C’erano una volta tre bambini; il primo si chiamava Rino, il
secondo Marino, il terzo Rosmarino.
Camminavano insieme per il bosco quando, indecisi se andare
a destra o a sinistra, decisero di proseguire diritti, dove guardacaso c'era una
bella strada.
Ma non appena fecero per poggiare il primo passo, si
accorsero tutto in un colpo che quella innanzi a loro non era per niente una
strada!
Una cosa in comune, a dir la verità ce l'aveva: se
ne stava beatamente lì sul prato che pareva fosse ferma da 100 anni. Beatamente, si capisce, prima che Rino le
calpestasse il ginocchio, Marino il malleolo e Rosmarino, fortunatamente, soltanto
le stringhe della scarpa.
I tre fecero così la conoscenza della signorina STRA-ADA.
UNA ZIA NON COMUNE
Ora quindi dovrò spendere due parole per spiegarvi la storia
di Ada, la generosa zia di Luca, Oscar e Peppino (tra l’altro, compagni di
scuola dei primi tre) che alcune cose non le sapeva fare, ma altre, ne sapeva
fare di formidabili.
Per esempio: non sapeva giocare a rimpiattino, ma sapeva fare
un verso strano con la faccia che faceva sbocciare il fiori.
Non sapeva pulire né i vetri, né sbattere le lenzuola, né fare
gli scioglilingua (ci provò molto spesso da ragazza ma, per quanto li
ripetesse, la lingua non si scioglieva mai); però sapeva saltare dieci volte
più di un albero, gli uccellini si posavano sulla sua testa e tante volte le
lasciavano delle uova in custodia. Erano uova d’oro, ma lei le restituiva sempre
fino all’ultimo guscino, e non immaginereste che meravigliosi passerotti ne
nascevano.
Ancora: non ricordava mai una e dico una data di compleanno;
in compenso il suo compleanno era tutti i giorni e per festeggiarlo, aveva l’usanza
di fare dei regali agli altri.
“Ma Ada, non è il suo di compleanno?” si stupiva talvolta il
droghiere quando gli raccomandava di tenere il resto della spesa.
“Via via, non lo sa che compio gli anni tutti i giorni?”,
rispondeva Ada, “Se fossi io a ricevere i regali, dove mai pensa che potrei tenerli?”
Stando ai suoi compleanni, Ada aveva Tredicimiladuecentotrentacinquecentoventiquattromila e un
anno, ma io vi garantisco che non ne dimostrava più di 31 (e già per dimostrare
quelli non vi dico che calcoli doveva fare).
In totale, poiché Luca, ma soprattutto Oscar, ma ancor di
più Peppino, la consideravano una strasupermegafantazia, e non una strasupermegafantazia
quasiasi, ma una strasupermegafantazia Ada, per andare incontro proprio a Peppino, che
era piccolo piccolo e a strento biascicava un trisillabo, venne chiamata Zia Stra-Ada – Stra-Ada e basta, per quelli di cui non era zia; e io vi
garantisco che non era zia né di Rino, né di Marino né tantomeno di Rosmarino.
Benissimo. Ma cosa ci faceva StraAda lì per terra a farsi
schiacciare il malleoli?
Capirete da voi che non era quella la sua idea, all’inizio. Cosa
avreste fatto al suo posto in un bel boschetto, sul prato, tra la luce e l’ombra,
in uno splendido pomeriggio primaverile? StraAda stava facendo un riposino (all’inizio,
per la verità, aveva cercato di schiacciare un pisolino, ma aveva sbagliato
mira e il pisolino era fuggito via dritto filato)!
Inutile dire che i tre piccoli la svegliarono tutta d'un colpo, difatti tirò un urletto mica da ridere.
E a quel punto?
Rino prese a ridere per lo spavento,
Marino finì in un
cespuglio per il vento,
Rosmarino disse solo “Tò!” e porse a StraAda una caramella.
“Grazie, piccolo!”, disse Straada massaggiandosi la stringa
della scarpa, “ma non posso proprio accettare!”
E prese a cantare una canzone per spiegare a tre bambini, ma soprattutto a Rosmarino, che aveva il naso tondo con la punta rossa
rossa, che oggi era un giorno speciale per lei: tra poche ore sarebbe stato il
suo compleanno e doveva assolutamente fare un regalo a qualcuno!
Così i tre fanciulli si videro regalare nientemeno che una STRADA gialla gialla. Marino, sulle prime, porse la mano per mettersela in tasca e farla
vedere alla mamma prima che si impolveasse, ma era tardi: la cara StraAda l’aveva
già appoggiata per loro già da molto tempo, e i tre non poterono che seguirla correndo.
Corsero tanto che alla fine raggiunsero un paese incantato, dove tutto era
sempre nuovo, e ogni colore una festa, e ogni sorriso una scoperta, e a loro
sembrava un sogno fantastico, ma non era che la vita.