mercoledì 29 maggio 2013

Un reame così

Camminavo così dritto
che confusi col soffitto
un bicchiere di geranio,
un gomitolo di uranio,

una corsa, due gemelle,
sei risate a crepapelle.
Sei risate? No, Roberto,  
il padrone del deserto,

un deserto che è un reame
dove non c’è sete e fame,
ma di fiori è rifiorito
e la terra ha rivestito.

domenica 26 maggio 2013

La pre-diletta

Sulle labbra di Diletta,
ci ho appoggiato una polpetta,
però lei non l'ha mangiata
(preferiva la frittata).

La frittata ho preparato,
ma l'ho fatta col gelato,
così buono che Diletta,
mi ha poi chiesto la ricetta!

lunedì 20 maggio 2013

Guerriglia domestica


Se te ne dico quattro
me ne rispondi otto,
sollevo un cucchiaino,
tu mi lanci il risotto.

Ti tiro uno schiaffetto,
eccoti col bastone,
io prendo un battipanni,
tu carichi un cannone.

E allora sai che faccio,
caro il mio peperino?
Procederò al disarmo
donandoti un bacino!

I vati di apruglio


I vati erano molto colti. Erano colti vati. Coltivati a maggese anche se era giugno, i vati vennero tuttavia colti solo in apruglio, un mese che si ottiene mettendo luglio su un foglio col bene che ti voglio, aprendolo bene, giacché aprendolo male si otterrebbe il mese di chiudiglielo che tanto vale, infine cogliendo dei frutti particolari che crescono solo in questo mese, le aprugne, che non sono ovviamente prugne e, per quel che né so io, potrebbero non essere qualunque altra cosa. Necessario alla maturazione di questi frutti ignoti, è un bel clima soleggiato e infatti, nel mese di apruglio, c’è un sole allegro finché non si irrita, allora c’è un sole irritato, ma comunque c’è il sole e dunque i frutti maturano. Il mese di apruglio è ovviamente abitato, come tutti gli altri mesi, a seconda del luogo in cui ci si trova. L’ultima volta, per dire, ci incontrai un tizio che masticava bene il francese. Ne discese che una barzelletta con un inglese, un francese e un italiano prese velocemente toni drammatici non solo per il francese (che odiava essere ben masticato), ma anche per gli altri che venivano masticati male.
Fortunatamente, quel signore fu colto da un attacco di distrazione. In apruglio, anziché gli attacchi della corrente, si incontravano sovente degli attacchi di distrazione. Chi l’aveva finita, ci attaccava la spina e da lì in poi si distraeva tantissimo. Chi aveva finito la spina, anziché bersi una birra si cercava una rosa e se la rosa era senza spine, intuiva che ci fosse un inganno e diveniva sospettoso. Faceva bene: immaginatevi di essere lì tranquilli, magari pregustando di masticare, nel bene o nel male, un francese o un tedesco, e che un attacco di distrazione, che dovrebbe essere lì per servizio, si animi invece improvvisamente e decida di cogliervi. Dico: mi avete preso per un fiore?
La situazione poi si sarebbe certamente con-fusa ulteriormente, come sobillava un gatto che con-fusa e miagolii otteneva grandi risultati, ad esempio delle equazioni differenziali, o di altre differenti o di altre ancora, invece, indifferenti, che sono così irritanti che nessuno le calcola più da tempo. “Perché nessuno ci calcola?” piangono le poverette. Amiche mie, provate a cambiare atteggiamento!
Si diceva, in ogni caso, che le vicende di questo soleggiato apruglio non si confusero ulteriormente perché i vati maturarono improvvisamente e, se già prima erano colti, immaginatevi adesso che erano anche maturi! Tanta saggezza non poté tuttavia obliare il fatto che i vati, appena colti, furono colti da un pensiero ricorrente. Questo pensiero ricorrente, per stare nel presente, divenne il loro pensiero corrente: corrente che finì negli attacchi di distrazione al posto della distrazione, mandando il tilt il sistema. Per un errore di trascrizione il tilt del sistema divenne poi un kilt, e non vi dico cosa accadde quando, poco dopo, ci fu un colpo di vento. Ma vento o non vento, il sistema era compromesso e quindi si dovette sposare. Non sapendo chi dovesse sposare, si andò ai voti e almeno tre persone, di diverse nazionalità, indicarono il terribile masticatore aprugnano. Così il masticatore, perso nelle gioie del matrimonio, non masticò più nessuno per lungo tempo, neppure i vati che pure erano colti e maturi. Per festeggiare si mangiarono invece delle aprugne, il cui sapore vi suggerisco di immaginare non come un ananas e neanche come un biscotto.
Tutto questo accadeva nel soleggiato apruglio di un anno che non era l’uno, non il 19, ma fu confermato alla prova del nove.

martedì 14 maggio 2013

Tutto iniziò con un disco-orsetto...


Ho ascoltato un discorsetto,
ma era un disco su un orsetto.
Un orsetto sopra un disco
ha il sapore di asterisco.

L’asterisco è prelibato,
e ha sapore di cognato,
ha sapore di sorella,
retrogusto: caramella.

Caramella sopra un disco,
Tarantella? Preferisco!
Rivoltella? Riverisco
...o piuttosto me ne infischio!

Non conosco la paura,
se ci hai messo la sicura,
la "sicura" è zia Rosina:
è sicura se è in cantina

(cascherina quale era,
perde sempre la dentiera,
ma in cantina – e qui lo spasso –
non può più andare più in basso).

Così su un’arma da fuoco,
– dimmi se ti sembra un gioco –
ci hai piazzato zia Rosina
che versava in Palestina.

Così su un’arma da acqua,
Zia Rosina ci si sciacqua,
beve, però sta a digiuno,
salutando un orso bruno.

E se bruno era l’orsetto,
era quello del dischetto,
che ha girato col pretesto
di creare questo testo.

venerdì 10 maggio 2013

La cicogna

Conoscevo una cicogna,
del ducato di Borgogna,
passeggiava per la Francia,
controllandoti la pancia.

Quando le sembrava bella,
ci posava su una stella,
che cresceva in un momento
come tutto il firmamento,

che cresceva in un secondo,
quanto il sole che è nel mondo,
un secondo e trentatré
e ecco il cuore di un bebè! 

mercoledì 8 maggio 2013

Una nota-comune


Conoscevo una cicogna
abitante di Bologna.

Il suo amico è il pellicano,
ubicato su Milano

e saluta un cardellino
del comune di Torino.

Li ha invitato un colibrì
delle parti di Forlì,

in vacanza da un pavone,
che ha una casa giù a Riccione

su una fune vista mare,
da cui si può cinguettare,

dove ognuno porterà
note della sua città!