domenica 25 novembre 2012

Il volantonio



Un giorno, il signor Antonio stava distribuendo dei volantini nella sua città, che era Perugia.
Quello che c’era scritto sui volantini non lo possiamo dire adesso, ma era una cosa importante, a cui teneva, e li dava a ciascuno con il cuore.
Tanto che a un certo punto, proprio mentre stava per dare il duecentrentunesimo alla signora Pina, si ritrovò improvvisamente trasformato in un Volantonio!
Un volantonio è un Antonio volante: non un Antonio per guidare la macchina, ma proprio un Antonio che vola. Vola in mezzo al cielo, vola in cima al Duomo, vola nelle piazze e chi lo vede sorride e capisce.
Capisce il sorriso di Antonio, capisce il proprio e forse anche quello che Antonio voleva dire e magari non era neanche riuscito a scrivere.
Gira nel cielo Antonio, fa le capriole, guarda tutti con gli occhi dolci da cui piovono scintille che sono i suoi passi, i suoi volantini, i suoi “grazie”.
Vede da lontano il suo amico Otto, che mica sta per terra: è un Ottovolante! E allora come si fa a non fare un giro?
Così Antonio gira, gira in aria, gira nel cielo e gira sul marciapiedi. E ride.
Quando torna a casa la sera, dà un bacio alla moglie che gli chiede se è stanco. Antonio non tiene gli occhi aperti, è crollato sul letto eppure sta ancora volando, perché nessuna fatica è più dolce di fare ciò in cui si crede. 

sabato 24 novembre 2012

Le chiavi della savana


Filastrocca tutta gialla,
ho incontrato una sciacalla,
che passeggiando ha incontrato un leone
che camminava sul cornicione.

Gli chiede questa: “mio caro re,
ti sembra il posto più adatto a te?”
Rispose quello, un poco confuso:
“Alla savana ho trovato chiuso!

Senza le chiavi, giravo in centro
e mi si è chiusa la porta da dentro!
Così ora cerco, da qui su in alto,
di entrar da sopra con un bel salto.”

La filastrocca si è poi fatta viola
e chi ho incontrato tornando da scuola?
Proprio il leone, che è sì saltato
però è finito nel posto sbagliato:

da un falegname che taglia la legna
poi la consegna in pronta consegna,
e che tra un'asse e altrettante travi
porge al leone un mazzo di chiavi.

Non sono quelle della savana
(forse ne ha un paio la jena Guliana?)
ma sono quelle del buon sentimento
e quando arriva è un po’ più contento. 

venerdì 23 novembre 2012

Chi è stato?

Un giorno la maestra, scrivendo alla lavagna, sentì uno strano scroscio. 
Si girò é chiese "Chi é stato?" 
Subito l'Italia e la Francia alzarono la mano. La maestra però non era sicura che fossero state loro. Nella classe di terza, quella della maestra Giovannini, ricordava bene di aver sentito la piccola Asia che si vantava di essere continente, mentre il suo fratellino (per quanto non fosse poi così "ino"), a volte se la faceva ancora addosso! E in effetti, aprendo l'armadio dei gessetti colorati, trovò proprio il piccolo Nilo, nascosto lì da chissà quanto e che la salutava sorridendo!

mercoledì 21 novembre 2012

Il signor Soqualcosa de Nonsoché


Un giorno, il signor Nonsocosa si incontrò in cima al monte Altocosà con il signor Soqualcosa de Nonsoché.
Il signor Soqualcosa de Nonsoché  era un nobile, ma non ne ricordo il titolo. Il sottotitolo però suonava così: Sua Eccezione il Gran Dimenticatore di Corte, di Lunghe, di Cotte di Maglia e di Crude di Felpa, dal Lunedì al Mercoledì Chiamare Ore Pasti, Grazie.
Che volendo si poteva sintetizzare con la comoda sigla G.D.C.L.C.M.C.F.L.M.C.O.P.G., che tra l’altro corrisponde, in numeri romani, a una cifra che non verrà calcolata prima che il Sacro Romano Impero Germanico, con cui comunque il Signor Soqualcosa de Nonsoché non aveva già nulla a che fare, non venisse dimenticato del tutto.
(un signore di Piacenza, leggendo questa frase, mi fece i complimenti per le subordinate; così che, colto da crisi di coscienza, le assunsi tutte)

Dunque si incontrarono in cima a un monte e il dialogo che ne seguì fu il seguente (seguitelo bene, prima che vi semini, vi innaffi e vi guardi germogliare):

«Ha visto di là?»
«No! Però mi scusi, se anche avessi visto, cosa mi dovrebbe importare?»
«Non le dovrei importare nulla, ho chiuso da un pezzo con le importazioni. Una volta importavo pezzi di chiusa, con cui tappavano i fori delle dighe che si bucavano ...però se vuole le esporto dei calzini! Ne ha mica un paio che avanzano?»
«Ma si figuri: ne ho un paio che indietreggiano, pavidi che non sono altro! Le vanno bene lo stesso?»
«Purtroppo non è la mia taglia.»
«Lo spero bene! Cos’era, ricercato?»
«Ma no guardi che io sono uno molto alla mano. E lei?»
«Io sono molto all’orecchio: adoro bisbigliare, del resto le biglie mi affascinano da quando avevo cinque anni, che difatti ho barattato con un sacchetto di biglie e una tavoletta di marmellata.»
«Ma come una tavoletta di marmellata? Non era troppo molle?»
«Ma neanche per niente! Provi provi, non faccia il timido, la addenti!»
E il signor Soqualcosa de Nonsoché non fece il timido, provò provò, addentò e si fece una bella scorpacciata. 

martedì 20 novembre 2012

Lo sciacallo


Un giorno allo Scià di Persia venne un callo.
Un vero e proprio scia-callo, che guardacaso lo morse proprio sul callo.
Per morderlo sul callo, dovette mordersi da solo, un po’ come un cane che si morde la coda.
Ma lo sciacallo non era un cane e non aveva la coda, perché era solo un callo, anche se un callo dello Scià di Persia. E non aveva neanche i denti, dato che era solo un callo dello Scià di Persia.
Allora si fece crescere la coda, ma invece di farsi una treccia, la morse.
I denti se li fece prestare da nonno Pino, che tanto faceva la siesta e in quel momento non gli servivano.
Lo sciacallo fu molto pacificato, lo Scià di Persia assai meno, perché sentì parecchio male. In compenso un nuovo animale era nato, con grande festa della zoologia mondiale. 

Il paese del sì e del no


Un giorno il papà promise al piccolo Carletto che l’avrebbe portato al poligono.
Si trattava di fare un bel viaggio, che consisteva nell’attraversare quasi tutto il paese del Sì e del No, fino alla provincia di Volentieri. Partendo di buon’ora, arrivarono nel pomeriggio e visitarono uno splendido ottagono con tutte le facce colorate.
Lì dentro non c’era l’ombra di una pistola, ma non c’era neanche una pistola alla luce. Nel paese del Sì e del No, uno dei no è stato per tutte le armi. Alcune di esse sono diventati degli utensili, altre vivono soltanto nella memoria di alcuni vecchietti, un po’ pensierosi quando guardano per aria, più sorridenti quando appoggiano lo sguardo per terra e ci trovano i bambini che corrono.

Lo snonno


Papparapà è il papà
del papà del papà.
Il trisnonno è un tris di nonni,
tutti nello stesso piatto
e neanche uno con la dentiera.
Il bisnonno, invece, è tutt’altro che un bis di nonni:
è un doppio snonno.
Ma cos’è uno snonno?
Non lo so, ma un nonno non è. Difatti se glielo chiedi: «scusa tu sei un nonno?»
La risposta è «No no!»,
che a un occhio disattento potrebbe sembrare qualsiasi cosa, ma dato che lui l’ha pronunciato e mica scritto, anche un occhio attento non avrebbe aiutato di molto.
Abbiamo allora consultato il professor Professori, grande professionista di professioni, chiedendogli:
«Ci scusi, esimio...»
«Dica dica! »
«Ha mica visto uno snonno?»
«Ce n’era uno poco fa con una mamma. Appena la mamma è smammata, indovinate un cos’ha fatto lui?»