L' ingegner Giovanni entrò nel suo ufficio, doveva essere martedì mattina, e si accorse dopo 15 anni suonati che era tutto grigio.
Per un po' se ne rimase perplesso guardando il soffitto, poi chiuse gli occhi e, appena li riaprì, la pesante scrivania di compensato era diventata di un bell'azzurro frizzantino.
L'ingegner Giovanni ci appoggiò la penna soddisfatto. Chiuse e aprì gli occhi un'altra volta, ed ecco le vecchie tende diventare gialle come canarini che presero subito il volo, lasciando la stanza piena di sole.
"Bene bene!" Esclamó l'ingegner Giovanni! Battè due volte le mani: alla prima i muri diventarono verde smeraldo, alla seconda il soffitto si colorò di rosso vivo come la lava del Vesuvio. Fu perfetto, dato che iniziava a far freddo e il riscaldamento non ancora acceso.
Quando nel pomeriggio, il professor Sparachiodi, che era il capo di Giovanni, entrò di corsa nell'ufficio, non riconobbe niente e nessuno! Alzò gli occhi x chiedere indicazioni e si trovò davanti proprio Giovanni, con un sorriso raro e una bella camicia cangiante, che gli consegnava tutto il lavoro della settimana.
Il blog di Filastrocche su misura. "Sbagliando s'impara è un vecchio proverbio, il nuovo potrebbe dire che sbagliando s'inventa" [G.Rodari]
giovedì 18 ottobre 2012
martedì 16 ottobre 2012
Nella e il volo
C’era una volta una piccola uccellina di nome Nella.
Da quando era nata, era sempre stata chiusa in una gabbietta azzurra.
Quando guardava in alto, la gabbietta le ricordava il cielo, ma i raggi del
sole li poteva vedere solo dalla finestra.
Il piccolo Tommaso, che abitava nella stessa casa in cui si trovava la
gabbia, ogni giorno, tornando da scuola, la salutava contento e lei
rispondeva con un bel fischietto, che però non era mai allegro del tutto.
Svolacchiava qua e là nella gabbia, è vero. Non faceva nessuna fatica a
procurarsi il cibo, anche questo era vero.
Eppure si sentiva sempre un poco triste, perché il desiderio di spiccare il
volo al di là della gabbia era vasto e profondo.
“Oh Marina, quanto è il mio triste destino!” si lamentava spesso con la
tartaruga Marina, che albergava in una vaschetta poco distante. “Eppure pensa,
persino di cognome mi chiamo Gabbia, che destino fatale! Nella Gabbia! Che
altra fine avrei mai potuto fare?”
La tartarughina aggrottava la rughina che aveva sulla fronte e continuava a
nuotare nella vaschetta, guardandola teneramente.
Passarono le stagioni e la piccola Nella, per non rendere triste Marina,
smise a poco a poco di lamentarsi. Imparò a essere contenta del sorriso di
Tommasino, che le urtava la gabbietta quando era pronto in tavola e si precipitava
in bagno a lavare le mani; dello sguardo premuroso della signora Pina che ogni mattina
le scaldava il becchime;
dei raggi di sole che vedeva di lontano, che entravano dalla finestra e andavano
a cacciarsi dappertutto.
La sensazione del volo non l’abbandonò mai, ma la malinconia diventò sempre meno, man mano che imparò a volare con il cuore.
Un volta poi, durante una splendida primavera, un raggio di sole urtò sullo specchio, lo specchio scintillò per il contraccolpo, il
contraccolpo luccicante iniziò a saltellare per la stanza e, non sapendo dove
altro infilarsi, si gettò tutto intero tra le piume di Nella.
Nella si guardò le zampette, sentendosi un po’ strana. Poi fece un voletto
tutto emozionato e finì per sbattere di proposito contro la porta della gabbietta.
Così scoprì una prima notizia sensazionale: era aperta!
Ma la notizia davvero speciale, fu che lei non era mai stata Nella Gabbia, ma era da sempre una splendida Gabbia Nella, e spiccò il volo in un cielo più
azzurro di qualunque altro pensiero.
lunedì 15 ottobre 2012
Dirindinda senza gatto (ma coi fiori)
La regina Dirindinda
ha la testa variopinta,
poiché il gatto è andato via
e per farle compagnia
ci ha piazzato un bel cespuglio,
che è fiorito il dieci luglio.
I suoi fiori sono belli,
ci si posano i fringuelli,
quando il sole li accarezza,
tira sempre un po' di brezza
così sopra quella testa
tutto è allegro e sempre in festa!
tutto è allegro e sempre in festa!
La gonna della quaglia
C’era una quaglia
che per tutta Italia
lavorava a maglia
con una tenaglia.
Incontrò un pastore
proprio di buon cuore
e la sua migliore
pecora a motore
lui offrì all’uccello
che con lo scalpello,
sopra uno sgabello
si grattò il cervello;
e per sua sorella
con la pecorella
fece una gonnella
resistente e bella.
Fece in un minuto
grazie al bel tessuto
grigio e riccioluto
di ferro battuto!
domenica 14 ottobre 2012
Il pollo alla cacciatora
Il pollo alla cacciatora, potrebbe sembrare un piatto;
invece, come dice il nome stesso, è un pennuto da cortile.
Questo pennuto, che in effetti all’inizio era in cortile, fu
regalato alla cacciatora che, tutta contenta, lo mise su una spalla e lo portò
via.
Sulla strada, incontrò una
cacciatrice che la apostrofò con violenza, accusandola di non essere altro che
un errore grammaticale, costituitosi a bella posta per impossessarsi del suo pollo.
“Come se si fosse mai sentito parlare di “pollo alla cacciatrice”!” replicò
la cacciatora.
In effetti neanche il pollo, interrogato a bruciapenne, ne
aveva mai sentito parlare.
La cacciatrice però non si convinse e le due continuarono a litigare. Litigarono
tanto che alla fine anche il pollo si stufò.
A dire la verità stava per stufarsi, ma proprio mentre pensava che forse
non era quello il verbo adatto, fu miracolato dalla mancanza della stufa e perse
semplicemente la pazienza.
Persa che ebbe la pazienza, corse a cercarla e svanì nel fitto del
bosco. Ma poiché il fitto del bosco non l’avevano pagato né la cacciatrice né
la cacciatora, smisero in fretta di litigare e, per non rischiare che qualcuno presentasse
loro conto della permanenza del pollo, se la svignarono.
NOTA
So bene che, per svignare una permanenza, bisognerebbe che a permanere
fosse una vigna, e difatti c’era; tuttavia, dopo che l’ebbero svignata, a
permanere fu soltanto il pollo. Non che la permanente gli stesse male, ma le
due si defilarono in ogni caso con una concitazione tale che, appena fuori dal
bosco, furono multate da un pavone per eccesso di fretta.
FINE DELLA NOTA
Il pollo, intanto, lungi dall’incontrare qualunque esattore, recuperò la
sua pazienza e iniziò a infilarla con cura in un orecchio. Non avendo le mani, non nego che
fu un’operazione un po’ alla buona; ma la buona, che era sanissima, non sentiva
alcun bisogno di essere operata neanche quel poco!
Il pollo, animale assai rispettoso, accettò di buon grado di non operarla e i due divennero
grandi amici.
Dopo poco tempo, con l'idea di restare sempre insieme, si recarono all’anagrafe e il pollo alla cacciatora divenne definitivamente un pollo alla buona: gentile, cordiale ed amico di tutti.
Dopo poco tempo, con l'idea di restare sempre insieme, si recarono all’anagrafe e il pollo alla cacciatora divenne definitivamente un pollo alla buona: gentile, cordiale ed amico di tutti.
giovedì 11 ottobre 2012
Questione di stile
Conosco un orso
che nuota a dorso
ed un pinguino
che va a delfino,
una sciacalla
fila a farfalla,
mentre la rana,
che cosa strana:
verde ed altera
come una pera,
segue gentile
con grande stile!
mercoledì 10 ottobre 2012
Che storia è questa?
Questa è la storia di un’altra storia, che però ho
dimenticato.
Allora vi racconterò la storia di un omino di burro che era
distrutto, e siccome era di strutto, non poteva essere di burro.
Per essere un po’ meno di strutto e recuperare la propria
identità, dovette per forza di cose riprendersi d’animo.
Per riprendersi usò una cinepresa d’oro massiccio, per
massiccio usò quello del monte bianco, per bianco usò quello dell’uovo, per
uovo usò quello di Colombo, per colombo usò un piccione che si chiamava Cristoforo.
Il piccione, tuttavia, era tanto allergico al burro che volò
via senza lasciare traccia.
Così finisce la storia che mi sono ricordato, che però forse non era questa!
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