martedì 11 settembre 2012

...senza mai respirare!


Adesso basta, mi ha detto Pierino,
mi sembra sia sera, tra poco, mattino,
non posso aspettare degli altri pensieri,
non voglio aspettare che oggi sia ieri,
la mano di porgo felice e beata,
la mano che accoglie, la mano fatata,
nel mondo è finita, non si può fermare,
milioni di teste potrà accarezzare,
teste di bambini, di adulti sbadati,
che l’hanno perduta, ma poi l’han trovata,
le mille carezze lavoran dal cuore,
portando alla luce qualunque colore,
se rime e inflazione non vanno d’accordo,
ripetilo ancora così me lo scordo.
Non voglio pensare alle facce infelici,
ma ad altre carezze, per renderli amici.
Non voglio pensare ad un flusso che è fermo,
non voglio pensare ad un colle che è ermo,
non voglio le gobbe, non voglio chinarmi,
ma quando arrivate passate a chiamarmi,
c’è il mondo là fuori, di soste e colori,
di foglie e incertezze,
di tante stranezze,
milioni di foglie ed un ramo attaccato,
milioni di sguardi per un solo prato,
milioni di cuori per un sole solo,
e un raggio infinito per me sia per loro,
sia loro il sorriso, le lacrime e il pianto,
sia loro la luce di vita soltanto,
sia tutta la terra un’enorme regina
ed ogni secondo una nuova mattina. 

giovedì 6 settembre 2012

Nicoletto sugli allora

C'era un tale che amava adagiarsi sugli allora.
«Nicoletto, guarda che hai il piede tutto storto!»
«E allora?» 
e ruzzolava rompendosi una gamba.
«Nicoletto, la tua casa è volata via!!»
«E allora?» 
rispondeva imperterrito, andandosene al bar a giocare alla briscola.
Una volta arrivò al paese un signore tutto sporco, malandato e che non aveva i soldi neanche x comprarsi un ghiacciolo. Nicoletto lo portò a casa (si levarono in volo, dato che, ormai da qualche riga, la sua casa volteggia a mezz'aria), lo lavò, lo pettinò con la riga di lato e gli comprò persino il ghiacciolo.
La gente gli diceva: «Nicoletto, sei diventato matto, non sai neanche chi sia. E se ti desse un colpo in testa e si rubasse la tua bella casa attaccandola al filo di un aquilone?
E Nicoletto rimaneva zitto, perché certe domande non meritano per risposta neanche un "allora".


mercoledì 5 settembre 2012

un mio amico (né un nemico, né un batuffolo di cotone)


Avevo un amico che si chiamava Carlo,
e quando si chiamava Carlo, non si chiamava Carmelo, né Jonathan, né Adalgisio.
Però aveva le dita sottili, gli occhi azzurri e i capelli tutti sopra la testa.
Quando aveva i capelli sopra la testa, nessuno glieli aveva strappati giocando a fare la lotta.
Carlo non amava giocare alla lotta, ma era un gran lottatore,
e quando lottava non era perché gli avevano tirato i capelli, perché era inciampato o perché era quasi mezzogiorno.
Lottava quando teneva a qualcosa.
Quando teneva a qualcosa, magari teneva anche a qualcos’altro, ma la prima cosa non se la dimenticava mai, e andava avanti a lottare finché non aveva ottenuto quel che per lui era giusto.
Intanto i fiori sbocciavano, e quando sbocciavano non erano mai appassiti.
Il sole rideva perché, delicatamente, aveva spostato le nuvole e era venuto a visitare la terra.

ormeggiando Arturo


Un ormeggio di formaggio,
che sia in giugno oppure in maggio,
non è un posto assai sicuro
per farci sostare Arturo.

Così Arturo l’ho spostato,
con la nave sono salpato,
e il formaggio che ho ormeggiato
per la fame l’ho mangiato. 

lunedì 3 settembre 2012

torno per tantare


Tanto per tornare
o torno per tantare,
e se non tanto, almeno ci tento.
Mi sono allenato alle prove di tanto,
ero per gioco alle prove di poco,
non mi han convinto, le ho viste smunte,
c’eran due mucche e passando le ho munte,
c’era una vespa e per sbaglio le ha punte,
ma era divieto e si è presa due multe.
Era un divieto che in centro a Forlì,
diceva proprio ma proprio così:
vietato punger le mucche da latte,
vietato vietare o diventano matte. 

tanto per tornare


Queste righe sono poche
per parlare delle oche
che starnazzano di giorno,
di sicuro non ci torno.

Torno dove?
Che ne so?
Fiori piove!
E invece no!

Fuori luccica la pioggia,
chi ha un ombrello se lo sfoggia,
chi ha il cappuccio se lo beve,
se si scioglie non dà neve,

da soltanto del caffè,
parapiri parapè
aggrappato al parapetto,
vedo il sole sotto il letto,

questo sole sta nell’aria,
dice la mia amica Daria,
questo sole si respira,
sta nel cuore di chi ammira.

Cosa ammira? Me lo chiedi?
Forse il cielo, forse i piedi?
Se anche piove, sulla roccia
brilla il sole in ogni goccia. 

venerdì 24 agosto 2012

Filastrocca di Pan di Spagna


Filastrocca di Pan di Spagna
La canto ora che sono in montagna
Prima vi dico, cantavo al mare
La filastrocca di zucchero e sale.

Zucchero, sale e pan di Spagna,
ti ci ho condito una bella lasagna,
se te la mangi sopra un bel prato
non saprei dire se mi sarai grato.

Filastrocca di pane francese,
se me la mangio è già fine mese
però l’assaggio, senza pretese,
ne do anche un pezzo a chi me lo chiese.

Filastrocca di Pane Ostrogoto,
aroma cordiale, ma un po’ meno noto,
per riportarlo un po’ alla ribalta,
gli ho costruito un cestino di malta.

Col suo cestino, spicca e troneggia,
e la cucina ti pare una reggia,
grande abbastanza per ospitare,
pani, lasagne, zucchero e sale.