venerdì 30 novembre 2012

Il numero cinico

C'era un tale che era così antipatico che abitava a un numero cinico. Per curarlo lo portarono in un ospedale, che stava invece a un certo numero clinico. Non servì: così, con l'idea di farlo almeno svagare un po', lo portarono da un ciclista, che stava ad un numero ciclico. Tuttavia anche il signor Pino Pirin, beneamato costruttore di girandole, abitava ad un numero ciclico e così incontrarono lui: Pirin Pino consigliò, per risolvere il problema, di recarsi da un limone suo conoscente, che alloggiava poche vie più in là ad un preciso numero citrico. Il limone non c'era, ma al suo indirizzo trovarono il suo amico avocado che, a sorpresa, regalò la sua V al nostro amico. Fu un atto eroico, perché diventò un "Ahò! Cado!" e cadendo si graffiò il naso, ma me valse la pena: il numero cinico fu subito riparato e quel tale divenne molto, molto più simpatico.

giovedì 29 novembre 2012

Un francopollo


C’è un polletto per la strada
che ha sbagliato di contrada
e arrivando vede un pollo
con in mano un francobollo:

corre con il bollo in mano,
ma il fattore un poco strano,
è di ritorno alla fattoria
(mentre vi giuro, prima era via)

e indicandolo col dito
Pensa: “Come va spedito!”
Così gli attacca il bollo alla nuca,
trova la posta e quindi lo imbuca.

Indirizzo: "strada quell’altra"
e se vi sembra una cosa scaltra,
quell'indirizzo faceva rima
con la contrada del pollo di prima!

mercoledì 28 novembre 2012

Il pollice verde ma non solo!


C’è un tale che ha il pollice verde, con cui fa crescere un sacco di piante.
Però ha anche l’indice giallo, e dove indica si riempie di sole. Il mignolo ce l’ha arancione e lo usa per condire le carote, se per caso si sono sbiadite. Sia chiaro, prima che qualcuno lo addenti lo tira fuori e lo rimette in tasca così che la carota non è più condita, ma senza.
Il medio è azzurro e va bene per accendere la tv, o meglio ancora per spegnerla, ma anche per usare il cielo come teleferica, quando è bel tempo. In pratica si alza il dito finché non passi una nuvola particolarmente intonata al suo colore, quindi si fa un saltino ma piccolo e si può atterrare anche a Timbuctù! 
Rimane il dito anulare, che è bianco come il bianco degli occhi, come il bianco dell’uovo, come il bianco della luce abbagliante. Con questo dito ci può fare una promessa, ci può grattare la testa o usarlo come lampadina quando è buio. Una volta questo signore l’ha infilato nella presa e le centrali elettriche si sono caricate come delle super batterie che rullavano a più non posso. Quell’anulare ha velocemente sostituito il petrolio, il cielo si è fatto assai più azzurro e i viaggi fatti col dito medio sono in costante aumento.

Pensate un po’ che questa è soltanto la mano sinistra del mio signore. Quell’altra ce l’ha in tasca, e provate un po’ a dire che colori nasconde?

lunedì 26 novembre 2012

Lo stupendio

Un giorno all’ingegner Calogero Pippicchietta, per un inspiegabile errore, venne consegnata a fine mese, nel momento del compenso mensile, una busta un po’ diversa dal solito.
Era tutta d’oro, ma se guardavi dentro era azzurra, se ti guardavi in giro era chiaro perché c’era il sole e se chiudevi gli occhi era rossiccio, sempre perché c’era il sole.
Dentro la busta c’era uno STUPENDIO, che era veramente stupendio. Direi impagabile.
Con il suo stupendio ci comprò dieci barrette di cioccolata e tutti i bambini a cui le regalava si stupivano, da quanto erano deliziose.
Ma ci comprò anche dei fiori per sua moglie, che li arrossì quando li ricevette.
Ma li regalò anche a un signore col naso rosso e un vestito sgualcito, che lo guardò come se fosse arrivato volando (era arrivato volando?).
Ma contribuì anche al restauro di un vecchio museo.
Ma aiutò anche Gianluca, che era il suo nipotino, a studiare la storia, dato che non riusciva mai a ricordarla.
Ma indicò anche il cielo, e una rondinella che volava a un vecchio signore che faceva fatica a sollevare il collo, e lo aiutò a reggersi.
Ma fece anche pace con Tommaso, con cui aveva litigato da ormai 15 giorni per una questione che riguardava un piatto di fagioli. L’ingegner Calogero, nel presentarsi a casa sua, gli fece dono di una fantastica fagioliera, che consisteva in una scatola da cui sbucavano fagioli ogni volta che l’aprivi, salvo poi rientrarci ogni volta che la stavi per chiudere.
Ma sbatté anche gli occhi di meraviglia quando vide che il suo stupendio non era finito, ma stava appena iniziando. Che non era un compenso, ma un regalo. E non un regalo qualunque, ma il regalo più bello: un regalo da fare. 

domenica 25 novembre 2012

Il volantonio



Un giorno, il signor Antonio stava distribuendo dei volantini nella sua città, che era Perugia.
Quello che c’era scritto sui volantini non lo possiamo dire adesso, ma era una cosa importante, a cui teneva, e li dava a ciascuno con il cuore.
Tanto che a un certo punto, proprio mentre stava per dare il duecentrentunesimo alla signora Pina, si ritrovò improvvisamente trasformato in un Volantonio!
Un volantonio è un Antonio volante: non un Antonio per guidare la macchina, ma proprio un Antonio che vola. Vola in mezzo al cielo, vola in cima al Duomo, vola nelle piazze e chi lo vede sorride e capisce.
Capisce il sorriso di Antonio, capisce il proprio e forse anche quello che Antonio voleva dire e magari non era neanche riuscito a scrivere.
Gira nel cielo Antonio, fa le capriole, guarda tutti con gli occhi dolci da cui piovono scintille che sono i suoi passi, i suoi volantini, i suoi “grazie”.
Vede da lontano il suo amico Otto, che mica sta per terra: è un Ottovolante! E allora come si fa a non fare un giro?
Così Antonio gira, gira in aria, gira nel cielo e gira sul marciapiedi. E ride.
Quando torna a casa la sera, dà un bacio alla moglie che gli chiede se è stanco. Antonio non tiene gli occhi aperti, è crollato sul letto eppure sta ancora volando, perché nessuna fatica è più dolce di fare ciò in cui si crede. 

sabato 24 novembre 2012

Le chiavi della savana


Filastrocca tutta gialla,
ho incontrato una sciacalla,
che passeggiando ha incontrato un leone
che camminava sul cornicione.

Gli chiede questa: “mio caro re,
ti sembra il posto più adatto a te?”
Rispose quello, un poco confuso:
“Alla savana ho trovato chiuso!

Senza le chiavi, giravo in centro
e mi si è chiusa la porta da dentro!
Così ora cerco, da qui su in alto,
di entrar da sopra con un bel salto.”

La filastrocca si è poi fatta viola
e chi ho incontrato tornando da scuola?
Proprio il leone, che è sì saltato
però è finito nel posto sbagliato:

da un falegname che taglia la legna
poi la consegna in pronta consegna,
e che tra un'asse e altrettante travi
porge al leone un mazzo di chiavi.

Non sono quelle della savana
(forse ne ha un paio la jena Guliana?)
ma sono quelle del buon sentimento
e quando arriva è un po’ più contento. 

venerdì 23 novembre 2012

Chi è stato?

Un giorno la maestra, scrivendo alla lavagna, sentì uno strano scroscio. 
Si girò é chiese "Chi é stato?" 
Subito l'Italia e la Francia alzarono la mano. La maestra però non era sicura che fossero state loro. Nella classe di terza, quella della maestra Giovannini, ricordava bene di aver sentito la piccola Asia che si vantava di essere continente, mentre il suo fratellino (per quanto non fosse poi così "ino"), a volte se la faceva ancora addosso! E in effetti, aprendo l'armadio dei gessetti colorati, trovò proprio il piccolo Nilo, nascosto lì da chissà quanto e che la salutava sorridendo!

mercoledì 21 novembre 2012

Il signor Soqualcosa de Nonsoché


Un giorno, il signor Nonsocosa si incontrò in cima al monte Altocosà con il signor Soqualcosa de Nonsoché.
Il signor Soqualcosa de Nonsoché  era un nobile, ma non ne ricordo il titolo. Il sottotitolo però suonava così: Sua Eccezione il Gran Dimenticatore di Corte, di Lunghe, di Cotte di Maglia e di Crude di Felpa, dal Lunedì al Mercoledì Chiamare Ore Pasti, Grazie.
Che volendo si poteva sintetizzare con la comoda sigla G.D.C.L.C.M.C.F.L.M.C.O.P.G., che tra l’altro corrisponde, in numeri romani, a una cifra che non verrà calcolata prima che il Sacro Romano Impero Germanico, con cui comunque il Signor Soqualcosa de Nonsoché non aveva già nulla a che fare, non venisse dimenticato del tutto.
(un signore di Piacenza, leggendo questa frase, mi fece i complimenti per le subordinate; così che, colto da crisi di coscienza, le assunsi tutte)

Dunque si incontrarono in cima a un monte e il dialogo che ne seguì fu il seguente (seguitelo bene, prima che vi semini, vi innaffi e vi guardi germogliare):

«Ha visto di là?»
«No! Però mi scusi, se anche avessi visto, cosa mi dovrebbe importare?»
«Non le dovrei importare nulla, ho chiuso da un pezzo con le importazioni. Una volta importavo pezzi di chiusa, con cui tappavano i fori delle dighe che si bucavano ...però se vuole le esporto dei calzini! Ne ha mica un paio che avanzano?»
«Ma si figuri: ne ho un paio che indietreggiano, pavidi che non sono altro! Le vanno bene lo stesso?»
«Purtroppo non è la mia taglia.»
«Lo spero bene! Cos’era, ricercato?»
«Ma no guardi che io sono uno molto alla mano. E lei?»
«Io sono molto all’orecchio: adoro bisbigliare, del resto le biglie mi affascinano da quando avevo cinque anni, che difatti ho barattato con un sacchetto di biglie e una tavoletta di marmellata.»
«Ma come una tavoletta di marmellata? Non era troppo molle?»
«Ma neanche per niente! Provi provi, non faccia il timido, la addenti!»
E il signor Soqualcosa de Nonsoché non fece il timido, provò provò, addentò e si fece una bella scorpacciata. 

martedì 20 novembre 2012

Lo sciacallo


Un giorno allo Scià di Persia venne un callo.
Un vero e proprio scia-callo, che guardacaso lo morse proprio sul callo.
Per morderlo sul callo, dovette mordersi da solo, un po’ come un cane che si morde la coda.
Ma lo sciacallo non era un cane e non aveva la coda, perché era solo un callo, anche se un callo dello Scià di Persia. E non aveva neanche i denti, dato che era solo un callo dello Scià di Persia.
Allora si fece crescere la coda, ma invece di farsi una treccia, la morse.
I denti se li fece prestare da nonno Pino, che tanto faceva la siesta e in quel momento non gli servivano.
Lo sciacallo fu molto pacificato, lo Scià di Persia assai meno, perché sentì parecchio male. In compenso un nuovo animale era nato, con grande festa della zoologia mondiale. 

Il paese del sì e del no


Un giorno il papà promise al piccolo Carletto che l’avrebbe portato al poligono.
Si trattava di fare un bel viaggio, che consisteva nell’attraversare quasi tutto il paese del Sì e del No, fino alla provincia di Volentieri. Partendo di buon’ora, arrivarono nel pomeriggio e visitarono uno splendido ottagono con tutte le facce colorate.
Lì dentro non c’era l’ombra di una pistola, ma non c’era neanche una pistola alla luce. Nel paese del Sì e del No, uno dei no è stato per tutte le armi. Alcune di esse sono diventati degli utensili, altre vivono soltanto nella memoria di alcuni vecchietti, un po’ pensierosi quando guardano per aria, più sorridenti quando appoggiano lo sguardo per terra e ci trovano i bambini che corrono.

Lo snonno


Papparapà è il papà
del papà del papà.
Il trisnonno è un tris di nonni,
tutti nello stesso piatto
e neanche uno con la dentiera.
Il bisnonno, invece, è tutt’altro che un bis di nonni:
è un doppio snonno.
Ma cos’è uno snonno?
Non lo so, ma un nonno non è. Difatti se glielo chiedi: «scusa tu sei un nonno?»
La risposta è «No no!»,
che a un occhio disattento potrebbe sembrare qualsiasi cosa, ma dato che lui l’ha pronunciato e mica scritto, anche un occhio attento non avrebbe aiutato di molto.
Abbiamo allora consultato il professor Professori, grande professionista di professioni, chiedendogli:
«Ci scusi, esimio...»
«Dica dica! »
«Ha mica visto uno snonno?»
«Ce n’era uno poco fa con una mamma. Appena la mamma è smammata, indovinate un cos’ha fatto lui?»




lunedì 19 novembre 2012

Una storia piripicchia


Una storia piripicchia,
che di nome fa Accipicchia,
di cognome fa accidenti
e difatti picchia i denti! 

Per pagarcisi il dentista,
di orologi fa una lista:
6 cucù alla prima rata,
è così si è cu-curata!






Purtroppo, nella foga di curarsi, la storia piripicchia è divenuta un po' balbuziente. Fortuna che per l'altro po' invece no. 

domenica 18 novembre 2012

La musica idraulica


Luigi era un idraulico che voleva fare il musicista, solo che non sapeva suonare un tubo. Però ci si mise di impegno e, col tempo, imparò a suonare tutti i tubi, anche quelli dei lavandini, delle docce e persino quelli giganteschi degli acquedotti comunali.
Era così contento della sua nuova arte che insegnò al suo amico meccanico a suonare i tubi di scappamento (quando le macchine erano spente) e questi ci passava delle belle pause pranzo, facendo tintinnare l’officina di musiche leggere che facevano girare i passanti. Gli altri meccanici si riempivano il petto e raccontavano ai clienti della musica dei motori, dicendo che solo in pochi potevano capirla.
Un giorno il nostro idraulico passeggiava zufolando con un tubetto di dentifricio (abbiamo detto che i tubi li sapeva suonare proprio tutti, soprattutto quelli dei bagni) e rivide per caso un suo vecchio amico di infanzia. Scoprì così che questi era diventato un importante commerciante di strumenti musicali: la sua fortuna era iniziata pochi anni prima, quando aveva scoperto in cantina un vecchio clarino e l’aveva lucidato tanto da inventare il clarinetto.
Lo invitò nel suo negozio. Luigi fu molto ammirato, ma a un certo punto svoltò l’angolo e vide qualcosa di incredibile: il reparto dedicato alle tube!
I tubi della sua valigetta da idraulico iniziarono a fremere e alla fine scapparono fuori tutti insieme. Luigi li aveva suonati così tanto che avevano acquisito un certo portamento nobile. Iniziarono a tubolare delle splendide serenate, a cui le tube rispondevano con timide risatine d’ottone.
Fu un giorno memorabile, e l’amore tra tubi e tube mutò per sempre il volto dell’idraulica, che divenne un po’ meno aulica e molto più musicale.
Cambiò anche il volto della musica, che divenne decisamente più fluida.
Certo le rivoluzioni non sono tutte uguali e di alcune, anche se sono avvenute, se ne accorgono in pochi: in questo caso Luigi, il suo amico negoziante e una gentile coppia di colombi, che tubano da allora in ricordo di questa bella giornata.

sabato 17 novembre 2012

Sei quartine in folle rima, la settima i saluti


Se hai qualcosa da ridire
per il grande diradare
che fa il bosco delle lire
che poi ti dovrò ridare,

io ti resto ad ascoltare
come il gran tonfo del mare
quando Eugenio si è tuffato
e di sotto c’era il prato.

Ma com’è – mi chiederete
che ha tonfato pure il mare,
se per giunta neanche c’era
e la giunta è comunale?

Quella giunta non è giunta,
quella cinta non è cinta,
quella donna non è incinta
e la pancia la ha dipinta.

L’ha dipinta come quelli
che non eran pesci rossi,
non essendo tra gli uccelli
cantai come se lo fossi.

Questo canto va nel bosco
questo mare lo conosco
se son stanco c’è lì uno chiosco
se son bello non son losco,

non son losco e ti sorrido
uso tutti quanti i denti,
ti ringrazio, ti saluto,
porta un bacio anche ai parenti. 

Il mondo dei sogni


Questa è la storia dei bambini "volanti".
A chi poi sia venuta l’idea di usare dei poveri bambini per guidare, non posso immaginarlo. Non si potevano lasciare a giocare? E poi anche solo da un punto di vista pratico: per dove si giravano, per le orecchie?
Ma sciocco, mica li usavano per guidare le macchine! I bambini possono guidare i sogni, che è il loro vero mondo ed è anche il mondo vero per gli altri.
Certo per guidare fino a lì qualcosa bisogna cambiare, ed è per questo che si usa il cambio.
Con un po’ di sano cambiamento, si potranno iniziare a eliminare i vetri anteriori, posteriori, i finestrini, cose che finivano per sembrarci tutto il mondo. Andare con la faccia nuda incontro al vento del mondo dei sogni, invece, è tutta un’altra cosa. I bambini fanno strada, molti altri seguono e per arrivarci non serve dormire, ma svegliarsi del tutto.

venerdì 16 novembre 2012

Uno zio speciale


C’è un tale via di qua
fratello di un papà,
lo so non sono io,
di nome fa ORA-ZÍO!

È facile da dire
e più da digerire
fratello di un però,
di nome fa Bibò.

Successe che una volta,
la neve si era sciolta,  
parlando con Pancrazio
conobbi un certo STRA-ZIO,

Ma sarà lui, che dici?
È il primo degli amici,
lo zio così speciale,
che canta a carnevale,

lo zio sa di lillà
e gli hanno aggiunto “stra”!
Così succede poi,
che tra super eroi

passando per la strada
vede in terra STRA-ADA!
Le porge la sua mano,
lei si alza piano piano,

insieme vanno via,
con grande cortesia,
salutan zio Bibò
che ha messo il palettò. 

giovedì 15 novembre 2012

Il latte versato


Mi hanno versato del latte, ma non avevo più neanche un biscotto. Non sapendo dove piangere, optai per il latte versato.
Il latte allora, un po’ indispettito, prese a farmi il verso:
«Uè uè!», mi diceva, e muoveva tutta la tazza.
Allora mi offesi un poco e anch’io gli feci il verso. Scelsi quello della mucca:
«Muuuuuuuuuuuuuuuu», dissi con fermezza.
Successe però che al latte vene la nostalgia della sua mamma e, per non guardarmi più in faccia, si girò dall’altro verso.
Per scusarmi, provai con un altro verso; la mucca l’avevo già usata, per cui provai con un fiorentino del ‘400. Mai studiato, Perbacco! E perciò dissi così:

«Mentre viaggiavo in una selva oscura,
vidi poco lontano una radura,
che la diritta via parea smarrita
e invece era solo una salita.»

Sentendo parlare di salita, al latte venne in mente la montagna.
Sentendo parlare di montagna, alla salita venne in mente il latte.

«Ma io stavo parlando con il latte, non con la salita! Cosa mi importa adesso della salita!»
«Veramente il latte non ti stava guardando, si era anche appena girato.»
«Benappunto, dovrei sincerarmi di essere riuscito a fare pace! Dunque mi faccia la cortesia, con la salita parliamo dopo, che da quanto è lunga mi pare ci sia un sacco di tempo, ora sia gentile e mi passi il latte prima che vada a male.»

Il latte, nel frattempo, si era accorto che uno dei due versanti della montagna era proprio quello che l’aveva versato stamattina!
Non vi dico la gioia che gli venne quando si ricordò di essere un latte di alta montagna. Si versò di corsa in un paio di scarponi e in uno zaino, e partì subito alla volta dei pendii.
Mi salutò con calore, perché nel frattempo avevamo fatto pace.
Così gli regalai la foto di una mucca tale e quale a sua mamma e di una lattina tale e quale a sua figlia. E ne ebbi in cambio la foto di un coccodrillo finalmente a posto con la coscienza, e che non versava più lacrime da nessuna parte, tantomeno sul latte versato. 







NOTA
In totale, la salita si è un po' offesa. Due parole anche con lei:
«Buongiorno cara salita, non è ora di scendere?»
«Buongiorno caro Andrea, se è tanto caro chi se lo compra?»
«Non so chi se lo compri, ma più che caro mi sembra un po' nuvolo. Però danno sole per stasera a neanche mezzo emisfero da qui.»
«Bene caro Andrea, se gliene danno un po' di più me ne tenga un pezzetto, ecco le lascio anche il sacchetto così non ne sprechiamo uno nuovo.»
«Ma certo signora salita. Il sacchetto però lo tenga, riposi bene stanotte e vedrà che sorpresa domani!»




mercoledì 14 novembre 2012

Il vento di sciroppo


Il vento di sciroppo
è molto curativo,
non ne prendi mai troppo,
non è neanche cattivo.

È un rimedio leggero
che quando non stai bene,
ti cerca in tutto il cielo...
Arriva! Eccolo! viene!

E alla gente malata
canta tutto contento:
“La tua cura è arrivata:
è un cucchiaio di vento!”


martedì 13 novembre 2012

Il paracanute


Ho un amico che fa il paracanutista. Ogni volta che vede una vecchietta canuta, che sorride ma tutta tremante e fa per attraversare la strada mentre un tir da 50 tonnellate arriva suonando disperatamente il clacson, e lei non lo sente perché sta ascoltando la musica con le cuffiette, il mio amico si toglie di spalla il paracanute e con un gesto da prestigiatore lo interpone tra la vecchia e il camion, salvando la vecchia.
La vecchia non si accorge di niente, ma il mio amico sì perché per l’onda d’urto viene scagliato in orbita tra Venere, Plutone, Plotino (il cui fantasma passava di lì), Plutarco, Plufrecce, Pluto, Minni, il commissario Basettoni, Venere (stava girando in tondo) e quindi, piano piano, ecco che ritorna sulla terra, in cerca di un’altra bianca signora da salvare.

Il paradosso


Ho scoperto un paradosso,
l'ho lanciato al paracane,
ma per sbaglio ci ho colpito
quattro vecchie carampane.

Sopra queste ci ho spalmato
caramburro e marmellata,
che con l'osso non si accosta,
però sa di cioccolata.

Ne sa tanto ma davvero,
come un grande luminare,
io l'ho appeso sul soffitto
e l'ho fatto dondolare.

Don Dolare era anche un prete,
che sta appeso al parapetto,
e ci vuole così bene
che il suo cuore ci ha protetto.

lunedì 12 novembre 2012

La cascata di pere

Conosco un asinello
che sa di cioccolata,
siccome è un po’ monello
 si è preso una scarpata.

Dopo che se l’è presa,
l’ha messa sopra un monte:
ci son volati dentro
due capre ed un bisonte.

Vi dico meno male,
che erano bestie alate, 
se no dritte sul fondo,
sarebbero cascate.

“Se fossero cascate,
sarei tutto bagnato!”
proruppe l’asinello
ridendo a perdifiato.

Purtroppo la cascata
gli arrivò per davvero,
da un bel motociclista
che cascava dal pero.

Il pero era raggiante,
perché aveva sfornato,
per farne dono al mulo,
sei pere al cioccolato!

venerdì 9 novembre 2012

Dirindinda e la neve


Dirindinda è una regina,
sulla testa ha la sciolina
è regina delle piste
su cui fa cose mai viste.

La duchessa che la affianca
corre sulla neve bianca,
tutt’e due fanno uno sci
chi lo indossa fa così:

quando curva ritto a destra,
pensa forte a una ginestra,
quando curva dritto e a manca,
prende il sole su una panca.

Se la panca è verde e gialla
prende il sole su una spalla
Se la panca è verde è blu
prende il sole anche di più.



I vestiti di Dirindinda


Dirindinda è una regina
con le scarpe di farina,
con i guanti di gelato,
con gli occhiali al cioccolato,

Le calzette son di fiori,
tutti buchi e niente fori,
la sottana è di lillà,
e un altr’anno sboccerà,

sboccerà con mille fiori, 
Dirindinda ha sei colori,
l’altro spunta in un baleno
e ecco qui l’arcobaleno!


mercoledì 7 novembre 2012

Due rapidi conti


Quanto contano i sogni? Quanto sognano i conti! E i conti quanto sognano, e se sognano dei conti, quanti se ne contano? Non so quanto sognino i conti, ma so quanti sognano i conti! Difatti, li ho contati: erano trentacinque l’anno venturo, 18 l’estate prossima e quarantaquattro più due la prossima estate. Benissimo. A conti fatti (ovvero, se i conti sono diventati adulti), dove passeremo le vacanze d’estate? In fin dei conti – ovvero, se i conti sono vecchi e iniziano a non stare bene – li assisteremo e gli vorremo bene fino all’ultimo, anche se non si sa cosa avessero sognato e per quante volte.

A quel palese


"Ma vai a quel palese"
mi disse a fine mese
un tizio assai cortese.

"Perché quel mese é fine?"
chiesero le mondine
con l'abito di trine.

"Che vuoi che gli risponda?"
ci chiese quella bionda
da questa all'altra sponda.

Rispondi quel che vuoi,
e se son fatti tuoi
non raccontarli a noi!

La risposta della bionda rimane quindi sconosciuta. Molti sostengono che le sia stata suggerita, ma noi non sappiamo da chi, né perché né a che ora.

martedì 6 novembre 2012

Il bucatore di ciambelle


C’è un tale sopra un monte,
che ride a crepapelle,
è un grande venditore
di buchi per ciambelle.

Chi è in sorte sventurato,
si trova una pagnotta
che è senza neanche un buco:
insomma, mezza rotta.

Allora il mio signore,
si affaccia dal portone,
lo guarda, lo saluta,
ride con convinzione,

sorride coi suoi denti
a forma di scodella,
un morso ed ecco pronta
la sua nuova ciambella!


Canti stellari


C’è un signore che strimpella
dalla cima di una stella.

Un suo amico bonaccione,
dalla cintola di Orione,

canta un canto che produce
5 note in tre anni luce.

Quando il primo gli risponde,
cinque note sono bionde,

altre quattro sono more
e sapeste che sapore! 

Quando il canto è terminato
e ciascuno si è saziato,

vanno entrambi a riposare
sull’aurora boreale.

lunedì 5 novembre 2012

Fiori di mucca


Ho una mucca che non mungo,
ho un bel fiore però è un fungo,
se però fungo da mucca,
non ti do latte di zucca,

sulla zucca ti darò
un bel fungo che non ho
sempre meglio che la mucca
che mi sciupa la parrucca.

domenica 4 novembre 2012

Quanto (o quanti) contano i sogni?


Quanto conta un contadino?
Conta quanto l’imbianchino,

quanto il prete o l’affarista,
quanto il re o l’equilibrista.

Se chi conta chiude gli occhi,
conta mille e più balocchi,

sei cavalli e mille selle,
cinquecento pecorelle,

che salutano dal prato,
presto saltan lo steccato!  

Se le conti di preciso
sono mille e un paradiso,

Se le conti più di fino,  
sono mille e un sonnellino,

chi le conta, chiunque sia, 
con un sogno vola via! 

sabato 3 novembre 2012

Un ritardo di consegna


Nel mezzo del camin di nostra vita
trovai Babbo Natale che inveiva.
difatti era rimasto lì incastrato
con mille consegne in arretrato!

Dal tetto una miriade di folletti
saltavan sbattendo i copriletti
convinti che lo spostamento d’aria
potesse la cosa straordinaria

di liberare un vecchio ‘sì bonario,
e far volare i pacchi via in orario.
Chi non credeva allora si stupì,
perché finì che andò proprio così! 

giovedì 1 novembre 2012

Giocondino Scaldasonno


Celestino Scaldasonno
si traveste da suo nonno,
che però si è travestito
da cognato di un suo amico.

Il cognato gioca a palla,
e è vestito da farfalla,
la farfalla, per passione
si traveste da aquilone,

l’aquilone taglia il filo
perché vuole andare in giro,
quando incontra, in mezzo al cielo,
Giocondino, ma davvero?

Vola alto e vola basso,
niente ali, un vero spasso!
Vola proprio come il nonno
Celestino Scaldasonno.