Una volta il signor Rossi era in ritardo e piantò la macchina nel primo buco che trovò libero.
Il primo buco era in campagna, e il signor Rossi, uscendo dal suo appuntamento, trovò l'automobile non solo assai più radicata di prima, ma anche sul punto di sbocciare. Il suo motore, adesso, andava a nuvole e il volante non si girava più, ma mica per un guasto: era puntato nell'unica direzione in cui era tempo di muoversi, e questa direzione era il cielo.
Il blog di Filastrocche su misura. "Sbagliando s'impara è un vecchio proverbio, il nuovo potrebbe dire che sbagliando s'inventa" [G.Rodari]
venerdì 21 dicembre 2012
mercoledì 19 dicembre 2012
Un popo' di oca
Un tamburo di burro,
per gli amici un tamburro,
vide un popo’ di oca,
per gli amici un po’ poca.
“Sarai pure abbondante,
eppur mica bastante!”
Dice il primo e sghignazza
da di dentro a una tazza.
“Sono poca, mi dici,
ma è perché ho tanti amici!”
gli risponde l’ochetta,
mentre canta e cinguetta.
Così guarda l’amico,
ma lo guarda e non sa
se lo chiede, vi dico,
come si suonerà.
Per suonarlo ha comprato
un cucchiaio d’argento,
lo vendevano a rate,
ne ho pagate duecento,
ieri mancava un euro,
oggi uno più uno
e se il sole lo scioglie,
non lo suona nessuno.
martedì 18 dicembre 2012
I fiaschi per fischi
Ho un amico
che prende fischi per fiaschi. I fischi li compra al mercato dei fischi e ne infila
tre a fiasco. Per ogni fiasco, ossia un fischio che casca o comunque salta il
fiasco (o salta il pasto, ma magari avrà più appetito per cena), non si perde d’animo,
ma anzi ci si trova. Per farlo, si fissa allo specchio e si dice: “Ti trovo d’animo,
bravo!” e si dà una pacca sulla spalla girando su se stesso.
Una volta si
è confuso e, invece dei fischi per fiaschi, ha preso fiaschi per fischi, ossia dei
fiaschi dentro cui soffiare per fare dei fischi. Così ha scoperto che, con un fiasco
per fischi, può ammortizzare un fischio per fiasco ogni due fischi, perché uno
lo fischia già dentro e così può evitare la fatica di infilarcelo.
Con questo
sistema risparmia un giorno all’ora e, anziché metterlo in banca, lo regala a tutti
quelli che passano, a volte con un sorriso, a volte con due, a volte dando una
mano con entrambe le mani.
lunedì 17 dicembre 2012
Che cos’ho nel piatto
Ho nel piatto un piattello,
un formaggio di pesche,
una mucca, un secchiello,
quattro bionde tedesche,
quattro piatti di arance,
cinque tondi di carta,
un orecchio, due guance,
un sorriso, zia Marta.
Se la zia mi fa cenno
Che laggiù c’è una festa,
dico, mica tentenno!
E mi tuffo di testa.
E così dentro al piatto
troverete un caffè,
un diamante scarlatto
e per giunta anche me!
domenica 16 dicembre 2012
Il sommario
C’era una volta un sommario che si chiamava Mario. Giorno e
notte diceva: “Sommario!”.
Gli rispondevano i capitoli, le terzine e le quartine (anche
le quintine, quando qualcuno le scriveva):
“Lo sappiamo che sei Mario, ma che ce lo ripeti a fare?”
In realtà Mario il sommario viveva in un sussidiario, che
non era il diario di Sussi, cugina di Sissi la principessa che aveva
frequentato la quarta declinazione durante la fanciullezza, ma proprio il
sussidiario su cui studiano i bambini a scuola.
In quel sussidiario spiccava, forse per il colore, il
capitolo di Geografia, in particolare quello sui fiumi del mondo di pagina 36.
Tra questi scorrevano il Rio delle Amazzoni, il Rio Bravo e il Rio Meno Bravo, ma in Compenso Tanto Buono.
In realtà il sommario, che era un ecologista, proponeva di sommare il
corso di tutti i fiumi del mondo per ricavare un sacco di energia elettrica. Dove
mettere questo sacco e chi si sarebbe sentito di maneggiarlo, non si sapeva ancora, ma intanto, ogni volta che leggeva un fiume gridava: “Somma-rio!” e si immaginava i
corsi d’acqua che confluivano ridendo, dandosi schiaffoni di gioia e dissetando
il cielo e la terra.
Non lo hanno capito i capitoli, che al massimo potevano
capitolarlo, ma decisamente non era quello che lui aveva in mente. Non lo capivano le quartine, le cinquine e le tombole, che
avevano fatto un capitombolo incontrandosi quasi per caso con i capitoli che capitolavano
inavvertitamente da quelle parti e con cui ci scappò comunque una bella chiacchierata.
Lo capì però molto bene il sussidia-rio che, non solo - contenendo
tutti - convinse gli altri uno a uno, ma riuscì anche a trovare una speciale sovvenzione per il progetto.
giovedì 13 dicembre 2012
Il piccione impiccione
C’era una volta un piccione un poco impiccione. Impiccia che
ti impiccia, andò a impicciarsi di un picciolo. Non era un picciolo qualunque,
ma un picciolo piccino picciò. Così scoprì che il picciolo era un poco
impacciato, forse per via delle sue dimensioni, e stava sempre appiccicato a una simpatica mela che le dava sicurezza.
Dove il picciolo mettesse questa sicurezza, noi non lo sappiamo dire, ma magari
lo sappiamo cantare; il piccione invece no, perché chi pensa sempre a
impicciarsi, difficilmente troverà il tempo di fare tante cose allegre.
La gamba di Gianlucarlo
«Mi si è addormentata la gamba.»
«E tu svegliala!»
E Gianlucarlo, che non voleva essere invadente con la sua
gamba, si precipitò a comprare una sveglia da coscia, o quantomeno da polpaccio,
per ricominciare poco a poco a camminare.
Per precipitarsi, dovette per forza usare una scarpata, che
però non sapeva a chi dare, anche perché la gamba ancora dormiva. Bel problema!
Per inciso: un bel problema è un po' meglio di un brutto problema, ma resta un problema. Non solo: se non restasse, ma andasse, sempre un problema sarebbe. Se non semprasse, ma maiasse, sarebbe assai meglio a meno che l’asse non ti servisse, o che l’asse non ti sembrasse, o che l’asse non ti semprasse, giacché l’asse è sempr un asse.
Per inciso: un bel problema è un po' meglio di un brutto problema, ma resta un problema. Non solo: se non restasse, ma andasse, sempre un problema sarebbe. Se non semprasse, ma maiasse, sarebbe assai meglio a meno che l’asse non ti servisse, o che l’asse non ti sembrasse, o che l’asse non ti semprasse, giacché l’asse è sempr un asse.
Tutto questo, però, giova poco alla gamba di Gianlucarlo, che
tanto quanto dorme, è informicolata. Per liberarla, è stato chiamato il più
importante formichiere del regno di Formichide, che però, disgraziatamente, è a
dieta proprio da questo novembre in vista delle abbuffate natalizie.
Giancarlo, che alla fin fine doveva andare a scuola perché erano quasi le 8, lo
sellò con un gesto elegante e con risoluta gentilezza convinse il formichiere a portarlo fino
alla terza C.
E fu proprio lì che, un paio d’ore dopo, proprio a metà dell'ora di
geografia, la gamba si svegliò da sola con un grande sbadiglio.
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