C’era una volta un presidente: gli presi un dente e mi prese
per deficiente. Un deficiente mi prese per lui e mi strinse la mano. La mano mi
prese i capelli ma poi allentò la presa. Per allentarla usò un cacciavite. Per
cacciarla, usò un fucile. Per fucile, usò un fagiolo e per fagiolo, usò un
fiore colto di lì a poco: un fiore che stava per diventare intelligentissimo.
La presa, tuttavia, era di posizione. La posizione,
tuttavia, era andata a fare in giro. Ne derivò una presa in giro che turbò
molto il presidente. Il presidente si rifugiò in macchina, la macchina si
rifugiò in garage e il garage si rifugiò in un seminterrato, con tanto che era
di cemento armato.
Si domanda: chi ha armato il cemento? Ce n’era davvero
bisogno? Un bisogno è un sogno doppio? Un doppio è un tipo di droga? La droga
la ha quel tipo in doppiopetto?
Tutte domande importanti, ma a colpire il presidente fu
quella del cemento armato. Gli dispiaceva disarmarlo, in fondo gli era affezionato... "In effetti chi si fiderebbe" pensava "a costruire un garage in cemento disarmato?"
Fortunatamente, insieme alla giustizia prevalse l’amore e, appena disarmato, il
cemento divenne uno spettacolare CEMENTO AMATO!
Il cemento amato era tanto diverso da quello grigio: era azzurro!
Tanto diverso da quello brutto: era bello! Tanto diverso da quello tetro: era
allegro! Brillava sorridente. Sul suo naso, al bisogno, crescevano dei fiori
freschi e sui suoi fiori, al bisogno, crescevano profumi melodiosi. E – ci
credereste? – c’era sempre bisogno di entrambi!