lunedì 31 dicembre 2012

Esercizi di guida


Per arrivare prima, sono salito in macchina. Poiché andavo a una festa anni ’70, scelsi una marcia un po’ retrò: inserii la retromarcia. Non sapendo dove inserirla, la infilai nel baule e la macchina non partì. Ritentai: poiché la prima l’avevo messa prima, optai per la vice-prima, ossia la prima in seconda, e misi la seconda. Ma poiché misi la seconda per prima, la macchina si confuse ed iniziò a tossire.
Fu così che, piuttosto che niente, per seconda misi la prima, ma a seconda che mettessi per prima la prima o la seconda,  scoprì che per la macchina faceva una bella differenza! Per manifestare il suo dissenso, si spense per qualche minuto.
Allora pensai di farle una sorpresa: al suo risveglio si ritrovò nientemeno che in quinta! Un solo anno per iniziare le medie e non pensarci più!
La macchina apprezzò il buon proposito, ma forse non aveva un grande interesse per la sua istruzione, perché ancora una volta non partì.
Allora, dato che aveva tutti i sedili crespi, decisi di farle una bella frizione. L’idea della frizione fu un vero toccasana: la macchina partì all’improvviso con un boato allegro. Le marce presero a ingranarsi una dietro l’altra, si ingranavano così tanto che parevano un campo di pannocchie! Una volta arrivato, le raccolsi una per una e, entro mattina, ci sfornai dell’ottimo pane di grano morbido!

Io e la mucca


Avanzavo verso Lucca,
a cavallo di una mucca,

si stancò e verso le 6,
volle cavalcarmi lei.

Cavalcando su di me,
degustava un po’ di the,

ma ad andar con sopra questa,
a me venne il mal di testa.

Lo curò Vincenzo il gallo,
con un bel bottone giallo,

lo premette piano piano
e comparve un aeroplano.

E con quello, io e la mucca,
arrivammo fino a Lucca.

venerdì 28 dicembre 2012

Una nota di merito


C’era una volta un re,
seduto sopra un fa, 
diceva sol fa re
e borbottava un la.

C’era una volta un sol, 
diceva sempre si
“Vuoi questo? Te lo do.”
Ma il telo era del mi.

C’era una volta un MI,
un poco provinciale,
difatti fa provincia
ma è molto musicale!


Verba volant


Le regole sono fatte x essere in Francia. Così Pierino andò in Francia e dettò un sacco di regole, solo che lui le dettava, ma nessuno le scriveva. Per giunta, dato che verba volant - le parole volano - e lui ne aveva dette un sacco, finì che volò via anche lui. Una volta in cielo, aprì il sacco con tutte le regole che aveva dettato, ma quelle se la filarono ancora più in alto, perché non volevano essere né lette, né scritte. Incontrarono poi una nuvola di pioggia, e piovvero parole pesanti su tutta la terra. Ma ancora una volta, nessuno le scrisse. Gli abitanti del mondo erano diventati saggi, così aspettarono con pazienza il sole che le fece evaporare una per una e lasciò al loro posto decine di arcobaleni colorati. 

giovedì 27 dicembre 2012

La faraona


C’era una volta un faraone che faraonava a tutto spiano, facendo baldoria e creando una certa faraonda. Durante la baldoria che era stata organizzata da una sua balda amica di nome Gloria, ebbe modo di innamorarsi perdutamente di una faraona.
Logico, direbbe qualcuno.
Naturale, direbbe qualcun altro.
Eppure la faraona era piena di piume, e il faraone no. La faraona aveva il becco, mentre il faraone non aveva il becco di un quattrino (avendo tutto speso per foraggiare la balda Gloria, che era anche una discreta allevatrice, tant’è che la faraona gliel’aveva presentata lei).
Ancora: questa faraona in particolare, aveva un’espressione arcigna, creando un paradosso perché è noto (anche se non sappiamo a chi) che tra cigni e faraone non corra buon sangue.
Ciò nonostante, il faraone coltivò imperterrito il suo amore: per coltivarlo, piantò la faraona nel giardino reale, ottenendone entro breve una piantagione di faraone che faceva invidia anche agli Assiri e ai Vandali, quando erano fuori di prigione.
Si dice anche che nel periodo della lunga primavera egizia, quando le faraone fiorirono tutte insieme, persino il fiume Nilo si increspò un poco e salutò con un'onda di inchino quello spettacolo allegro e colorato.

lunedì 24 dicembre 2012

Lisa dagli occhi blu


Lisa dagli occhi blu,
senza le scarpe non cammini più!

Lisa dagli occhi verdi,
fai attenzione se no le perdi.

Lisa dagli occhi gialli, 
calzale bene o ti vengono i calli,

Lisa dagli occhi arancioni,
pensa “è Natale!” e non darmi calcioni!



domenica 23 dicembre 2012

Un figlio minerale


Dopo circa 5 anni di tenera convivenza, Luca e Anna, che comunque si amavano parecchio, ebbero un figlio naturale. E fin qui tutto bene, solo che ebbero anche un figlio minerale e avere un figlio minerale non è semplice.
Innanzitutto bisognerebbe capire se è quarzo o masonite, ma anche fatto quello, è comunque difficile comunicare, il dialogo langue e il pargolo tende a rimanere un po’ statico sulle proprie idee ma, siccome non le ha mai dette a nessuno, non si sa neanche se fossero buone o piuttosto stupidaggini. Immaginate la preoccupazione di due poveri genitori che non sanno neanche cosa pensi il loro figliolo e si vedono privata persino la soddisfazione di litigarci un po' durante l’adolescenza.
Prima di concludere la storia, vorrei comunque fare un saluto al figlio naturale, che si chiama Giorgio, ha un dente dritto e uno storto e non sarebbe sicuramente giusto dimenticare, anche se non è né di quarzo né di masonite.
Tornando invece al secondogenito, bisogna dire non era un minerale come molti, ma un minerale come pochi, quindi un oligominerale: con questa fortuna, ebbe modo di trovare un impiego nella catena di distribuzione dell’acqua, dalle bottiglie ai rubinetti e, nei momenti più importanti della sua carriera, persino nell’acqua di fonte. 

La scarlattina


Oh povero povero Marietto malato!
Si è preso la scarlattina?
Ma come? Ma quale? Ma quando?
Era una scarlattina di coca cola, l’ha bevuta e si è ammalato, l’ha tirata sulla testa e ha tirato su la testa, per vedere se la testa che aveva mirato effettivamente l’avesse presa. Macché.
Per la delusione Marietto si è ammalato ancor di più, che è molto più che ancor di meno.
Perché non attaccasse il suo malanno a tutta la scuola, gli hanno cercato una varicella di isolamento, ma vedete da voi che così facendo le cose non hanno potuto che peggiorare.
Fortunatamente, Marietto aveva con sé varie chiavi, con cui ha aperto la porta della varicella e si andato a prendere una boccata d’aria. Dopo averla presa, però, non se l’è messa in tasca, non l’ha portata a casa e non l’ha conservata per farla odorare ai suoi amici. L’ha respirata e l’ha restituita al mondo con un’espiro di gioia, così che tutti potessero godersela. Ed è così che è guarito del tutto. 

venerdì 21 dicembre 2012

I prossimi alberi

Una volta il signor Rossi era in ritardo e piantò la macchina nel primo buco che trovò libero. 
Il primo buco era in campagna, e il signor Rossi, uscendo dal suo appuntamento, trovò l'automobile non solo assai più radicata di prima, ma anche sul punto di sbocciare. Il suo motore, adesso, andava a nuvole e il volante non si girava più, ma mica per un guasto: era puntato nell'unica direzione in cui era tempo di muoversi, e questa direzione era il cielo.

mercoledì 19 dicembre 2012

Un popo' di oca


Un tamburo di burro,
per gli amici un tamburro,
vide un popo’ di oca,
per gli amici un po’ poca.

“Sarai pure abbondante,
eppur mica bastante!”
Dice il primo e sghignazza
da di dentro a una tazza.

“Sono poca, mi dici,
ma è perché ho tanti amici!”
gli risponde l’ochetta,
mentre canta e cinguetta.

Così guarda l’amico,
ma lo guarda e non sa
se lo chiede, vi dico,
come si suonerà.

Per suonarlo ha comprato
un cucchiaio d’argento,
lo vendevano a rate,
ne ho pagate duecento,

ieri mancava un euro,
oggi uno più uno
e se il sole lo scioglie,
non lo suona nessuno. 

martedì 18 dicembre 2012

I fiaschi per fischi


Ho un amico che prende fischi per fiaschi. I fischi li compra al mercato dei fischi e ne infila tre a fiasco. Per ogni fiasco, ossia un fischio che casca o comunque salta il fiasco (o salta il pasto, ma magari avrà più appetito per cena), non si perde d’animo, ma anzi ci si trova. Per farlo, si fissa allo specchio e si dice: “Ti trovo d’animo, bravo!” e si dà una pacca sulla spalla girando su se stesso.
Una volta si è confuso e, invece dei fischi per fiaschi, ha preso fiaschi per fischi, ossia dei fiaschi dentro cui soffiare per fare dei fischi. Così ha scoperto che, con un fiasco per fischi, può ammortizzare un fischio per fiasco ogni due fischi, perché uno lo fischia già dentro e così può evitare la fatica di infilarcelo.
Con questo sistema risparmia un giorno all’ora e, anziché metterlo in banca, lo regala a tutti quelli che passano, a volte con un sorriso, a volte con due, a volte dando una mano con entrambe le mani.

lunedì 17 dicembre 2012

Che cos’ho nel piatto


Ho nel piatto un piattello, 
un formaggio di pesche,
una mucca, un secchiello,
quattro bionde tedesche,

quattro piatti di arance,
cinque tondi di carta,
un orecchio, due guance,
un sorriso, zia Marta.

Se la zia mi fa cenno
Che laggiù c’è una festa,
dico, mica tentenno!
E mi tuffo di testa.

E così dentro al piatto
troverete un caffè,
un diamante scarlatto
e per giunta anche me! 

domenica 16 dicembre 2012

Il sommario


C’era una volta un sommario che si chiamava Mario. Giorno e notte diceva: “Sommario!”.
Gli rispondevano i capitoli, le terzine e le quartine (anche le quintine, quando qualcuno le scriveva):
“Lo sappiamo che sei Mario, ma che ce lo ripeti a fare?”
In realtà Mario il sommario viveva in un sussidiario, che non era il diario di Sussi, cugina di Sissi la principessa che aveva frequentato la quarta declinazione durante la fanciullezza, ma proprio il sussidiario su cui studiano i bambini a scuola.
In quel sussidiario spiccava, forse per il colore, il capitolo di Geografia, in particolare quello sui fiumi del mondo di pagina 36. Tra questi scorrevano il Rio delle Amazzoni, il Rio Bravo e il Rio Meno Bravo, ma in Compenso Tanto Buono.
In realtà il sommario, che era un ecologista, proponeva di sommare il corso di tutti i fiumi del mondo per ricavare un sacco di energia elettrica. Dove mettere questo sacco e chi si sarebbe sentito di maneggiarlo, non si sapeva ancora, ma intanto, ogni volta che leggeva un fiume gridava: “Somma-rio!” e si immaginava i corsi d’acqua che confluivano ridendo, dandosi schiaffoni di gioia e dissetando il cielo e la terra.
Non lo hanno capito i capitoli, che al massimo potevano capitolarlo, ma decisamente non era quello che lui aveva in mente. Non lo capivano le quartine, le cinquine e le tombole, che avevano fatto un capitombolo incontrandosi quasi per caso con i capitoli che capitolavano inavvertitamente da quelle parti e con cui ci scappò comunque una bella chiacchierata.
Lo capì però molto bene il sussidia-rio che, non solo - contenendo tutti - convinse gli altri uno a uno, ma riuscì anche a trovare una speciale sovvenzione per il progetto.

giovedì 13 dicembre 2012

Il piccione impiccione


C’era una volta un piccione un poco impiccione. Impiccia che ti impiccia, andò a impicciarsi di un picciolo. Non era un picciolo qualunque, ma un picciolo piccino picciò. Così scoprì che il picciolo era un poco impacciato, forse per via delle sue dimensioni, e stava sempre appiccicato a una simpatica mela che le dava sicurezza. Dove il picciolo mettesse questa sicurezza, noi non lo sappiamo dire, ma magari lo sappiamo cantare; il piccione invece no, perché chi pensa sempre a impicciarsi, difficilmente troverà il tempo di fare tante cose allegre. 

La gamba di Gianlucarlo


«Mi si è addormentata la gamba.»
«E tu svegliala!»
E Gianlucarlo, che non voleva essere invadente con la sua gamba, si precipitò a comprare una sveglia da coscia, o quantomeno da polpaccio, per ricominciare poco a poco a camminare.
Per precipitarsi, dovette per forza usare una scarpata, che però non sapeva a chi dare, anche perché la gamba ancora dormiva. Bel problema!
Per inciso: un bel problema è un po' meglio di un brutto problema, ma resta un problema. Non solo: se non restasse, ma andasse, sempre un problema sarebbe. Se non semprasse, ma maiasse, sarebbe assai meglio a meno che l’asse non ti servisse, o che l’asse non ti sembrasse, o che l’asse non ti semprasse, giacché l’asse è sempr un asse.
Tutto questo, però, giova poco alla gamba di Gianlucarlo, che tanto quanto dorme, è informicolata. Per liberarla, è stato chiamato il più importante formichiere del regno di Formichide, che però, disgraziatamente, è a dieta proprio da questo novembre in vista delle abbuffate natalizie.
Giancarlo, che alla fin fine doveva andare a scuola perché erano quasi le 8, lo sellò con un gesto elegante e con risoluta gentilezza convinse il formichiere a portarlo fino alla terza C.
E fu proprio lì che, un paio d’ore dopo, proprio a metà dell'ora di geografia, la gamba si svegliò da sola con un grande sbadiglio. 

lunedì 10 dicembre 2012

Il punk


C’era una volta un punk,
con i capelli in piè,
diceva «Sono stanc»,
faceva «Perepè!»

Piccola la sua amica,
di nome Bernadette,
insomma, una punkina
e lui ci si sedett. 

sabato 8 dicembre 2012

Il regno di Virgoland


Un giorno, gli abitanti del regno di Virgoland si resero improvvisamente conto che erano senza un sovrano. I suoi abitanti erano tutte virgole e virgolette, ma c’erano anche le virgoscritte, di cui si sente parlare meno ma che si vedono spessissimo senza neanche accorgersi. Entrambe poi si dividono in due categorie molto importanti: quelle aperte, che sono di mentalità più liberale, e quelle chiuse, spesso usate come dighe, per arginare ad esempio delle frasi eccessivamente irruenti.
Nella ricerca del regnante, decisero di rivolgersi al punto, che passava proprio in quel punto guidando una Punto.
Gli dissero: “Tu guidi una Punto?”  
Rispose: “Appunto.”
E scese dalla macchina, perché l’idea di fare il re non gli dispiaceva neanche un po’.
Poco prima dell’incoronazione, tuttavia, a una virgolotta (tipo di virgoletta poco conosciuto ma assai combattivo) scappò detto un dato editto che fu presto letto. 
Si diceva: «Il regno è splendido e sicuramente si andrà a migliorare ora che a capo vi è il punto.»
Sentita la frase, il punto non ci mise né uno né due, ma tre: e per tre volte se ne andò a capo, confermando agli abitanti del regno di Virgoland che, anche per quella volta, sarebbe toccato loro cavarsela da soli. 

La testa fasciata


Conobbi un tipo strano,
viveva in una grotta,
fasciava la sua testa
prima di averla rotta.

Un tale ancor più strano
nella grotta lì accanto,
vedeva nella fascia
un motivo di vanto:

correva contro il muro
per tutta la giornata,
per rompere la testa
ed averla fasciata.

E tutti e due quei tizi
non dico non sian buoni,
ma a vederli pensavo:
che paio di zucconi!

venerdì 7 dicembre 2012

Tra un paio d'orecchie


Un giorno, non so perché, il signor Rino disse al signor Pino: "ci vediamo tra un paio d’orette."
Il signor Pino, però, che aveva difficoltà a sentire quello che diceva il signor Rino, intese "tra un paio d’orecchie". Lì per lì annuì, ma in seguito continuò a interrogarsi su quali potessero essere le orecchie in seguito a cui si sarebbero visti.
Potevano essere quelle a sventolina della signora Pina? O quelle a elica della signora Erica? Forse quelle a girella della signora Lorella, o quelle a spago di un signore vago, che ogni volta che si parlava di orecchie non si capiva di che orecchie si parlasse. Ma erano comunque due, e potevano certamente essere quelle a cui si riferiva il signor Rino.
Fatto sta che il signor Pino, intento com’era a sondare le orecchie del prossimo, due ore dopo non era più lì e il signor Rino dovette darsi un bel da fare a cercarlo!

giovedì 6 dicembre 2012

Un mondo splendido: questo

C'é un tale di Agrigento, 
che ha un dollaro d'argento, 
lo tiene sopra al naso, 
apposta, non per caso. 

Il caso l'ha portato
 a dare una nasata, 
sulla zecca di stato, 
che però é abbondonata. 

Un dollaro di carta 
per me non vale niente, 
se non lo garantisce 
il sudore della gente. 

Perché vale il lavoro, 
l'impegno, la fatica, 
non tanto la parola 
di gente poco amica. 

Allora venga fuori 
chi agisce di nascosto, 
chi predica star bene 
e fa tutto l'opposto. 

Perché nel nostro mondo 
ci sono dei privati, 
che con una parola, 
fanno più degli stati. 

Uscite allo scoperto, 
guardate il cielo aperto, 
un poco d'acqua e il sole
 fa fiorire il deserto. 

Noi siamo questo mondo, 
non solo lo abitiamo, 
riempiamo bene il petto, 
insieme, per la mano, 

diamo alla nostra terra 
un poco di altro amore, 
per renderla ospitale, 
per gli occhi e per il cuore.

mercoledì 5 dicembre 2012

Un po' di etimologia

Di un tale munito di asta, si può ben dire che sia astuto. Astuta, tuttavia, è anche quella signora che, per mettersi la tuta, mi ha chiesto se posso tenerle un attimo l'asta: mentre le tengo l'asta, dunque, mi astengo. Ma mi astengo anche se ho un'asta a cui tengo molto, o una a cui MI tengo molto, ad esempio x evitare di cadere e sbucciarmi il ginocchio. 
Altri casi strani: ad esempio, se le aste sono tante, abbiamo un astante, ma non si capisce perché uno solo! Queste aste sono mal distribuite! 
Non è tutto: nessuno si é mai neanche insospettito x il fatto che, quando le aste sono poche, nessuno parli di aspoche (una volta, quantomeno, ho fatto una partita a spoker, dove vince chi é più sincero). Ne parlavo proprio con un amico Astigiano, che vedeva l'asta da due fronti: innanzitutto sopra le sopracciglia; in secondo lungo, proprio qui bifronte. Qui bifronte, tra l'altro, tra un'asta e l'altra, dove c'é un'a-sta tale che le macchine ci passano agevolmente. Ma ci si può anche passeggiare soltanto, ovvero con tanto sole, ed é proprio quello che farò! 

domenica 2 dicembre 2012

Il bacio della buonanotte


Le mie gambe sono stanche,
doloranti son le anche,
le mie ossa tutte rotte,
voglio il bacio della buonanotte!

Il mio umore è un po’ scostante
ho finito anche il contante,
piove e ho le finestre aperte,
mi rimbocchi le coperte?

Lo chiedevo, lo speravo,
niente! Neanche Don Gustavo!
(...non è buono per contratto?
Non ha avuto mica tatto!)

E così, pensando ad Aldo
mi son fatto un bagno caldo,
innaffiando la ginestra
ho anche chiuso la finestra,

per i soldi in sovrappiù
mi ci impegno un po’ di più. 

E tutti coloro che han voglia di fare
la notte dei sogni li possa cullare.