Scusa ma c’è qualcosa lì?
Macché, niente di niente.
E Gianlucchetto, che era un tipo onesto e scrupoloso, decise
che, oltre che a Cesare quel che è di Cesare, anche niente andasse restituito a
niente in persona (forse il cugino di nessuno, come suggerì un gigante con un
occhio solo e forse neanche quello).
Dunque partì alla ricerca di niente, per portargli almeno un
po’ del suo niente e magari riceverne in cambio un po’ di niente da portare a
casa e far vedere alla mamma.
Chiese indicazioni a qualche passante, ma niente!
Non chiese niente a qualcuno, ed ecco che la strada gli si
spiegò. Per arrivare dal signor niente, doveva fare niente.
Attenzione però: perché fare niente è diverso da non fare niente.
Per non fare niente, basta non fare niente, ma per fare niente, è necessario fare
qualcosa, cioè niente.
Forse sono sottigliezze, ma per il signor niente, che
fortunatamente, non è scrupoloso per niente (o, come direbbe lui, è scrupoloso per niente), non cambia niente.
Dunque arrivò da niente, che a dirla tutta era un uomo da
niente, nel senso che si trovava da niente, con la controindicazione che,
siccome niente era lui, dovette per forza di cose diventare ubiquo. Da cui si
potrebbe dire che niente è ubiquo, oppure che qualcuno è obliquo, oppure
profondersi un ossequio, sempre che qualcuno di permaloso non si profenda, in caso
chi si profonde non sia un profonditore professionista, ma magari solo un
fessionista, cioè un esperto di fessi, amici tra l’altro di niente, che pare soggiorni
per lunghi periodi nei loro cervelli.
Prima di tornare a niente, ricordo solo, per chi volesse mandare
loro un saluto, che salutando un cervello, che è un cervo molto bello, non
bisogna mai dimenticare di salutare anche la cervella, che è una cerva a
manovella.
Dov’ero arrivato?
Ah sì il signor niente! Be’, riuscite a immaginare cosa
disse, quando finalmente Gianlucchetto gli arrivò davanti e gli restituì fino
all’ultimo quel che gli spettava?