lunedì 28 gennaio 2013

La minestra


Ho cucinato una minestra alla zucca, ma la zucca non la voleva, per cui è saltata dalla finestra atterrando sulla zucca di Adelmo, che ha in testa un elmo. Un elmo a forma di colle. Un elmo colle. Dal peso di quell’elmo, Adelmo stava “felmo”, che non è proprio “fermo”, ma è fermo per un elmo. Come un elmo concepisca la fermezza, non glielo si può chiedere, ma si può imparare appoggiandolo e standolo a guardare. Per ingannare la noia, si può sottoporle uno scioglilingua, ma non è detto che la noia ci caschi, come non è detto che la lingua si sciolga, come non è detto che l’elmo stia fermo, o felmo, o Adelmo passi oppure vada via. In particolare, Adelmo non è passato, non è andato via, non ha capito un cavolo ma con quel cavolo, anche se Adelmo non l'ha capito, si è arricchita la minestra dandole un saporino niente male, come ci conferma la zucca con un sorriso soddisfatto. 

Il clavicembalo


“La verità è che non sono per niente organizzato” disse il clavicembalo all’organo.
Ma l’organo era un polmone, anzi due (c’era il due per uno: due) e entrambi i polmoni, o tutto l’organo, gli risposero:
“Caro cembalo, per chiarirti le idee, dovresti diventare un claricembalo, ma un claricembalo molto pulito – noi polmoni (o io organo, a piacere) siamo molto precisi con l’igiene – e quindi un clarinetto.
Ma il clavicembalo non voleva diventare un clarinetto. Dopo lunga discussione, trovarono comunque un accordo: un re minore. Fortunatamente, il re accettò melodiosamente di essere minore: poiché gli era invisa la divisa, non avrebbe mai sopportato di essere maggiore, né generale, né specifico.
E in re minore (e profondamente pacifista), si intonò una magnifica strofa:
primo esecutore: il clavicembalo.
Secondo esecutore: l’organo.
Ma poiché l’organo era un polmone, anzi due, si intonò un canto a pieni polmoni, che faceva così:

Non sarò proprio perfetto,
e non sono clarinetto,
se son disorganizzato,
prenderò il sole sul prato
e il calor mi aiuterà,
trallallero trallallà.

Seguono applausi, strette di mano, il saluto commosso della mamma, gesti di solidarietà da tutti gli strumenti, ma proprio tutti, persino i cacciaviti e le pinze (questi ultimi, che suonano una musica diversa ma altrettanto nobile: quella del costruire).  

Il cormorano


Sulla strada x Cormano,
incontrai un cormorano,

proseguivo contromano
(se non altro andavo piano)

e il volatile mi disse:
"contromano cerchi risse

 o ti basta un incidente
 e il trapianto di un tuo dente?"

Gli risposi con un canto:
"se é già mio, cosa trapianto?

Io non cerco rissa alcuna,
ma quel dosso è più una duna,

io non cerco alcuna rissa,
però, lei, cos'è che fissa?"

È così che il cormorano
dalla strada per Cormano,

prese quella dello zoo
e si volatilizzò.

venerdì 25 gennaio 2013

La mucchite



Per ogni mucca che bruca c’è un bruco che mucca. Non solo: quel bruco ha la mucchite, malattia che viene indistintamente a tutti i bruchi che muccano. Nessuna mucca, invece, ha mai preso una bruchite nonostante bruchi a più non posso e se più non posso io, magari lei bruca ancora e anche molto, alla fine che ne sappiamo? E poi io che c’entro?
È quel che dice anche il bruco:
“Scusa che c’entri tu?” si lamenta, “Sono io che ho la mucchite! Chiamate un dottore, per dinci!”
“Signor bruco”, gli faccio notare con pazienza, “così si da la zappa sui piedi! Se lo il dottore lo chiamiamo per Dinci, nessuno curerà più lei!”
Ma il bruco ha ben altri problemi: si è dato la zappa sui piedi senza avere i piedi, e questo gli sembra ancora peggio della mucchite!
“Fossi stato almeno un millepiedi...” sospira il bruco.
“Fossi stato un millebruchi...” sospira il piede.
“Fossi stato un millezappe...”, sospira il millepiedi “avrei dissodato i campi da qui alla Pennsylvania, senza dimenticare le spiagge e i fondali.”
Nella terra dissodata si sarebbe poi seminato con cura, dalla cura mille piante verdi sarebbero nate, dalla loro nascita un sorriso per la terra e dalla terra dei bruchi il volo di mille farfalle. 

La sciarpa


Una volta, una suonatrice di arpa molto infreddolita, appoggiò la sua arpa su un paio di sci. Ed ecco che apparve una sciarpa che la metà bastava! Poiché la metà bastava, regalò l'altra metà ad un altro signore infreddolito. Questo signore, tuttavia, era un po' meno infreddolito della suonatrice di arpa e regalò metà della sua sciarpa a una signorina che coglieva, proprio in quel momento, un bel fiore arancione. Teresa, così si chiamava quest'ultima, non aveva proprio freddo, ma tenne metà sciarpa per simpatia e ne regalò metà al suo nipotino, che ne regalò un pezzo ad ogni suo amico della scuola materna. Ognuno di questi bambini, tornato a casa, divise il proprio dono in due parti e diede quella più grande alla mamma. Le mamme sorridevano intenerite e non sappiamo cosa fecero di quei minuscoli pezzi di sciarpa: di sicuro, piccoli com'erano, non potevano molto contro il vento dell'inverno, in compenso scaldavano il fondo del cuore.

Un cavaliere senza pari


C'era una volta un cavaliere senza pari, ma con molti dispari. Un giorno decise che era giunto il momento di dispareggiare i conti: iniziò così a contare al contrario ma, poiché era uno che contava, presero a contare al contrario anche tutti gli altri, così che il suo contrario divenne diritto. Il suo contrario, che non solo non era cavaliere, ma aveva così pochi dispari che li si contava solo se si voleva risparmiare tempo, divenne effettivamente bello diritto, mentre prima se ne stava un po' ingobbito enumerando i molti pari che gli si paravano di fronte. La volta però che gli si parò di fronte un dispari, disparve perla sorpresa. Come una perla potesse sorprendersi, dovremmo chiederlo al primo cavaliere, quello che conta al contrario ed é ancora convinto di avere molti dispari, non avendo capito che il cuore degli uomini, in fondo, é sempre uguale.

domenica 20 gennaio 2013

Il dettato


Una volta, la maestra, durante il dettato, iniziò a dettare legge. I bambini presero a scriverla diligentemente, ma questo, dopo poco, generò un po' di confusione giacché la legge, come dice la parola stessa, la maestra la legge e non la scrive. Allora perché avrebbero dovuto scriverla loro? E poi diciamolo, le leggi non si dettano, al massimo si discutono. La maestra discusse così con i bambini e la legge che ne seguì prevedeva fontane di zucchero filato di fianco all'entrata della scuola, musica di violini (con tanto di farfalle che danzavano) durante l'intervallo, un pagliaccio personale per far saltare i bambini sulla pancia prima e dopo le interrogazioni, e tante altre cose del genere.
Non vi dico che leggi incredibili stabilirono per il mondo fuori dalla scuola!