giovedì 3 gennaio 2013

Il copione


Pieretto doveva fare un provino per una parte importante in teatro. Il copione era molto impegnativo e, per sicurezza, lo teneva sempre in tasca. Ma come fidarsi di un copione? Non sai né da chi copi né tantomeno se ti suggerirà davvero. Così che, per sicurezza ulteriore, si mise un tasca anche un secchione: Angelo Vitalini, della prima C: mai un’insufficienza in tutto l’anno e la media del dieci e tre quarti.
La situazione si complicò perché il secchione, ben più ampio di un semplice secchio, era così capiente che il copione ci saltò dentro allegramente credendo di farla franca. La Franca, capirete da voi, si indispettì perché odia i mistificatori (soprattutto quando, al posto dei tori, mistificano lei). Presa dall’ira, mise in dubbio anche la capienza del secchione: "Se davvero capisse quel che legge, non avrebbe bisogno di studiare tanto!"
Pieretto, che in fondo credeva all’improvvisazione, non si sa cosa credesse in cima, ma da cima a fondo decise di togliersi il secchione di tasca e di appenderlo al chiodo, magari quello di un pozzo che lo aspettava a bocca aperta con tanto di corda e acqua sul fondo (non quello dove Pieretto credeva, ma un altro).
Si scoprì così per caso che, che Pieretto ci credesse o no, quel pozzo era un pozzo dei desideri: tirò su il secchio e ce ne trovò dentro quattro o cinque almeno:
uno era della signora Gina, che sperava in una vasca da bagno con le ruote per poter girare il mondo da dentro l’acqua calda.
Un altro del signor Carlo, che voleva due nasi per respirare meglio e una retina per i raggi del sole: “essendo tutta bucherellata”, pensava “li prenderò al volo senza togliere luce a nessuno!”
Da ultimo, il desiderio di Pierdario. Pierdario era un caro amico di Pieretto e il suo unico desiderio era che il suo amico superasse il provino.
Pieretto si commosse così sinceramente che colpì gli istruttori per la sua sincerità ed ebbe tutta la parte che voleva.
Volete sapere che cosa fece?
Ne regalò una parte a Pierdario in segno di affetto e gratitudine. 
Gliela donò quasi tutta, in realtà, eppure gliene rimase gran parte, e questi sono gli scherzi dell’amore.

mercoledì 2 gennaio 2013

Il sicobiondo


C’era una volta un sicomoro che voleva diventare un sicobiondo. Per diventare sicobiondo, decise di farsi i colpi di sole: una volta che ne ebbe presi cinquantatrè decine e un quarto di per sempre, non divenne un sicomoro, ma un sicoverde che la metà bastava!
Dato che la metà bastava, un passante ne prese metà della metà (era un passante che amava la frugalità) e lo mise sulla metà della sua testa.
Il passante era tanto buono di cuore che aveva un’aureola gialla gialla e sulla testa la metà della metà del sicomoro diventò effettivamente sicobionda.
Su un altro quarto, che tra l’altro era diventato sicoverde, sbocciò una splendida viola che intonò una canzone che parlava di mare e di terre in cui i sicomori erano tutti sicorossi.
Così il sicomoro, che era già diventato sicoverde grazie ai raggi generosi del sole, si trovò anche sicobiondo per via della bontà del passante, ma anche sicoviola per una fortunata coincidenza e anche un po’ sicorosso, forse per la nostalgia.
Ancora oggi i nonni portano spesso i loro nipoti fino ai piedi della grande pianta: raccontano ai loro nipoti questa storia e le altre mille avventure che avevano reso l’albero di tutti i sicolori.

Il fortunio


Ho un amico che ha avuto un FORTUNIO.
Un fortunio è come un infortunio, però al contrario.
Il mio amico, ad esempio, si è fortunato la gamba e ora ha una gamba fortissima e con un solo salto riesce a arrivare sul tetto. Quando salta già per la merenda, deve stare ben attento a dove atterra, perché l’altra gamba non è mica così forte.
Ma non è mica finita:
Il signor Gigi si è fortunato la testa stando ben in equilibrio sulla scala e ha inventato un’equazione di centoquattordici cifre, di cui, per comodità, pronuncia solo il risultato: sette quarti e un mezzo cavoletto di sedici).
Infine, so di molte persone che si sono fortunate il cuore: invece del by pass, si sono ritrovate un “dai rest!” e hanno accettato. Sono restate e hanno fatto amicizia tra di loro, poi con altri, infine con altri ancora.
E il telegiornale delle otto meno cento, proprio questa mattina, ha annunciato tra un sacco di risate che il numero dei fortunii è in costante aumento. Perché le risate, vi chiedete? Fatalità ha voluto che, usando perfettamente il microfono per dare notizie tanto belle quanto vere, il conduttore si sia fortunato la bocca!

Sull’origine della ciribiciaccola – Lezione 1


Della ciribiciaccola, quasi tutto è ignoto.
Abbiamo solo una vaga informazione, ovvero: gira. O forse si perde? Cosa si faceva con la ciribiciaccola, ve lo ricordate? Ecco, direi che ci siamo capiti, nel senso che non abbiamo capito, ma se non abbiamo capito il senso, possiamo cercarlo, penso.
Il mio amico Verbonio Chiacchierottis, noto cercatore di sensi, specializzato in olfatto e Fiuto (che era il suo cane anche prima che ci si specializzasse), mi ha presentato un’importante spiegazione che vorrei sottoporvi:
per capire questa spiegazione, bisogna tornare al principio, perché in principio la ciribiciaccola era un verbo, ovvero il verbo “ciribiciaccolare”, opportunamente coniugato con una terza persona (una persona singolare, ma comunque educata e gentile).
Ora che siamo al principio, facciamo un passo indietro e, anziché cadere nel nulla, scopriamo che tra amici, soprattutto in Trentino, si parlava del “chiacchiericcio” con l’espressione dialettale “ciaccolare”, che nulla ha a che vedere con il cioccolato, né con il ciaccolato che è cià colato, ma colato dove non è il caso di chiederselo, soprattutto per non rischiare di scoprire che invece qualcuno ci ha colato, e oltre che dove dovremmo chiederci chi, perché, se per farci un favore e se aveva le mani pulite.
Chiusa parentesi, e riprendiamo a ciaccolare, cioè a chiacchierare, ma a voce bassa, in Trentino, ma anche in Veneto e soprattutto in dialetto.
Allora, stando alla spiegazione di Verbonio, qualcuno che per ragioni confidenziali non ha voluto apparire in questa riga ma che per comodità chiameremo Martino, non solo chiacchera, ma chiacchiera doppio ovvero biciaccola (e non ciaccola in bici, sia chiaro). Non basta: non contento di biciaccolare, decide di biciaccolare un’altra volta. Una consuetudine dell’altopiano di Asiago, che non è un altopiano quindi figuratevi che consuetudine, ha stabilito che in questo caso non si quadribiciaccoli, ma invece, per venire incontro alle mentalità semplici dell’altipiano che non c’è, si ribiciaccoli. Siccome Martino ci casca ogni volta, si dice che ci ribiciaccoli, e così eccovi una ciribiciaccola fatta e finita.
Eh sì, perché vedendo Martino, molti altri suoi amici e a poco a poco tante persone per il mondo hanno iniziato a ciribiciaccolare fino a perdersi, e così ecco che si è persa la ciribiciaccola. Qualcuno l’ha trovata?
Se sì, inseritela in busta aperta, così che se la goda un poco anche il postino, ed inviatela al seguente indirizzo:

Martino per modo di dire
Presso Accademia degli errori
Via dei cercatori di ciribiciaccole, da 0 a 100
CAP: Ito o devo ripetere? - Grazie (frazione di Noncèdiche)





Se qualcuno, dopo aver letto questa prima spiegazione, volesse obiettare che nelle forme dialettali più strette “ciaccolare”, forse per la fretta, diviene “ciacolar”, è liberissimo di prendersi tutte le C che avanzassero e farci dell’ottima insalata. 

Messaggio sociale


Che al mondo qualcosa vada o non vada, ci sono comunque i belli e i brutti. 
Quando qualcosa va bene, i meno belli scoprono che se sorride il cuore, tutto il mondo sorride. Così diventano belli e, quando qualcosa non va, se vogliono, possono diventare belli due volte, cioé ribelli.
Oggi le ribellioni non hanno più bisogno di armi, ma di coraggio sì. 
Chi non sa dove trovarlo può cercare accanto a sé, negli occhi delle persone o dei bambini che domani saranno grandi e cammineranno sulla terra che gli lasceremo.

NO alla geoingegneria a fini bellici, 
NO agli esperimenti climatici, 
NO alle scie chimiche che nascondono il sole, 
NO alle bombe nucleari nascoste in Italia, 
NO alla mafia, al servizio del governo.

Che questo NO scorra come vento su tutta la terra, che sia un SI' gridato con tutto il cuore, con tutte le forze, a tutta la vita che soffia leggera nel nostro bel mondo.




...DA COSA INIZIAMO?
LINK 1 
LINK 2




Due attaccabrighe


Un attaccapanni ed un battipanni, 
attaccarono a battere i panni, 
ma poiché i panni li avevano persi,
presero a batterne altri diversi.

Per un errore di trascrizione, 
scelsero Gianni, un gran dormiglione, 
che si sveglio per la bella battuta,
pur non essendogli molto piaciuta. 

Per migliorare un po' il suo umorismo, 
lo rimandarono a catechismo, 
così che imparasse dal bimbo Gesù, 
a ridere giusto un pochino di più.

Il buonumore ha poi ritrovato, 
ma é diventato molto ordinato, 
ed evitando qualunque scompiglio, 
quei due li ha messi nel ripostiglio.

A bagnomaria


Un giorno, mentre Maria faceva il bagno a bagnomaria, incontrò nella vasca Orlando, che ne stava orlando i bordi in vista di un concorso di bellezza per vasche da bagno. 
"Questa vasca non é una vasca, é una pentola!", obiettò Maria. 
"Quel coperchio non é un coperchio, é un pollo!", rispose Orlando che ne sapeva un coperchio più del diavolo. 
"Ma che diavolo di coperchio stai dicendo?" Riprese Maria un po' stizzita.
"Non é un coperchio, é una frase! Ma stando alla sua logica stringente mi sento di affermare che questa frase non é una frase, ma un parmigiano. 
Il parmigiano in realtà era lui, ma Maria non lo sapeva e fu una bella fortuna per Orlando, dato che ne era molto ghiotta. Il compenso convenne che la sua logica era effettivamente un po' stringente e forse per quello nella vasca (o nella pentola, o nella vascola, che é una vasca a tracolla, o nella pencola, che é una pentola da cui cola tutto) si stava un po' strettini. Decise così di compensare questo dato di fatto con una grande ampiezza di vedute, così da godersi appieno il bagnomaria mentre Orlando finiva con ogni cura la sua decorazione.