domenica 4 novembre 2012

Quanto (o quanti) contano i sogni?


Quanto conta un contadino?
Conta quanto l’imbianchino,

quanto il prete o l’affarista,
quanto il re o l’equilibrista.

Se chi conta chiude gli occhi,
conta mille e più balocchi,

sei cavalli e mille selle,
cinquecento pecorelle,

che salutano dal prato,
presto saltan lo steccato!  

Se le conti di preciso
sono mille e un paradiso,

Se le conti più di fino,  
sono mille e un sonnellino,

chi le conta, chiunque sia, 
con un sogno vola via! 

sabato 3 novembre 2012

Un ritardo di consegna


Nel mezzo del camin di nostra vita
trovai Babbo Natale che inveiva.
difatti era rimasto lì incastrato
con mille consegne in arretrato!

Dal tetto una miriade di folletti
saltavan sbattendo i copriletti
convinti che lo spostamento d’aria
potesse la cosa straordinaria

di liberare un vecchio ‘sì bonario,
e far volare i pacchi via in orario.
Chi non credeva allora si stupì,
perché finì che andò proprio così! 

giovedì 1 novembre 2012

Giocondino Scaldasonno


Celestino Scaldasonno
si traveste da suo nonno,
che però si è travestito
da cognato di un suo amico.

Il cognato gioca a palla,
e è vestito da farfalla,
la farfalla, per passione
si traveste da aquilone,

l’aquilone taglia il filo
perché vuole andare in giro,
quando incontra, in mezzo al cielo,
Giocondino, ma davvero?

Vola alto e vola basso,
niente ali, un vero spasso!
Vola proprio come il nonno
Celestino Scaldasonno.

mercoledì 31 ottobre 2012

Titolo a piacere


Avevo un amico, stava in collina
andava in discesa senza benzina,
a tracollina teneva i gioielli,
trenta li dava ai suoi 3 fratelli,

trenta e ritrenta, nel trentativo,
e diventato un tantino Giulivo,
che è nome proprio di lieta persona
e devo dire che proprio gli dona.

Cosa gli dona, non saprei dire,
ma ve lo dono per mille lire,
lire che suonano, arpe e chitarre,
suonano forte da dietro le sbarre.

Tutte le sbarre son fiori del prato
chi soffia forte è allegro e beato,
con un accento sarà un bea-tò
che dà a Beatrice un bel palettò. 

Mi palettò proprio un vigile urbano
perché gli facevo ciao con la mano,
con Manu ciao mi son messo a cantare,
con un manubrio provo a guidare,

guida e riguida, trovo il tuo nome,
fila in colonna, con precisione,
con precisione leggo e decanto
decanto tanto che poi mi vanto,

canto per dieci, e dieci son tante
per diventare un bel decantante,
e se l’armadio è un poco speciale,
con due cant-ante è assai musicale.

Musica tanto che non gli passa
ed è caduto nella melassa:
ossia una mela grassa abbastanza
da non restare dentro una stanza.

In questa stanza, allora vi invito,
con chi è arrivato e neanche partito,
perché il partito che vuol fondare
è il mondo intero, il cielo e anche il mare. 

I colori dei bambini


C’è una bimba gialla e bianca,
fa una sosta su una panca,
ma la panca è bianca e gialla
e diventa una farfalla.

Suo fratello è verde e rosso,
si è seduto in cima a un fosso,
ma quel fosso è rosso e verde,
e chi cade ci si perde,  

chi si perde è azzurro e blu
guardi bene e non c’è più,
tutto blu ma poi azzurro
è svanito in un sussurro.

Il sussurro era un sorriso,
per chi ha visto un fiordaliso
e dal fosso si è trovato
dentro il cielo blu stellato.


martedì 30 ottobre 2012

Si può fare?


Ce la faremo. E se ce la fa Remo, perché non dovremmo farcela noi?
Vi dirò di più: non solo ce la fa Remo, ma ce la fa anche Rina, e se c’è la farina ci si può fare del buon pane e mangiarlo intero o a fette.
Dopodiché magari scopriremo (ma chi è che ha coperto Remo? E sì che ce l’aveva anche fatta!) che il pane che aveva fatto Rina, e che noi ci siamo mangiati di gusto, era in realtà un panegirico.
Assimilato quello, potremo prendere coi nostri cuori forti le posizioni dei mari, dei monti, dei fiumi freschi che irrompono sulla terra e di una terra di cui DOBBIAMO tornare a prenderci cura. Si può fare? La risposta è alla prima riga. 

lunedì 29 ottobre 2012

Il magone



Erika e Simone, fratelli per la pelle, del tutto indifferenti alla pelle che li affratellava (ovviamente questo vale per Simone: nel caso di Erika li assorellava), litigavano. Litigavano alla sera, alla mattina e anche a mezzogiorno. Litigavano di sotto, di sopra e anche a metà. Litigavano in tutte le lingue e in tutte le stagioni. Litigavano persino per chi doveva iniziare a litigare:
“Oggi tocca prima a me!” sbottava Erika con violenza, mentre la mamma ascoltava sospirando dalla finestra.
“Col cavolo!” gridava Simone, sostenendo che, siccome Erika il cavolo non ce l’aveva, spettasse a lui iniziare a litigare (stando a questo criterio, la mamma annotò che gli agricoltori dovevano essere litigiosissimi).
Un giorno, tuttavia, la situazione cambiò di colpo. Tutto accadde per un fattore inspiegabile: nessuno, difatti, avrebbe saputo spiegarsi cosa ci facesse un fattore della fattoria lì in piedi, in mezzo al giardino, a guardare con tanta dolcezza sia Simone che la sorellina Erika.
Eppure era lì. Colpiti da uno sguardo così buono e denso di interrogativi, i due fratellini smisero per un attimo di accapigliarsi e si guardarono in silenzio, sentendo arrivare il magone.
Il magone, un mago sorridente di due metri e trentuno, si sedette con la testa verso l’alto proprio di fianco al fattore e la magia che fece dev’essere stata gigante, perché da quel momento in poi Erika e Simone smisero di litigare.
Un mago suo amico, tempo dopo, gli chiese se avesse brevettato l’incantesimo della pace che aveva usato per i due fratellini.
Il magone proruppe con una bella risata e rispose: “Amico mio, la pace è di per sé una magia, ma richiede di fermarsi per qualche momento ad ascoltare il cuore. Erika e Simone non litigano più perché si vogliono bene!”