sabato 31 marzo 2012

il filobus


Un giorno, un filobus ebbe un inavvertito scontro con un AGOBUS, che se ne passava tutto puntuto sulla stessa traiettoria e non saprei dire perché.
I passeggeri dell’agobus, che se ne stavano stretti stretti sui sedili, sussultarono, mentre quelli del filobus, sussultarono anche loro. Fortunatamente, fu più lo spavento che altro: non ci furono feriti veri e propri, anche se un paio furono gravemente spettinati e a Luca cadde di mano la bottiglietta di plastica, proprio mentre stava per bere. 
Invece dallo scontro nacquero una serie di SCIARPEBUS, GIACCHETTEBUS e tanti altri INDUMENTIBUS che abbandonarono quasi subito la strada e si avventurarono in giro per il mondo, anche lontano lontano, ovunque qualcuno avesse bisogno di loro; ad esempio in quegli inverni molto freddi, dove alcune persone non hanno proprio nulla da indossare per scaldarsi.

venerdì 30 marzo 2012

imputare è lecito, assolvere è cortesia


Un giorno, a causa del brusco contraccolpo di una buca, il tribunale mobile di Milano e Tre Quarti, proclamò una sentenza alquanto originale: un tale che stava venendo assolto “per non aver commesso il fatto” si ritrovò assolto “per non aver fatto il commesso”.
“Che motivazione è?” si chiesero i primi.
“Che motivazione non è?”, chiesero i secondi ai primi e anche ad altri.
Soprattutto, l’ordine dei commessi fu molto risentito e per farsi perdonare il Tribunale mobile di Milano e Tre Quarti, dovette assolvere dieci di commessi di seguito, imputati per crimini minori.
Assolti quelli, il tribunale ci prese la mano e si iniziarono ad assolvere arrotini, architetti, lustrascarpe, professori di filosofia e filosofi di professione.
Forse per non rischiare di fare torto a qualcun’altro, forse per via della strada generosa di contraccolpi, le assoluzioni da quel giorno divennero così frequenti che i più insigni professori di legge si risolsero definitivamente a inguainare le penne d’oro e trasferirsi giù al parco a mangiare un gelato. I gusti erano: fragola, uvetta e frutta candita.

la casa del dito


Tra l’incudine e il martello,
soggiornare non è bello,
e perciò il mio amico dito,
in un attimo è sparito.

Prima stava, non vi dico,
tra una moglie e suo marito,
ma anche lì ha tolto le tende,
per decenza, lo si intende.

Si è trovato in una piaga,
ma girarsi non lo appaga:
sai che gran divertimento,
tormentar chi è già scontento!

Ora versa, senza casa,
tra la mia ed un’altra strada,
indicando a chi lo chiede,
quanto di più bello vede.

giovedì 29 marzo 2012

un piccolo a-ggiornamento


Mi ricordo l'altro giorno,
è stato giorno per tutto il giorno,

giorno per giorno si andava intorno
dalla mattina a mezzogiorno.

Passato il giorno, un altro giorno,
andavo col primo, con questo ritorno.

E andata e ritorno, se si ha pazienza,
portano sempre a una nuova partenza.

mercoledì 28 marzo 2012

l’ora dei salute


Volevo solo dirvi una cosa,
ma ve la dico alle nove e qualcosa.

Era una cosa che neanche so,
ma ve la dico alle nove e un po’.

Una cosina, mica un gran vanto,
però la dico alle nove e tanto. 

Quando la dico non ve la canto,
“Eccì!” “Salute!” “Grazie, altrettanto!”

invenzioni per le rime


Senza neanche accorgermi, stavo iniziando ad inventare la storia di un ricciolo di mare e di una scarpa di acqua dolce, due ragazzi che hanno tanto da dirsi e che probabilmente si incontreranno alla foce di un grande fiume d’argento.
Tuttavia mi sono accorto di colpo che troppo poche parole fanno rima con DOLCE.
Fortuna che, quando è successo, mi trovavo a passeggio coll’ingegner Dicapresto Unaparola, che me ne ha inventate su due piedi una bella decina! 
Ad esempio:

Per il prato com’è dolce
se a tagliarlo c’è una FOLCE. 
(una folce, infatti, di sicuro non taglia il grano, al limite gli da una bella pettinata)

Proseguendo nel bosco, mi ha poi parlato dell’OLCE, le cui corna sono di rara bellezza, ma solo di bellezza: infatti non vengono mai, dico mai, impegnate in un combattimento!
Quell’olce, tra l’altro, ha fatto amicizia con una tigre FEROLCE, che un pochino feroce lo è ancora, ma molto meno del solito.
Sopra di loro si intravede una VOLCE, una volpona così soave e vellutata che riesce persino a volare e la sua bella coda la usa come timone.
E ancora:
Tecnologia: nei grandi laboratori, per evitare che qualcuno possa farsi male, gli acidi più letali sono stati convertiti in ACIDOLCI.
Geopolitica: i FEUDOLCI sono quelle terre che i feudatari hanno regalato ai braccianti, e che sono diventate così fertili che ora si possono persino mangiare e sono buonissime.
Aggettivi: GELIDOLCE si può dire quando il freddo è incredibile, ma lo si sopporta volentieri per un motivo importante, come insegnare a Luchino a pattinare anche se siamo a meno 10, ma lui ci tiene così tanto e poi gliel’avevi promesso!
RITARDOLCI, che non sono dei ritardati affettuosi quanto piuttosto quei ritardi pieni di brividini, di cui gli innamorati a volte neanche si accorgono, impegnati come sono a sistemarsi i capelli intanto che attendono la loro bella. A dirla tutta, più che ai capelli dovrebbero stare attenti alla linea: ultimamente hanno preso un po’ di peso! Poco male, ecco inventata una FOLPA!
“E che cos’è?”
“Una felpa dolce, no?”
“ma Dicapresto, è tutto sbagliato! Forse intendevi una FOLCE?”
Un’altra? E va bene, ma attenti a non confonderla con quella da giardino.
Così ci siamo messi a terra a disegnare una FOLCE di stoffa azzurra e bianca, che serve ad assecondare anche le forme degli adulti più abbondanti e rivelarne l’infinita bellezza.
Siamo a 10?
“in punto!”
Allora al collaudo:

Un ricciolo di mare e una scarpa di acqua dolce,
si trovarono vicini proprio al centro di una folce.

“Come una FOLCE?”
"Sì sì, una foce dolce! Hai visto? Ne abbiamo inventata un’altra!"
“Ma non ci confonderemo?”
"Tutto lo fa pensare. Come continuiamo? Ah sì sì, così:"

Purtroppo si confusero per via di una locusta:
la folce in cui nuotavano, non era quella giusta!
Su una felpa di stoffa, se non altro bonaria,
si trovarono insieme, con la testa per aria.
Era un’aria cantata da una grassa cognata,
che vestiva la folpa senza sensi di colpa.
Data l’interruzione, che comunque fu dolce,
li guardò la signora, con lo sguardo ferolce.
Nel frattempo c’è un alce, che su un muro di calce
fa amicizia con l’olce, di colore agrodolce.

“O acidolce, per chi ama i sapori fortissimi!”
"Ok ok, ma ora la fine:"

Un consiglio dal cielo, gli arrivò dalla VOLCE,
che scoprì all’orizzonte, un gioso feudolce.
Tutti insieme ridendo fanno festa a palate,
per il giorno di sole e le rime inventate.


NOTA: le parole inventate sembravano 10 e invece forse sono 9, e questo perché l’ingegner Dicapresto è bravo con le lettere, mica con i numeri. Per rimediare, inventate subito la parola mancante e applicatela in un punto a piacere dello schermo. Volendo potete anche tenerla in tasca e lasciarla correre in volo appena fa un po’ di brezza. 

martedì 27 marzo 2012

a chiamarsi così


Avevo uno zio, si chiamava Così,
di umore stava così così,
diceva no ma più spesso sì
e ogni mattina intonava “buondì!”.

Aveva un collega dal nome Uguale,
dal portamento molto regale,
andava in moto senza un fanale,
vedeva il bene anche dove c’è il male.

Di cognome facevano entrambi "A Rossi" (erano romani) e, se li mettevi uno fila all'altro, erano Così Uguale A Rossi che il signor Rossi, che era già rosso per la vergogna e non si capisce perché, diventò tutto Gialli e cambiò paese.
Nel paese di fianco, conobbe un tipo che somigliava molto ai primi due, anzi era proprio uguale: Uguale Spiaccicato, per gli amici Spiaccicato Uguale.
Un simile cognome (o forse nome, come vi piace di più), che non voleva richiamare nulla più di un cordiale senso di somiglianza, si è rivelato nel tempo non esente da pericolose controindicazioni.
E infatti si sono appena spiaccicati:
il gelato per terra,
una banana nella cartella,
metà merenda dentro il gelato
e mezza cartella nel cioccolato (ce n’è un mare qui per terra, dove la cartella è appena caduta, e i bambini ci navigano come veri esperti).

In ogni caso, poteva andar peggio. Pensate solo se fosse stato Uguale Spiaccicato a Nonno Rinonno,
che aveva dieci, quindici e venti
denti da latte corrispondenti,
un naso girato a forma di mela
e canticchiava una tiritera.

Ma Spiaccicato Uguale sarebbe stato anche dopo un maestoso volo orizzontale senza uno straccio di ala o con un’ala di stracci, o anche stracciando un’ala, alando uno straccio, stralando un accio, acciando uno strale e via dicendo. 
Questo esempio in particolare lo turbò molto e lo convinse a cambiare il suo cognome (o il nome, è Uguale) in Caduto Impiedi, così da potersi cimentare in tutta tranquillità in qualunque sconsiderato esperimento aviatorio.