giovedì 27 settembre 2012

Il francobello


Ho un’amica con i piedi all’insù, la testa di lato ed il braccio girato. Ma questa è un’altra storia.
Riguardo a questa storia, vi racconterò invece di quella volta che la mia amica spedì una lettera a suo zio ereditato.

PARENTESI
Forse pensate a uno zio ereditario. E invece no. Oppure che ereditò DA uno zio, magari d’America, una fantastica Cadillac e una bella casa galleggiante. Ancora: no!
Se veramente non vi è mai capitato di ereditare uno zio, sappiate che lei ne ereditò uno: dopo una vecchiaia gioiosa e una serena dipartita, sua nonna lo incluse nel testamento a favore di Ornella (così si chiamava la mia amica): lo zio fu collocato ordinatamente tra le cose della nonna e spedito a casa della sbilenca ereditiera in un sontuoso pacchettino verde.
Ornella pensò a lungo a dove collocare lo zio, ma in anticamera c’era già l’attaccapanni, in camera da letto c’era già il letto, in cucina c’era già la cucina. Così lo zio ereditato venne spedito nella casa in montagna, dove c’era una stanza per gli ospiti.
Mi piacerebbe raccontarvi di un’avventura impensabile che accadde una volta allo zio in questa casa, ma siccome non posso pensarla, per oggi mi limiterò a dire che non c’era il telefono e che per questa ragione, due volte al mese, Ornella scriveva una lettera allo zio. Quella volta, in particolare, gli scrisse la lettera A.
CHIUSA PARENTESI

Arrivata di fronte alla buca delle lettere, giunse il solenne momento dell’affrancatura (perché solenne non saprei, dato che non si trattava di SOLE ENNE ma, come già detto, di una A).
Accadde però che, per una particolare svista del tabaccaio da cui Ornella stava acquistando il francobollo, le venne venduto un FRANCOBELLO.
Francobello, che era alto 1.80, biondo e con un sorriso bellissimo, in quel momento dormiva per cui non fece nemmeno in tempo a presentarsi. La ragazza, dal canto suo, presa dalla solennità del momento, non si accorse minimamente dell’errore, leccò una spalla di Francobello e lo appiccicò alla lettera da spedire allo zio.
Non vi dico a imbucarlo: non c’era modo di inserirlo nella fessura e per essere sicura che la sua missiva non venisse smarrita, legò la lettera con tanto di Francobello alla buca delle lettere con una serie di elastici che le spuntavano dalle tasche. Quindi se ne andò a casa serena.













La mattina dopo, fu una postina a trovare Francobello e se ne innamorò perdutamente. Perduta che ebbe la mente, tuttavia, non assunse un aspetto molto intelligente: il giovane dovette aiutarla parecchie ore a cercarla prima di potersi a sua volta innamorare della postina (che non era Tina, ma quella che viene dopo). Insieme, partirono alla volta delle cascate del Niagara.
E la lettera?
Arrivò puntuale, anche se lo zio ereditò una bella multa.
Tuttavia ne valse la pena: la A era una delle sue lettere preferite. Rientrato a casa,  la collocò sullo scaffale in bella vista subito prima di una H, fece una doverosa risatina e si sedette soddisfatto a fumare la pipa. 


mercoledì 26 settembre 2012

Giulietto sotto i baffi


Giulietto rideva sempre sotto i baffi, ma poiché aveva 5 anni, dovette aspettare a lungo perché i baffi gli crescessero. Nel frattempo non si può dire che ridesse sopra i baffi, giacché che i baffi non c’erano. In compenso a pranzo e cena sbafava sempre tutto e una volta, nell’ora di educazioni artistica, scolpì un bellissimo BAFFORILIEVO.
Un bafforilievo è un rilievo che fa un baffo ai bassorilievi, agli altorilievi e persino ai rilievi di media statura. Una volta che quel baffo fu fatto, Giovannino ne fece subito un altro e ci si mise sotto ridendo a crepapelle. Rise così tanto che i baffi sotto il suo naso non sentirono alcun bisogno di crescere finché non compì 21 anni. 

martedì 25 settembre 2012

il cognato


Questa è la storia di cosa successe quando Giovannino, fortemente immedesimatosi nella zecca dello stato, sostenne di aver COGNATO una moneta.
C’è un errore, dite? Si potrebbe anche pensare, dato che siamo all’Accademia degli Errori.
Invece no: Giovannino, quel giorno, aveva proprio una moneta per cognato.
Non vi dico sua sorella, che convinta di aver sposato un bel fustacchione, si ritrovò di colpo un marito di oro zecchino.
Meglio zecchino che zuccone, sostenne la nonna, ma lei non fu contenta lo stesso. In compenso fu contante, l’unico modo che le rimaneva di mantenere i contatti col suo marito fresco di conio – o di cogno? O di cognome?
“Franchi.”
Oh mamma! E di nome?
"Marco."
Buonanotte. Dunque Antonietta ha anche un marito fuori corso, e sì che al liceo sembrava così intelligente.
Antonietta, per chi non l’avesse capito, è la sorella di Giovannino, che ora è una banconota. Difatti è nota al banco, e il banco a cui è nota è quello di Luca, compagno di banco di Giovannino che colleziona monete fuori corso.
Giovannino, dopo una bella trattativa,  ha scambiato il cognato con una figurina del calcio (non pensate a un calciatore, è proprio una figurina che raffigura un calcio), ha venduto la merenda in cambio della sorella e ha riunito la famiglia in un grande salvadanaio a porcellino.
Nel salvadanaio c’era un prato, sul prato splendeva un sole smagliante e la sera, prima di arrivare, ci ha messo tutto il giorno e anche di più. 








Questa storia è vera e posso dimostrarlo. 
Ecco la foto del porcellino:




I gusti di Dindirina


Dindirina è una regina
al sapor di ovomaltina,
sa anche un po’ di cioccolato,
sa di zucchero filato.

Se lo zuccherò è filato,
dove poi non lo si sa,
ma è il sapor di Dirindina,
di sicuro una bontà!

sabato 22 settembre 2012

La gatta di Dirindina

La regina Dirindina
ha la testa pelatina,
così che sulla sua zucca
ci ha piazzato una parrucca.

La parrucca però è viva,
è una gatta che dormiva!
Per far sì che quella resti
ha cercato dei pretesti.

Non sarà una gran trovata,
ma alla fine si è versata
del buon latte sulla testa
e così la gatta resta.

La vespa di Teresa


La vispa Teresa
correa tra l’erbetta,
col mutuo si è presa
una motocicletta.

E tutta giù china
per fare anche prima
gridava a distesa:
“Mio Dio che ripresa!”

Ma il vigile Ascanio
Si ferma e fa: “Ohibò!
In piega sul prato,
che multa ti fò!”

Confusa e pentita
Teresa arrossì,
sgasò un attimino
e lo lasciò lì! 


L'antica mela


Avevo una mansarda,
me la tenevo in tasca,
l’altra mano, lombarda,
se la reggo non casca.

La mela che tenevo,
alla riga seconda,
colta nel medio evo,
è diventata bionda. 

Colta nei tempi andati,
poi sempre più ignorante,
l’ho proposta a un amico
che l’ha data a un passante.

Il passante ha apprezzato
e, giacché ferroviario,
era molto ferrato
e l'ha presa in orario!