martedì 2 ottobre 2012

Il lupo in sella


Questa è la storia di un lupo di un'altra storia, che x presentarsi a una lupina niente male, di cui era tutto innamorato, decise di saltare in sella. 
Il perché non lo saprei dire, forse per quella strana idea che hanno a volte i lupi innamorati, di voler sembrare un tenero principe azzurro dimenticandosi che, in quel caso, la lupa deciderà probabilmente di addentargli una coscia. 
In ogni caso, in difetto di animali da soma (figuratevi che lì vicino, a parte un'upupa e un uovo, non c'era proprio nessuno) il lupo tentò con costanza di salirsi in sella da solo; la qualcosa tuttavia era impossibile finché c'era Costanza, per cui dovette spiegarle delicatamente che il posto sulla sua groppa era già prenotato (mostrò x l'occasione un segnaposto con scritto "me"). 
Senza più costanza, il lupo non poté che arrendersi dopo pochi tentativi. In quei pochi, tuttavia, girò su se stesso così vorticosamente che ne nacque un piccolo uragano. 
La lupa, che era un'aspirante meteorologasi mostrò molto interessata a quel fenomeno e, di lì a poco, i due poterono finalmente conoscersi.

la lupupa

"Guarda guarda quella lupa!"
disse il lupo "È una gran pupa!"

"Ehi LUPUPA!" la chiamò, 
ma L'UPUPA disse: "ohibò, 
sono al terzo ramo e sto, 
chi mi chiama non lo so, 
perciò me ne sbatterò. 

E si sbatte come un uovo, 
tra le piume fa un frastuono, 

che in accordo col fraslampo, 
fanno al lupo un bello shampo, 

così il lupo, fiero in sella*, 
può tornar dalla sua bella. 







* per maggiori informazioni sulla sella del lupo, non vi rimando né a settembre né a quel paese (non avendovici ancora mai mandati), bensì alla fiaba adiacente: "Il lupo in sella"

lunedì 1 ottobre 2012

Il tiro assegno


Un tale giocava al tiro assegno. Ma tira che ritira, l’assegno si ruppe in due.
Se non altro, avete visto una riga fa, l'assegno era stato appena ritirato. 
In banca, direte voi? 
Neanche: l’aveva bagnato tutto e per quello si era ritirato. 
Per asciugarne almeno metà, smise di tirarlo, anche perché non sapeva se qualcuno l’avrebbe preso al volo e, anche in quel caso, se l’avrebbe asciugato. 
Iniziò così a asciugarlo lui. 
E fece bene, perché certe cose, se non le facciamo, nessun’altro le farà per noi. 

Il verbo orsare


“Corso” è un verbo che va a dorso
E per giunta implica un orso:
inventando il verbo “orsare”,
potrei anche andare al mare.

Vado al mare e trovo un orso
e una mela con il torso.
“C’orso” è un verbo riflessivo
Che mi rende assai giulivo.

“Vola solo chi ORSA farlo”,
come disse l’orso Carlo.
Non sapendo cosa farci,
tutti insieme andiamo a ORSARCI.

Però ORSARCI che vuol dire?
Lì per lì non lo so dire.
Per saperlo ho interrogato,
tutti gli orsi del creato.

Son finito a Yellowstone,
e non senza del bon ton,
Yoghi e Bubu ho interpellato,
così mi hanno accontentato:

la risposta, mi hanno detto,
sta nel miele: un chilo o un etto.
Ma or che tutto l’ho mangiato,
me la son dimenticato!

La distrazione


C’era un tale distratto di Fidenza,
che era distratto ma solo in apparenza.
Provai a verificare questo fatto
nel farlo però mi son distratto. 

Mi distrassi un poco per scherzare,
mentre provavo a rastrellare il mare.
Mi chiese di scoparlo un vecchio amico
(a dire il vero un poco spazientito);

per fare un lavoro più di fino
cercai di procurarmi un rastrellino.
Lo chiesi a quel il signore di Fidenza,
che lo teneva sotto la credenza.

ma quello era tanto disattento
da darmi un rasaerba per il mento.
Usai lo stesso quello, soddisfatto,
di ritagliare un mare un po’ più piatto.

domenica 30 settembre 2012

La barba dello zio Fabio


La barba dello zio Fabio è di tutti i colori, ma il più delle volte esce in incognito, travestita da barba qualunque.
La barba dello Zio Fabio è gialla di lunedì, arancione quando le va e la domenica è azzurra per tutto il giorno.
La barba dello zio Fabio è tutt’altro che una barba, difatti è simpatica da morire e ride e scherza con tutte le barbe del circondario, persino quelle dei monumenti.
La barba dello zio Fabio sa milioni di barzellette ma, non avendo la bocca per raccontarle, le tiene tutte a mente, col risultato che le scappa sempre da ridere, ma dove scappi dovete scoprirlo voi.
La barba dello zio Fabio ama l’ordine e, la mattina, si sveglia presto e si stira fino all’ultimo pelo.
Si stira anche lo zio Fabio, perché è appena suonata la sveglia.
Si alza contento, mette la barba, infila i vestiti (credo in una busta), pettina bene il sorriso ed esce di corsa perché è domenica, e va a giocare con le sue nipotine. 

venerdì 28 settembre 2012

La mia testa


Conosco un mini-matto,
che vive sempre in festa,
è proprio un mattarello,
mi arriva sulla testa.

La testa è ancora intera,
la forma di una pera,
il gusto di un tartufo
e vola come un ufo.

Vola come un aereo,
canta come uno stereo,
salta come un canguro
e a volte becca il muro.

Ma neanche li si è rotta,
sembra una pera cotta,
la cotta è medievale,
e infatti è carnevale.

La mia testa ragiona,
la picchi e ti perdona,
a spicchi è un po’ più buona
e se la batti suona.

Suona però non canta,
canta però non suona,
la assaggi ed è una santa,
infatti e tanto buona.