martedì 11 settembre 2012

il fiorilegge


Parlando con Gino, si diceva così:

«Ho portato la macchina dal carrozziere.»
«E hai sbagliato tutto. Io avevo un amico che ha portato la carrozza dal macchiniere e non ti dico come sono finiti i cavalli.»
«Come sono finiti?»
«Non lo so, per questo che non te lo dico. Forse non sono neanche finiti, dev'essercene ancora uno o due. Vuoi favorire?»
«Favorire quale?»
«Non saprei, il tuo preferito, o anche l’altro, per non farlo sentire da meno.»
«E il macchiniere?»
«Dimenticalo. Cosa ne dici di un macchinista?»
«Non vorrei macchiarlo, metti che sia permaloso.»
«Potresti portargli dei fiori. Se però non ti fidi del fiorista e non ti fidi del fioraio e preferisci rivolgerti a delle donne (magari ti ispirano più fiducia), ti restano solo le fioriere.»

E mentre l’idea della fioriera fioriva nella mia testa, incontrai nientemeno che un FIORILEGGE, che colse tutti i fiori del circondario, me li mise in mano, mi spinse dalla Greta, proprio quella da cui mi vergognavo ad andare, suonò il campanello e, quando lei scese, il mio cuore volò tanto lontano che per trovarlo dovette levarsi in volo anche lei. 

...senza mai respirare!


Adesso basta, mi ha detto Pierino,
mi sembra sia sera, tra poco, mattino,
non posso aspettare degli altri pensieri,
non voglio aspettare che oggi sia ieri,
la mano di porgo felice e beata,
la mano che accoglie, la mano fatata,
nel mondo è finita, non si può fermare,
milioni di teste potrà accarezzare,
teste di bambini, di adulti sbadati,
che l’hanno perduta, ma poi l’han trovata,
le mille carezze lavoran dal cuore,
portando alla luce qualunque colore,
se rime e inflazione non vanno d’accordo,
ripetilo ancora così me lo scordo.
Non voglio pensare alle facce infelici,
ma ad altre carezze, per renderli amici.
Non voglio pensare ad un flusso che è fermo,
non voglio pensare ad un colle che è ermo,
non voglio le gobbe, non voglio chinarmi,
ma quando arrivate passate a chiamarmi,
c’è il mondo là fuori, di soste e colori,
di foglie e incertezze,
di tante stranezze,
milioni di foglie ed un ramo attaccato,
milioni di sguardi per un solo prato,
milioni di cuori per un sole solo,
e un raggio infinito per me sia per loro,
sia loro il sorriso, le lacrime e il pianto,
sia loro la luce di vita soltanto,
sia tutta la terra un’enorme regina
ed ogni secondo una nuova mattina. 

giovedì 6 settembre 2012

Nicoletto sugli allora

C'era un tale che amava adagiarsi sugli allora.
«Nicoletto, guarda che hai il piede tutto storto!»
«E allora?» 
e ruzzolava rompendosi una gamba.
«Nicoletto, la tua casa è volata via!!»
«E allora?» 
rispondeva imperterrito, andandosene al bar a giocare alla briscola.
Una volta arrivò al paese un signore tutto sporco, malandato e che non aveva i soldi neanche x comprarsi un ghiacciolo. Nicoletto lo portò a casa (si levarono in volo, dato che, ormai da qualche riga, la sua casa volteggia a mezz'aria), lo lavò, lo pettinò con la riga di lato e gli comprò persino il ghiacciolo.
La gente gli diceva: «Nicoletto, sei diventato matto, non sai neanche chi sia. E se ti desse un colpo in testa e si rubasse la tua bella casa attaccandola al filo di un aquilone?
E Nicoletto rimaneva zitto, perché certe domande non meritano per risposta neanche un "allora".


mercoledì 5 settembre 2012

un mio amico (né un nemico, né un batuffolo di cotone)


Avevo un amico che si chiamava Carlo,
e quando si chiamava Carlo, non si chiamava Carmelo, né Jonathan, né Adalgisio.
Però aveva le dita sottili, gli occhi azzurri e i capelli tutti sopra la testa.
Quando aveva i capelli sopra la testa, nessuno glieli aveva strappati giocando a fare la lotta.
Carlo non amava giocare alla lotta, ma era un gran lottatore,
e quando lottava non era perché gli avevano tirato i capelli, perché era inciampato o perché era quasi mezzogiorno.
Lottava quando teneva a qualcosa.
Quando teneva a qualcosa, magari teneva anche a qualcos’altro, ma la prima cosa non se la dimenticava mai, e andava avanti a lottare finché non aveva ottenuto quel che per lui era giusto.
Intanto i fiori sbocciavano, e quando sbocciavano non erano mai appassiti.
Il sole rideva perché, delicatamente, aveva spostato le nuvole e era venuto a visitare la terra.

ormeggiando Arturo


Un ormeggio di formaggio,
che sia in giugno oppure in maggio,
non è un posto assai sicuro
per farci sostare Arturo.

Così Arturo l’ho spostato,
con la nave sono salpato,
e il formaggio che ho ormeggiato
per la fame l’ho mangiato. 

lunedì 3 settembre 2012

torno per tantare


Tanto per tornare
o torno per tantare,
e se non tanto, almeno ci tento.
Mi sono allenato alle prove di tanto,
ero per gioco alle prove di poco,
non mi han convinto, le ho viste smunte,
c’eran due mucche e passando le ho munte,
c’era una vespa e per sbaglio le ha punte,
ma era divieto e si è presa due multe.
Era un divieto che in centro a Forlì,
diceva proprio ma proprio così:
vietato punger le mucche da latte,
vietato vietare o diventano matte. 

tanto per tornare


Queste righe sono poche
per parlare delle oche
che starnazzano di giorno,
di sicuro non ci torno.

Torno dove?
Che ne so?
Fiori piove!
E invece no!

Fuori luccica la pioggia,
chi ha un ombrello se lo sfoggia,
chi ha il cappuccio se lo beve,
se si scioglie non dà neve,

da soltanto del caffè,
parapiri parapè
aggrappato al parapetto,
vedo il sole sotto il letto,

questo sole sta nell’aria,
dice la mia amica Daria,
questo sole si respira,
sta nel cuore di chi ammira.

Cosa ammira? Me lo chiedi?
Forse il cielo, forse i piedi?
Se anche piove, sulla roccia
brilla il sole in ogni goccia.