Un giorno la maestra, scrivendo alla lavagna, sentì uno strano scroscio.
Si girò é chiese "Chi é stato?"
Subito l'Italia e la Francia alzarono la mano. La maestra però non era sicura che fossero state loro. Nella classe di terza, quella della maestra Giovannini, ricordava bene di aver sentito la piccola Asia che si vantava di essere continente, mentre il suo fratellino (per quanto non fosse poi così "ino"), a volte se la faceva ancora addosso! E in effetti, aprendo l'armadio dei gessetti colorati, trovò proprio il piccolo Nilo, nascosto lì da chissà quanto e che la salutava sorridendo!
Il blog di Filastrocche su misura. "Sbagliando s'impara è un vecchio proverbio, il nuovo potrebbe dire che sbagliando s'inventa" [G.Rodari]
venerdì 23 novembre 2012
mercoledì 21 novembre 2012
Il signor Soqualcosa de Nonsoché
Un giorno, il signor Nonsocosa si incontrò in cima al monte
Altocosà con il signor Soqualcosa de Nonsoché.
Il signor Soqualcosa de Nonsoché era un nobile, ma non ne ricordo il titolo. Il
sottotitolo però suonava così: Sua Eccezione il Gran Dimenticatore di Corte,
di Lunghe, di Cotte di Maglia e di Crude di Felpa, dal Lunedì al Mercoledì Chiamare
Ore Pasti, Grazie.
Che volendo si poteva sintetizzare con la comoda sigla G.D.C.L.C.M.C.F.L.M.C.O.P.G.,
che tra l’altro corrisponde, in numeri romani, a una cifra che non verrà
calcolata prima che il Sacro Romano Impero Germanico, con cui comunque il Signor
Soqualcosa de Nonsoché non aveva già nulla a che fare, non venisse dimenticato
del tutto.
(un signore di Piacenza, leggendo questa frase, mi fece i complimenti per le subordinate; così che, colto da crisi di coscienza, le assunsi tutte)
(un signore di Piacenza, leggendo questa frase, mi fece i complimenti per le subordinate; così che, colto da crisi di coscienza, le assunsi tutte)
Dunque si incontrarono in cima a un monte e il dialogo che
ne seguì fu il seguente (seguitelo bene, prima che vi semini, vi innaffi e vi guardi germogliare):
«Ha visto di là?»
«No! Però mi scusi, se anche avessi visto, cosa
mi dovrebbe importare?»
«Non le dovrei importare nulla, ho chiuso da un pezzo con le importazioni.
Una volta importavo pezzi di chiusa, con cui tappavano i fori delle dighe che
si bucavano ...però se vuole le esporto dei calzini! Ne ha mica un paio che
avanzano?»
«Ma si figuri: ne ho un paio che indietreggiano,
pavidi che non sono altro! Le vanno bene lo stesso?»
«Purtroppo non è la mia taglia.»
«Lo spero bene! Cos’era, ricercato?»
«Ma no guardi che io sono uno molto alla mano. E lei?»
«Io sono molto all’orecchio: adoro bisbigliare, del resto le
biglie mi affascinano da quando avevo cinque anni, che difatti ho barattato con
un sacchetto di biglie e una tavoletta di marmellata.»
«Ma come una tavoletta di marmellata? Non era troppo molle?»
«Ma neanche per niente! Provi provi, non faccia il timido, la
addenti!»
E il signor Soqualcosa de Nonsoché non fece il timido, provò
provò, addentò e si fece una bella scorpacciata.
martedì 20 novembre 2012
Lo sciacallo
Un giorno allo Scià di Persia venne un callo.
Un vero e proprio scia-callo, che guardacaso lo morse proprio
sul callo.
Per morderlo sul callo, dovette mordersi da solo, un po’ come
un cane che si morde la coda.
Ma lo sciacallo non era un cane e non aveva la coda, perché era
solo un callo, anche se un callo dello Scià di Persia. E non aveva neanche i
denti, dato che era solo un callo dello Scià di Persia.
Allora si fece crescere la coda, ma invece di farsi una
treccia, la morse.
I denti se li fece prestare da nonno Pino, che tanto faceva
la siesta e in quel momento non gli servivano.
Lo sciacallo fu molto pacificato, lo Scià di Persia assai meno,
perché sentì parecchio male. In compenso un nuovo animale era nato, con
grande festa della zoologia mondiale.
Il paese del sì e del no
Un giorno il papà promise al piccolo Carletto che l’avrebbe
portato al poligono.
Si trattava di fare un bel viaggio, che consisteva nell’attraversare
quasi tutto il paese del Sì e del No, fino alla provincia di Volentieri. Partendo
di buon’ora, arrivarono nel pomeriggio e visitarono uno splendido ottagono con
tutte le facce colorate.
Lì dentro non c’era l’ombra di una pistola, ma non c’era
neanche una pistola alla luce. Nel paese del Sì e del No, uno dei no è stato
per tutte le armi. Alcune di esse sono diventati degli utensili, altre vivono
soltanto nella memoria di alcuni vecchietti, un po’ pensierosi quando guardano
per aria, più sorridenti quando appoggiano lo sguardo per terra e ci trovano i bambini che corrono.
Lo snonno
Papparapà è il papà
del papà del papà.
Il trisnonno è un tris di nonni,
tutti nello stesso piatto
e neanche uno con la dentiera.
Il bisnonno, invece, è tutt’altro che un bis di nonni:
è un doppio snonno.
Ma cos’è uno snonno?
Non lo so, ma un nonno non è. Difatti se glielo chiedi: «scusa
tu sei un nonno?»
La risposta è «No no!»,
che a un occhio disattento potrebbe sembrare qualsiasi cosa,
ma dato che lui l’ha pronunciato e mica scritto, anche un occhio attento non avrebbe aiutato di molto.
Abbiamo allora consultato il professor Professori, grande professionista
di professioni, chiedendogli:
«Ci scusi, esimio...»
«Dica dica! »
«Ha mica visto uno snonno?»
«Ce n’era uno poco fa con una mamma. Appena la mamma è smammata, indovinate un cos’ha fatto lui?»
lunedì 19 novembre 2012
Una storia piripicchia
Una storia piripicchia,
che di nome fa Accipicchia,
di cognome fa accidenti
e difatti picchia i denti!
Per pagarcisi il dentista,
di orologi fa una lista:
6 cucù alla prima rata,
è così si è cu-curata!
Purtroppo, nella foga di curarsi, la storia piripicchia è divenuta un po' balbuziente. Fortuna che per l'altro po' invece no.
domenica 18 novembre 2012
La musica idraulica
Luigi era un idraulico che voleva fare il musicista, solo
che non sapeva suonare un tubo. Però ci si mise di impegno e, col tempo, imparò
a suonare tutti i tubi, anche quelli dei lavandini, delle docce e persino
quelli giganteschi degli acquedotti comunali.
Era così contento della sua nuova arte che insegnò al suo
amico meccanico a suonare i tubi di scappamento (quando le macchine erano
spente) e questi ci passava delle belle pause pranzo, facendo tintinnare l’officina
di musiche leggere che facevano girare i passanti. Gli altri meccanici si
riempivano il petto e raccontavano ai clienti della musica dei motori, dicendo
che solo in pochi potevano capirla.
Un giorno il nostro idraulico passeggiava zufolando con un
tubetto di dentifricio (abbiamo detto che i tubi li sapeva suonare proprio
tutti, soprattutto quelli dei bagni) e rivide per caso un suo vecchio amico di
infanzia. Scoprì così che questi era diventato un importante commerciante di
strumenti musicali: la sua fortuna era iniziata pochi anni prima, quando aveva scoperto
in cantina un vecchio clarino e l’aveva lucidato tanto da inventare il
clarinetto.
Lo invitò nel suo negozio. Luigi fu molto ammirato, ma a un
certo punto svoltò l’angolo e vide qualcosa di incredibile: il reparto dedicato
alle tube!
I tubi della sua valigetta da idraulico iniziarono a fremere
e alla fine scapparono fuori tutti insieme. Luigi li aveva suonati così tanto
che avevano acquisito un certo portamento nobile. Iniziarono a tubolare delle
splendide serenate, a cui le tube rispondevano con timide risatine d’ottone.
Fu un giorno memorabile, e l’amore tra tubi e tube mutò per
sempre il volto dell’idraulica, che divenne un po’ meno aulica e molto più
musicale.
Cambiò anche il volto della musica, che divenne decisamente
più fluida.
Certo le rivoluzioni non sono tutte uguali e di alcune,
anche se sono avvenute, se ne accorgono in pochi: in questo caso Luigi, il suo
amico negoziante e una gentile coppia di colombi, che tubano da allora in ricordo
di questa bella giornata.
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