustato posate e tovaglia. 

Gli omini di cielo


Un giorno, levando il capo,
di poco sopra un melo,
ho visto ovunque in aria
degli omini di cielo.

Erano tutti azzurri,
simpatici per giunta,
chi a forma di canestro,
chi di mucca appena munta.

Passavano correndo,
tra le teste e sopra i tetti
schivavano i nuvoloni,
con dei cerchi perfetti.

A volte si fermavano,
restando seri seri,
questi omini, ho scoperto,
sono i nostri pensieri.

Non tutti, a dire il vero,
ma perlomeno quelli
che volano leggeri
perché sono un po’ più belli.

Tutti gli altri, mi pare,
stanno molto più in basso,
sono a terra e a guardarli
sono omini di sasso.

venerdì 15 febbraio 2013

L'uomo di lettere


Conoscevo un importante uomo di lettere: una C che guardava il cielo gli faceva da sorriso. Una A bella piazzava faceva da busto e gambe. Camminava piano e, per aiutarsi, forse gli ci sarebbe voluta una "f" ma, poiché il signore aveva il pallino dei bastoni, preferiva usare usare una piccola i, stringendo per giunta il pallino a mo' di pomello.
L’uomo fumava una pipa che era, ovviamente, una P, mentre un’altra bella P gli faceva da berretto, riparandogli il capo dal sole nelle più calde giornate di luglio.
Sapete cosa rese questo signore l'uomo più felice della terra? Nel mezzo dell'afa estiva, decise di tuffarsi in un enorme dizionario italiano, dove ritrovò tutti, ma proprio tutti i suoi cari: i parenti, gli amici, gli avi e i discendenti e scoprì che, in qualche modo, tutti quanti erano uomini e donne di lettere!
il signor Osvaldo, ad esempio, era così contrariato che come bocca aveva una z. Un operaio a poche pagine di distanza, anziché la f o la i, usava come bastone una enorme V che gli sarebbe venuta buona come trivella, caso mai ci fosse stato da rompere l’asfalto.
L’imponente O del naso della signora Peppina l’aveva resa celebre fin dalle elementari e, verso le ultime pagine, si lesse persino del re Veceslao, seduto sul trono tanto a lungo che il suo corpo diventò una h piccola piccola, che alla fine quasi tutti dimenticarono.
Che stupore provò il nostro signore, a vedere così chiaramente che ogni persona è una magnifica disposizione di lettere; e corrono in mille forme, colori, caratteri, ma in fondo sono sempre le stesse. 

mercoledì 13 febbraio 2013

La bambola di pezza


C’era una volta una bambina che si era imbambolata a guardare una bambola che si è imbambinata a guardare una bambina che si era inalberata a guardare un albero che si era a sua volta imbambinato a guardare un frantoio che era un po’ affranto, perché gli dispiaceva vedere la gente inalberata, anche se erano alberi. In questo caso poi, dato che non si era inalberato nessun’albero ma una bambina, ancora peggio. Per buona pace del frantoio, la bambola si animò per risolvere la situazione (poco prima si era imbambinata, che è un modo un po’ più soffice di animarsi): saltò dalla sedia, aprì un occhio e anche l'altro, aprì tutte le orecchie che aveva (erano due), atterrò sulle ginocchia della bimba e, mentre questa si riscuoteva lentamente, le diede un gran bacio sul naso con le sue piccole labbra di pezza. 

martedì 12 febbraio 2013

Carlo il mio Tarlo


Conosco un tarlo
di nome Carlo,
fora il foraggio,
bruca il formaggio.

Il bruco Alberto,
dal viso aperto,
ha in testa un tarlo
che non è Carlo,

però è Michele
e in Israele
lo accompagnò
(si andò in metrò).

In Israele
Giorgia la mucca,
guarda il foraggio
fare la muffa,

ma con i fori
del vecchio Carlo,
forse è riuscita
un po’ a profumarlo:

dai buchi passa
l'aria più fresca,
è aria speciale,
è aria di festa!

sabato 9 febbraio 2013

Gli elefanti rosa


Gli elefanti rosa sono degli elefanti-fiore, che si piantano e crescono se li innaffi. In realtà crescono anche se non si piantano e non la piantano mai di crescere. 
La proboscide sta nel terreno a mo’ di gambo e le gambe stanno per aria a mo’ di proboscide. Capirete da voi che questi elefanti hanno un importante obiettivo: girarsi, prima che tutta la linfa gli vada alla testa. Così, prima che qualcuno se accorga, iniziano a dare tanti colpetti di bacino e piano piano girano tutta la terra. Loro hanno un po’ di sollievo, tra le case però arriva la sera. Fortuna che esistono tanti elefanti rosa quante regioni del mondo, così che la terra continuare a girare, girare, girare...