giovedì 28 marzo 2013

Il banchetto


C’è un signore a Macerata,
che si sazia d’insalata.

C’è n’è un altro a Castelfranco,
che degusta pasta in bianco.

Uno infine a Corleone,
che divora il minestrone.

Tutti insieme si vedranno,
Ferragosto o capodanno,

tutti col proprio menù,
tutti e tre o qualcuno in più.

E mischiando le pietanze,
tra risate, canti e danze,

se di ognuna si fa dono,
sembra tutto un po' più buono! 

mercoledì 27 marzo 2013

Filastrocca del capo girato


Filastrocca del capo girato,
chi l’ha diritto è tutto sbagliato.
Filastrocca del capo levato,
me l’hai rimesso e ti sono grato!

Filastrocca del capo firmato,
sulla capoccia ho un po’ scribacchiato...
Filastrocca del capo scortese,
trova la strada per quel paese!

Filastrocca del capo chino,
viene abolita da qui a Pechino:
perché in città come nella foresta,
un capo chino non fa una testa! 

martedì 26 marzo 2013

Testa a testa tra tasto e tosto


Scrissi un testo su una testa, ma una testa non fa testo se non testo che quel tasto che soggiorna sulla testa, sia ben tosto o se, piuttosto, solo attesti che quel tosto va addentato in un bel posto, che poi – neanche a farlo apposta – passa in testa alle proposte.

E in onore delle pro-poste, ovvero delle signorine che si vedono favorevoli alle poste, ci si pregia di decantare il verso seguente:

Favorevoli alle poste,
poco meno anche ai corrieri,
spedirò tutto domani,
per averlo indietro ieri. 

domenica 24 marzo 2013

Un principe mancato


Conoscevo un falegname,
il più bello del rame,
nei capelli delle rane
e altre cose ancor più strane,

di cui qui non parlerò
ma le rane, dico: ohibò!
una a una le ha baciate
ma le belle fortunate,

eran tanto pervicaci
che rimasero batraci.
Capirete che perciò
neanche una ne sposò:

come fossero gioielli
le rimise nei capelli,
e rimase falegname
il più bello del reame! 

sabato 23 marzo 2013

Un pezzo RAP


...se mi scotto metto il Prep
così aggiungo un verso rap!

Yoyoyo che meraviglia,
con questi occhi anche una triglia

mi direbbe intelligente
o anche non direbbe niente,

perché è muta come un pesce
e perciò non se ne esce! 



Dedicato alla piccola Hanan, rapper in erba in un prato di fiori. 

giovedì 21 marzo 2013

Quanto è grande un desiderio


Ho un amico che ha espresso un desiderio. 
Un altro ha espresso un treno: un treno espresso, grande e a vapore.
Un terzo amico, modesto, ha espresso solo un caffè.
Nel treno c’erano 100 persone che si sono strette la mano, hanno fatto amicizia e si sono chiamate per nome, e così il desiderio del primo e del secondo amico sono diventati lo stesso.
Il terzo si è gustato il caffè ed è andato verso casa. Preso com’era a zuccherarlo, non ha neanche sentito il treno salutare fischiando.
A me pare che, tutto sommato, sia meglio abituarsi a pensare in grande. 

A montarsi la testa


"Ma hai visto Gigino?? Si è proprio montato la testa!"
Per farlo, ha seguito scrupolosamente le istruzioni, ma ciò nonostante ha fatto un errorino. “Errorino” poi lo diciamo noi, perché l’altro ieri Gigino aveva 4 orecchie. Sapeste quanto ci sentiva!! A fine della giornata, dopo aver sentito i pettegolezzi di nonna Palmira che pure era a quattro isolati di distanza, decise si smontarsene tre e ne tenne soltanto una, bella centrale.
Per compensare quella mancante, mise al suo posto un occhio, ma sbagliò di nuovo: quell’occhio era l’occhio di un ciclone!
Non solo: l’orecchia mancante, che non si sentì per niente compensata, chiese ad alta voce dei soldi, almeno per comprarsi la merenda.
Pierpaolo (chissà poi chi era), che soldi non ne aveva, gli diede un panino con dentro il giallo delle tempere, il fiume Mississippi e il ciclone che era avanzato, dato che Gigino ne aveva utilizzato solo l’occhio. E quella, ve lo posso giurare, fu la più strana merenda che un'orecchia avesse mai fatto!


Il dolce fiore


Questa è la storia di Giotto Perotto,
quando si gira vede un biscotto.

Gira il biscotto e diventa sera,
gira la sera e trova una pera.

Gira la pera e cade il soffitto,
gira il soffitto e lo mette diritto,

gira il diritto e trova un dovere,
gira il dovere e trova un piacere,

gira il piacere e trova un favore,
gira il favore e trova un bel fiore.

È solo uno e profuma per otto,
il dolce fiore di Giotto Perotto. 


mercoledì 20 marzo 2013

L'umida sfida


È la storia di Giampietro,
si bagnava sul di dietro,
si bagnava sul davanti,
si bagnava pure i guanti.

Sarà stato forse un caso
ma io gli ho bagnato il naso
e per una settimana
soggiornai in una fontana! 

domenica 17 marzo 2013

La perottola


Una trottola pungente
roteava sul mio dente, 
ma poiché pungeva troppo
mi cercai uno sciroppo. 

E giacché una medicina,
non mi aggrada la mattina,
aspettai fino alla sera, 
incontrai però una pera. 

E la cosa un poco strana
che si scrisse il venerdì:
roteava anche la pera
ma stavolta mi guarì! 




Dedicata agli amici de Il Tarlo (link), che trottolano fino al cielo.

sabato 9 marzo 2013

La marca da ballo


Insomma stavo per spedire una lettera con tanto di marca da bollo ma, dato che i bolli mi danno le bolle, ne no fatta una bella: ci ho appiccicato una marca da ballo.
Avreste dovuto vedere la lettera! Ballava il can can sul naso del postino, ballava il gatt gatt sul naso della postina, ballava e ballava tanto che né il postino, né la postina (forse perché erano distratti a grattarsi il naso) riuscivano a acchiapparla.
Per acchiapparla, fu necessario un affascinante cartoncino azzurro, che la invitò a ballare. Ballarono tutta la notte, ma poco prima di mezzanotte, lei scappò via e non perse nessuna scarpina, perché le buste, non si sa come, ballano senza scarpe, né piedi, né ginocchia: ballano solo per l’amore e per la fantasia.
Bella fregatura per il cartoncino, che ogni sera la ricorda con affetto e forse non la rivedrà neanche più, ma questo cambia poco e niente, perché ovunque si trovi, lui la ama lo stesso. 

giovedì 7 marzo 2013

La bisbetica donata


Un giorno arrivò Luca e così, tra il dire e il fare, mi regalò una bisbetica!
“Bella forza! Ma scusa tienitela tu!” provai a proferire, ma Luca era già sparito all’orizzonte correndo a gambe così levate che si erano levate in volo, anziché solo di torno.
Rimanemmo io e la bisbetica, che bisbeticava a più non posso, nel senso che non ne potevo più. Allora presi a poterne di meno, e di meno potevo. Ma la bisbetica, indifferente a tutte le mie prodezze verbali, si lamentava come se piovesse: infatti piovevano lamentele e piovevano anche bisbetiche, dato che provai a lanciarla. Ma niente, la bisbetica era sempre lì, e tanto più era lì, tanto meno era da un’altra parte. Allora mi rassegnai: anziché lanciare la bisbetica, lanciai un chilometro e inventai così il chilometro lanciato. Mi procurai anche una lancia, ma non riuscivo a guidarla né a lanciarla, soprattutto per il gran peso del motore. Mi procurai un’altra lancia, e creai così una bilancia. Ci feci salire la bisbetica e le chiesi: “ma sei dimagrita? All’inizio della storia mica pesavi così poco!”
La bisbetica non capì, fece per accennare un sorriso ma poi si ricredette.
Allora salii sull’altro piatto della bilancia, che subito diventò un’altalena e iniziammo a giocare. Giocammo tutto il giorno, giocammo tanto che alla fine si dimenticò che era una bisbetica e si sentì in crisi di identità. Provai a dirle che era un raggio di sole e – lo credereste? – alla fine era proprio così. 

Per chi ha qualcosa da riridere


Ho un amico che non aveva mai niente da ridire, in compenso aveva molto da riridere.
Riridere è la risata che segue alla prima risata, quando gli iridi si irradiano di raggi di sole e di nuvolette, le pupille si fanno grandi e piccole e gli occhi si strizzano. Segue una contrazione dell’addome, il braccio che si alza a indicare non si sa cosa. Segue la ricerca stremata di una sedia per evitare di rotolare in terra, da tanto ridere, riridere, triridere.
Sul triridere, poi, bisogna stare attenti a non tririderare troppo la corda, per evitare che fosse quella di un violino come cui si era tesi molto prima cominciare a ridere, riridere, triridere.
E dato che le parole nuove abbondano, ne invento altre tre:
BISBELLICO: signore che una volta era bisbetico, ma poi ha iniziato a sbellicarsi!
BARBAGIACOMO: uccello notturno che vola in barba al sonno, dato che le sue gambe fanno Giacomo Giacomo.
GIACOMO: ragazzo che da grande voleva fare il comò, ma è poi stato deviato su Como, dove è già arrivato.
Ne avete abbastanza?
Ancora uno, scegliete voi quale:
APPICICCHIA: esclamazione anagrammatica.
PIRIPICCHIO: bambino o volatile di qualche storia passata.
CIPPIRI: nome proprio di merlo, maschile singolare.

Il musicista


Al musicista che lungo la strada
sceglie il motivo che più lo aggrada

e che per poche monete offerte
parte col pezzo che più lo diverte,

che fa fermare i bambini e le genti,
che poi ripartono tutti contenti,

bisogna dire un bel grazie sincero,
come ad un sogno che diventa vero,

perché la gioia è una cosa che ha scelto
e la dà a tutti col suo concerto. 

mercoledì 6 marzo 2013

La strada giusta


Il cuore è un posto
che un po’ conosco,
bello e carino,
ma un po’ nascosto.

Tanto è vicino
meno è lontano,
ma ci si arriva
solo per mano.

E questa mano,
- grande scoperta! -
non è afferrata,
ma sempre offerta!

martedì 5 marzo 2013

I pastelli a cena


Ho un’amica che ha i pastelli a cera.
Un’altra che hai pastelli a cena.
Che cosa gli ha offerto??
Che ne so, bisognerebbe capire cosa mangiano i pastelli. Le paste forse no, le pastelle men che meno. Ma men che meno potrebbe fare più, e allora io mi chiedo: come fanno a mangiarne di più, se non ne mangiavano neanche di meno?
Non so più rispondere, o forse non so meno rispondere, o forse so rispondere più o meno, ma non si sa se più più o più meno. Non lo sa neanche la mia amica, e per questo ha invitato i pastelli a cena: per chiederglielo.
E indovinate un po’ cosa le hanno risposto?

Ritrovare un amico


Ritrovare un amico
è scoprire che il cuore
cela in sé tante porte
dietro a cui c’è l’amore.

E la sua porticina
che credevi serrata,
è bastato un sorriso
e ti si è spalancata.

Il sorriso di un tempo,
un sorriso presente,
che ora brilla nel cuore
e puoi dare alla gente.




Dedicato a Camilla, mia nuova amica da sempre

lunedì 4 marzo 2013

Il cavolfiore


C’era una volta Augusto, indefesso operaio delle ferrovie, che stava riparando un cavo che passava rasoterra lungo un bel prato verde. Stava per afferrarlo, quando vide di fianco a sé un fiore. Esitante se coglierlo, sentì la voce del suo capo che gridava: “Augusto, o il cavo o il fiore!”
E Augusto scelse il cavolfiore. Ne aveva uno in tasca e lo scelse con tutto il gusto del mondo, ma mica per mangiarlo. Gli si aggrappò con entrambe le mani (era verde e bellissimo) e volò via. In particolare era il cavolfiore a volare, non Augusto, che però era ben saldo e salutava i suoi amici con i piedi, dato che con le mani era ben saldo.
Il cavolfiore faceva virate morbide nel cielo, le cabrate cabravano, i voli radenti radevano chi aveva la barba più lunga, i giri della morte resuscitavano uno dopo l’altro. E Augusto, sempre lì attaccato.
Volete sapere dove atterrarono?
Io non lo so, ma sono certo che fosse molto lontano, in un posto dove il vento si ferma solo un attimo, il tempo di far riposare il cavolfiore e poi far toccare il cielo a qualche altro operaio delle ferrovie, o alla signora Cesira, o al vecchio Giannone, che non dimenticheranno mai più quanto poco basti per prendere il volo. 

La scassapanca (una storia di colpi di scena)


Un giorno di questi, una cassapanca, incontrò per disgrazia una scassapanca. La scassapanca era una signora che pesava 532 chili e sette etti, e che quando vedeva una panca ci si tuffava di testa, certa che il resto del corpo, un po’ alla volta l’avrebbe seguita.
Ma la scassapanca era anche un’incudine, lanciata dal settimo piano. Direte voi: ma quella può essere anche una scassasedia, o una scassamarciapiedi, o una scassabruno, metti che Bruno passasse di lì. Ma io vi garantisco che quell’incudine era stata lanciata con mira proverbiale, e fu proprio per un soffio che la cassapanca la evitò. Ma poiché la evitò, la scassapanca si sentì subito rifiutata e dovette andare dallo psicologo. Una volta dallo psicologo, si sedette su una panca all’ingresso e la scassò. Allora si sedette sul pavimento, e lo sbeccò. Allora si sedette sul becco di un cormorano di passaggio, ma fu subito beccato e costretto ad alzarsi. Allora si sedette sul becco di un quattrino, ma non aveva neanche quello, tornò al settimo piano, esortò il suo lanciatore a smetterla di lanciarla e ritornò con tranquillità a discutere con l’amico martello.
PRIMO COLPO DI SCENA: il martello e il lanciatore, in realtà, erano la stessa persona.
SECONDO COLPO DI SCENA: la prima scassapanca, in realtà non era una vera scassapanca, perché anche se pesava 532 chili, si sedeva sempre con uno per volta con grande delicatezza.
Il TERZO COLPO DI SCENA, in realtà fu il PRIMO COLPO DI SCEMA: una scema non meglio identificata arrivò dal nulla e, vedendo la scena, le prese un colpo; non essendo un prodigio d’acume, raccontò a modo suo la scena al suo migliore amico, che rimase molto colpito: infatti lo colpì con un martello (ecco qual era il modo suo). Il martello però era anche il lanciatore, e qui c’è un
QUARTO COLPO DI SCENA: il martello, era in realtà un lanciatore del martello: si lanciò quindi talmente lontano che vinse in un colpo solo le Olimpiadi di questo e dell’anno passato, con tanto che l’anno passato non c’erano e in questo bisogna ancora iniziare a parlarne.

Il pendolare


Al pendolare che la mattina
va sul treno a testa china,

i problemi di tutto il giorno,
già nella testa che girano intorno,

io farei una deviazione
e saltando una stazione,

porterei il treno argentato,
su ogni lido del creato:

tra pianeti e stelle doppie,
tra cascate e fiumi a coppie,

dove è pace e non più guerra,
per le genti della terra

e se il sole è più caldino,
gli concilia un sonnellino...

Poi smontando dal vagone,
avrà in testa una visione

che è il futuro, è un sogno d’oro
che trasforma anche il lavoro. 

domenica 3 marzo 2013

La fialastrocca


Siccome ogni volta che scrivo "filastrocca" mi esce "fialastrocca", mi sono rassegnato e l’ho bevuta tutta d’un fiato.
Sulle prime mi sono cresciute altre quattro braccia: due hanno iniziato a fare esercizi di giocoleria mentre le altre due applaudivano, quindi si sono date un cinque, ma che dato un cinque gli pareva poco, si sono date un otto e anche un nove. Non avevo mai visto tante dita nelle mie 6 mani come in quel momento.
Poi le mani, le braccia e le unghie (immaginate quante fossero) si sono messe a dormire, ma l’effetto della fialastrocca è continuato: appoggiandomi sullo schienale della sedia sono diventato un palloncino, e sono volato via. Mentre volavo via, sono diventato una nuvola, ma non una nuvola qualunque: una nuvola a forma di palloncino, avreste dovuto vedere che tonda. Una nuvola chiara, senza ombra di pioggia, che guarda la terra bonaria e si sposta sempre un pochino per far passare i raggi del sole. Ma che brava!
E nonostante da nuvola si stesse veramente bene, vi racconto l’ultimo incredibile effetto della fialastrocca: di colpo, sono diventato nientemeno che me stesso, ma mica quello di prima: un me stesso nuovo e bello, che aveva imparato a sorridere, che aveva due braccia forti e nessuna paura di fare fatica: tutto quello che serve per cambiare, anche se un pochino per volta, il mondo intero. 

La parola magica


Corre il sole sulla terra,
quando è dura, quando è bella,
quando è dura un poco stride,
quando è bella ti sorride.

Ma col sole in uno sguardo,
si saprà senza ritardo,
che ogni cuore può sbocciare
imparando il verbo "amare".



(Dedicata all’amico Giò Guerzoni, che me lo ha appena ricordato). 

Giovannino di Girgenti

Giovannino di Girgenti,
quando ha freddo batte i denti,
batte all’uscio quando arriva,
se la batte (se partiva).

Batte il ferro finché è caldo,
batte il chiodo finché è saldo
batte un colpo se era assente,
batte il cuore se è presente.

Nel presente il cuore batte,
ride forte, prende il volo,
è tra mille sulla terra
e così non è mai solo.