I vati erano molto colti. Erano colti vati. Coltivati a
maggese anche se era giugno, i vati vennero tuttavia colti solo in apruglio, un
mese che si ottiene mettendo luglio su un foglio col bene che ti voglio,
aprendolo bene, giacché aprendolo male si otterrebbe il mese di chiudiglielo che tanto vale, infine
cogliendo dei frutti particolari che crescono solo in questo mese, le aprugne,
che non sono ovviamente prugne e, per quel che né so io, potrebbero non essere qualunque
altra cosa. Necessario alla maturazione di questi frutti ignoti, è un bel clima
soleggiato e infatti, nel mese di apruglio, c’è un sole allegro finché non si
irrita, allora c’è un sole irritato, ma comunque c’è il sole e dunque i frutti
maturano. Il mese di apruglio è ovviamente abitato, come tutti gli altri mesi,
a seconda del luogo in cui ci si trova. L’ultima volta, per dire, ci incontrai
un tizio che masticava bene il francese. Ne discese che una barzelletta con un
inglese, un francese e un italiano prese velocemente toni drammatici non solo
per il francese (che odiava essere ben masticato), ma anche per gli altri che
venivano masticati male.
Fortunatamente, quel signore fu colto da un attacco di
distrazione. In apruglio, anziché gli attacchi della corrente, si incontravano sovente
degli attacchi di distrazione. Chi l’aveva finita, ci attaccava la spina e da
lì in poi si distraeva tantissimo. Chi aveva finito la spina, anziché bersi una
birra si cercava una rosa e se la rosa era senza spine, intuiva che ci fosse un
inganno e diveniva sospettoso. Faceva bene: immaginatevi di essere lì
tranquilli, magari pregustando di masticare, nel bene o nel male, un francese o
un tedesco, e che un attacco di distrazione, che dovrebbe essere lì per servizio,
si animi invece improvvisamente e decida di cogliervi. Dico: mi avete preso per
un fiore?
La situazione poi si sarebbe certamente con-fusa
ulteriormente, come sobillava un gatto che con-fusa e miagolii otteneva grandi risultati, ad esempio delle equazioni differenziali, o di altre differenti o di
altre ancora, invece, indifferenti, che sono così irritanti che nessuno le
calcola più da tempo. “Perché nessuno ci calcola?” piangono le poverette. Amiche mie, provate a cambiare atteggiamento!
Si diceva, in ogni caso, che le vicende di questo soleggiato
apruglio non si confusero ulteriormente perché i vati maturarono improvvisamente
e, se già prima erano colti, immaginatevi adesso che erano anche maturi! Tanta
saggezza non poté tuttavia obliare il fatto che i vati, appena colti, furono colti
da un pensiero ricorrente. Questo pensiero ricorrente, per stare nel presente,
divenne il loro pensiero corrente: corrente che finì negli attacchi di
distrazione al posto della distrazione, mandando il tilt il sistema. Per un
errore di trascrizione il tilt del sistema divenne poi un kilt, e non vi dico
cosa accadde quando, poco dopo, ci fu un colpo di vento. Ma vento o non vento,
il sistema era compromesso e quindi si dovette sposare. Non sapendo chi dovesse
sposare, si andò ai voti e almeno tre persone, di diverse nazionalità,
indicarono il terribile masticatore aprugnano. Così il masticatore, perso nelle
gioie del matrimonio, non masticò più nessuno per lungo tempo, neppure i vati
che pure erano colti e maturi. Per festeggiare si mangiarono invece delle
aprugne, il cui sapore vi suggerisco di immaginare non come un ananas e neanche
come un biscotto.
Tutto questo accadeva nel soleggiato apruglio di un anno che
non era l’uno, non il 19, ma fu confermato alla prova del nove.