mercoledì 21 novembre 2012

Il signor Soqualcosa de Nonsoché


Un giorno, il signor Nonsocosa si incontrò in cima al monte Altocosà con il signor Soqualcosa de Nonsoché.
Il signor Soqualcosa de Nonsoché  era un nobile, ma non ne ricordo il titolo. Il sottotitolo però suonava così: Sua Eccezione il Gran Dimenticatore di Corte, di Lunghe, di Cotte di Maglia e di Crude di Felpa, dal Lunedì al Mercoledì Chiamare Ore Pasti, Grazie.
Che volendo si poteva sintetizzare con la comoda sigla G.D.C.L.C.M.C.F.L.M.C.O.P.G., che tra l’altro corrisponde, in numeri romani, a una cifra che non verrà calcolata prima che il Sacro Romano Impero Germanico, con cui comunque il Signor Soqualcosa de Nonsoché non aveva già nulla a che fare, non venisse dimenticato del tutto.
(un signore di Piacenza, leggendo questa frase, mi fece i complimenti per le subordinate; così che, colto da crisi di coscienza, le assunsi tutte)

Dunque si incontrarono in cima a un monte e il dialogo che ne seguì fu il seguente (seguitelo bene, prima che vi semini, vi innaffi e vi guardi germogliare):

«Ha visto di là?»
«No! Però mi scusi, se anche avessi visto, cosa mi dovrebbe importare?»
«Non le dovrei importare nulla, ho chiuso da un pezzo con le importazioni. Una volta importavo pezzi di chiusa, con cui tappavano i fori delle dighe che si bucavano ...però se vuole le esporto dei calzini! Ne ha mica un paio che avanzano?»
«Ma si figuri: ne ho un paio che indietreggiano, pavidi che non sono altro! Le vanno bene lo stesso?»
«Purtroppo non è la mia taglia.»
«Lo spero bene! Cos’era, ricercato?»
«Ma no guardi che io sono uno molto alla mano. E lei?»
«Io sono molto all’orecchio: adoro bisbigliare, del resto le biglie mi affascinano da quando avevo cinque anni, che difatti ho barattato con un sacchetto di biglie e una tavoletta di marmellata.»
«Ma come una tavoletta di marmellata? Non era troppo molle?»
«Ma neanche per niente! Provi provi, non faccia il timido, la addenti!»
E il signor Soqualcosa de Nonsoché non fece il timido, provò provò, addentò e si fece una bella scorpacciata. 

martedì 20 novembre 2012

Lo sciacallo


Un giorno allo Scià di Persia venne un callo.
Un vero e proprio scia-callo, che guardacaso lo morse proprio sul callo.
Per morderlo sul callo, dovette mordersi da solo, un po’ come un cane che si morde la coda.
Ma lo sciacallo non era un cane e non aveva la coda, perché era solo un callo, anche se un callo dello Scià di Persia. E non aveva neanche i denti, dato che era solo un callo dello Scià di Persia.
Allora si fece crescere la coda, ma invece di farsi una treccia, la morse.
I denti se li fece prestare da nonno Pino, che tanto faceva la siesta e in quel momento non gli servivano.
Lo sciacallo fu molto pacificato, lo Scià di Persia assai meno, perché sentì parecchio male. In compenso un nuovo animale era nato, con grande festa della zoologia mondiale. 

Il paese del sì e del no


Un giorno il papà promise al piccolo Carletto che l’avrebbe portato al poligono.
Si trattava di fare un bel viaggio, che consisteva nell’attraversare quasi tutto il paese del Sì e del No, fino alla provincia di Volentieri. Partendo di buon’ora, arrivarono nel pomeriggio e visitarono uno splendido ottagono con tutte le facce colorate.
Lì dentro non c’era l’ombra di una pistola, ma non c’era neanche una pistola alla luce. Nel paese del Sì e del No, uno dei no è stato per tutte le armi. Alcune di esse sono diventati degli utensili, altre vivono soltanto nella memoria di alcuni vecchietti, un po’ pensierosi quando guardano per aria, più sorridenti quando appoggiano lo sguardo per terra e ci trovano i bambini che corrono.

Lo snonno


Papparapà è il papà
del papà del papà.
Il trisnonno è un tris di nonni,
tutti nello stesso piatto
e neanche uno con la dentiera.
Il bisnonno, invece, è tutt’altro che un bis di nonni:
è un doppio snonno.
Ma cos’è uno snonno?
Non lo so, ma un nonno non è. Difatti se glielo chiedi: «scusa tu sei un nonno?»
La risposta è «No no!»,
che a un occhio disattento potrebbe sembrare qualsiasi cosa, ma dato che lui l’ha pronunciato e mica scritto, anche un occhio attento non avrebbe aiutato di molto.
Abbiamo allora consultato il professor Professori, grande professionista di professioni, chiedendogli:
«Ci scusi, esimio...»
«Dica dica! »
«Ha mica visto uno snonno?»
«Ce n’era uno poco fa con una mamma. Appena la mamma è smammata, indovinate un cos’ha fatto lui?»




lunedì 19 novembre 2012

Una storia piripicchia


Una storia piripicchia,
che di nome fa Accipicchia,
di cognome fa accidenti
e difatti picchia i denti! 

Per pagarcisi il dentista,
di orologi fa una lista:
6 cucù alla prima rata,
è così si è cu-curata!






Purtroppo, nella foga di curarsi, la storia piripicchia è divenuta un po' balbuziente. Fortuna che per l'altro po' invece no. 

domenica 18 novembre 2012

La musica idraulica


Luigi era un idraulico che voleva fare il musicista, solo che non sapeva suonare un tubo. Però ci si mise di impegno e, col tempo, imparò a suonare tutti i tubi, anche quelli dei lavandini, delle docce e persino quelli giganteschi degli acquedotti comunali.
Era così contento della sua nuova arte che insegnò al suo amico meccanico a suonare i tubi di scappamento (quando le macchine erano spente) e questi ci passava delle belle pause pranzo, facendo tintinnare l’officina di musiche leggere che facevano girare i passanti. Gli altri meccanici si riempivano il petto e raccontavano ai clienti della musica dei motori, dicendo che solo in pochi potevano capirla.
Un giorno il nostro idraulico passeggiava zufolando con un tubetto di dentifricio (abbiamo detto che i tubi li sapeva suonare proprio tutti, soprattutto quelli dei bagni) e rivide per caso un suo vecchio amico di infanzia. Scoprì così che questi era diventato un importante commerciante di strumenti musicali: la sua fortuna era iniziata pochi anni prima, quando aveva scoperto in cantina un vecchio clarino e l’aveva lucidato tanto da inventare il clarinetto.
Lo invitò nel suo negozio. Luigi fu molto ammirato, ma a un certo punto svoltò l’angolo e vide qualcosa di incredibile: il reparto dedicato alle tube!
I tubi della sua valigetta da idraulico iniziarono a fremere e alla fine scapparono fuori tutti insieme. Luigi li aveva suonati così tanto che avevano acquisito un certo portamento nobile. Iniziarono a tubolare delle splendide serenate, a cui le tube rispondevano con timide risatine d’ottone.
Fu un giorno memorabile, e l’amore tra tubi e tube mutò per sempre il volto dell’idraulica, che divenne un po’ meno aulica e molto più musicale.
Cambiò anche il volto della musica, che divenne decisamente più fluida.
Certo le rivoluzioni non sono tutte uguali e di alcune, anche se sono avvenute, se ne accorgono in pochi: in questo caso Luigi, il suo amico negoziante e una gentile coppia di colombi, che tubano da allora in ricordo di questa bella giornata.

sabato 17 novembre 2012

Sei quartine in folle rima, la settima i saluti


Se hai qualcosa da ridire
per il grande diradare
che fa il bosco delle lire
che poi ti dovrò ridare,

io ti resto ad ascoltare
come il gran tonfo del mare
quando Eugenio si è tuffato
e di sotto c’era il prato.

Ma com’è – mi chiederete
che ha tonfato pure il mare,
se per giunta neanche c’era
e la giunta è comunale?

Quella giunta non è giunta,
quella cinta non è cinta,
quella donna non è incinta
e la pancia la ha dipinta.

L’ha dipinta come quelli
che non eran pesci rossi,
non essendo tra gli uccelli
cantai come se lo fossi.

Questo canto va nel bosco
questo mare lo conosco
se son stanco c’è lì uno chiosco
se son bello non son losco,

non son losco e ti sorrido
uso tutti quanti i denti,
ti ringrazio, ti saluto,
porta un bacio anche ai parenti.