lunedì 4 giugno 2012

la specialità


Se io varco qui una soglia,
mi ritrovo in una sogliola,
se qualcuno poi la sfoglia,
si ritrova su una fogliola,

che è una foglia che fa “hola!”
e chi ancora non lo sa,
dovrà certo andare a scuola
a imparar ste cose qua.

Quando bene le ha imparate
e non sa cos’altro fare,
può ben ridere a palate,
nelle pause poi cantare.

Le palate di risate
vengon buone per Natale,
quando sono appassionate
e ciascuno è un po’ speciale.

Ma diceva anche un mio amico,
nato un po’ dopo settembre,
che, dal naso all’ombelico
son speciali tutti sempre. 

giovedì 31 maggio 2012

il saltinbanco


Un saltimbanco
saltò sul banco.
e per incanto,
vide lì accanto

una saltimbanca!
Che saltò in banca,
si ruppe un’anca,
si sentì stanca,

la fece Franca,
poi su una panca
si riposò
dicendo “ohibò!”

Il saltinbanco
fu molto franco
ma poco Antonio
e in matrimonio

la prese e poi 
venne con noi;
dove però 
non vi dirò. 


mercoledì 30 maggio 2012

la voglia

Quella signora là sulla soglia
sul naso ha una voglia a forma di foglia

Se io la voglio non me ne voglia,
se gliela tolgo sarà un po' spoglia

e il suo nasotto, giù nel risotto
nasconderà da com'è ridotto.

Fortuna nel riso si trova anche un re,
con una voglia che sa di purè

con cui le ha bagnato la punta del naso
e la porta via su un cavallo di raso.

lunedì 28 maggio 2012

un problema matematico

ANTEFRATTO

C’era un gatto che era FRATTO
E ci diventava matto.
Non sapeva fratto cosa,
né se giallo oppure rosa.

PRIMO ATTO

Se ne stava sempre in posa 
A aspettare chissà cosa.
Finché un giorno, sotto il fratto,
venne avanti quatto quatto,

un topino di gelato
per cui l’han moltiplicato.
Così il per annulla il fratto,
e si chiude questo atto.

ATTO SECONDO

C’era un gatto che era PER,
si grattava un po’ il seder,
miagolare gli piaceva,
lo grattavi e lui rideva,

il suo riso era PER tutti
per i belli e per i brutti,
ma anche un brutto, lui lo vide
è uno bello quando ride. 

sabato 26 maggio 2012

storie di panche


C’era una panca di nome Franca,
e una panchina, la Guendalina,
sono lì ferme, ma con un balzo
prendono entrambe a giocare a rialzo.

Sulla panchina sopraelevata,
una capretta si era fermata,
di andare sotto non se ne parla,
quella capretta si chiama Carla.

Passa lì accanto una panchetta,
che come nome ha scelto Violetta,
come colore, quello del cielo
(ieri però si chiamava Consuelo).

Gioca a rialzo, non invitata
e perciò l’hanno squalificata,
ma la capretta ci si è seduta
e si è sentita ben sostenuta.

Così per fare un gesto d’amore,
ecco Violetta, cambia colore:
è diventata verde panchetta
ed è per gli altri una nuova amichetta.

anche le panche campano


Sopra la panca la capra la scampa,
uscendo fuori dalla sua banca,
si è riscoperta un poco in bolletta
perché ha pappato un quintale di erbetta.

Sotto la panca la capra salta
‘che si sentiva un po’ alla ribalta
Ma è poi così che ha pestato le corna
E un’altra volta non ci ritorna.

Sopra la capra la panca si crepa,
come se fosse fatta di creta,
con quella matta sotto che salta
voleva essere nata più alta.

Sotto la capra la panca è stanca
Con quel che pesa, suda ed arranca,
la capra scivola e pesta la testa,
può usare il prato per la sua siesta.

venerdì 25 maggio 2012

una storia da niente


Scusa ma c’è qualcosa lì?
Macché, niente di niente.
E Gianlucchetto, che era un tipo onesto e scrupoloso, decise che, oltre che a Cesare quel che è di Cesare, anche niente andasse restituito a niente in persona (forse il cugino di nessuno, come suggerì un gigante con un occhio solo e forse neanche quello).
Dunque partì alla ricerca di niente, per portargli almeno un po’ del suo niente e magari riceverne in cambio un po’ di niente da portare a casa e far vedere alla mamma.
Chiese indicazioni a qualche passante, ma niente!
Non chiese niente a qualcuno, ed ecco che la strada gli si spiegò. Per arrivare dal signor niente, doveva fare niente.
Attenzione però: perché fare niente è diverso da non fare niente.
Per non fare niente, basta non fare niente, ma per fare niente, è necessario fare qualcosa, cioè niente.
Forse sono sottigliezze, ma per il signor niente, che fortunatamente, non è scrupoloso per niente (o, come direbbe lui, è scrupoloso per niente), non cambia niente.
Dunque arrivò da niente, che a dirla tutta era un uomo da niente, nel senso che si trovava da niente, con la controindicazione che, siccome niente era lui, dovette per forza di cose diventare ubiquo. Da cui si potrebbe dire che niente è ubiquo, oppure che qualcuno è obliquo, oppure profondersi un ossequio, sempre che qualcuno di permaloso non si profenda, in caso chi si profonde non sia un profonditore professionista, ma magari solo un fessionista, cioè un esperto di fessi, amici tra l’altro di niente, che pare soggiorni per lunghi periodi nei loro cervelli.
Prima di tornare a niente, ricordo solo, per chi volesse mandare loro un saluto, che salutando un cervello, che è un cervo molto bello, non bisogna mai dimenticare di salutare anche la cervella, che è una cerva a manovella.
Dov’ero arrivato?
Ah sì il signor niente! Be’, riuscite a immaginare cosa disse, quando finalmente Gianlucchetto gli arrivò davanti e gli restituì fino all’ultimo quel che gli spettava?