mercoledì 29 febbraio 2012

una testa di rapallo


Una testa di Rapallo,
inciampando contro un callo,
cadde contro un dito medio,
assalito da un gran tedio.

Per distrarre la falange,
la coprirono di frange
ma non basta un bel vestito
per fare contento un dito.

Lo limaron per un po’
Finché l’unghia disse “oh!”
Gli provarono un anello,
ma non era mica bello.

Gli comprarono un ditale,
ma l’umore, sempre uguale.
Poi la testa di Rapallo,
preso sotto braccio il callo,

chiese alla signora Rita
di incrociare un po’ le dita.
E di colpo, ecco il rimedio
Per il nostro dito medio!

A voi sembra così strano,
per le dita di una mano,
che un abbraccio di buon cuore
possa sistemar l’umore?

martedì 28 febbraio 2012

la fiera (della) mongolfiera


                                                                                                                     

Alla grande fiera della mongolfiera,
son 7 le persone vestite da teiera: 
così stracamuffate si cercan di infiltrare,
saltando dentro i cesti e arrivando fino al mare.
Il mare è giallo oro, se il sole ci tramonta,
ma per una teiera, è solo il tè che conta
Contando fino a 10, il tè si è acculturato,      
ma all’11, mannaggia, lo versano sul prato.
Lo versan dalle nubi, dove si era appostato,
vestito da teiera strapiena di gelato.
Con tanto di gelato, teiere benpensanti,
non devon più infiltrarsi, si faccian pure avanti!
Così si prende il volo, via sopra la foresta,
le sei persone strane, con un coperchio in testa.



Le persone più ferrate in matematica, potrebbero aver notato che manca una persona all’appello. Di questo settimo personaggio, si è perduta ogni traccia una volta versato sul prato. Alcuni sostengono di averlo visto che ballava una danza con un’onda africana, altri che si sia preso una vacanza in una falda di acqua purissima a 17 metri di profondità.

lunedì 27 febbraio 2012

chi vo là?


Un gufo a forma di ufo e un ufo al sapore di marmellata al lampione, volteggiano a piè pari sopra il cielo della città di Tolosa.

La marmellata di lampione, a scuola veniva sempre presa in giro perché anziché distinguersi per il sapore zuccherino, aveva un non so che di luminoso. Ma ovviamente, trattandosi di un non so che, nessuno sapeva cosa fosse e le marmellate più carine non se la filavano per niente.
Un giorno, il suo destino cambiò: fu scelta tra decine di candidate per insaporire un ufo. Quell’ufo, oltretutto, non era un ufo come tanti che se ne vedono, ma nientepopodimeno che l’ufo di compagnia del gufo Giampiero, un benevolo volatile che assumeva forma di ufo per non far sentire a disagio il suo accompagnatore: che gufo di cuore, Giampiero! E che ufo cordiale e saporito! E che strana marmellata, che ogni giorno all’alba si spegne!  
Così il cielo di Tolosa brilla ogni notte di questi personaggi, e i suoi abitanti forse neanche lo sanno. 

sabato 25 febbraio 2012

lo zapping sui piedi


Alle 4 c’è una trasmissione che parla delle sette, ma alle 7 c’è una trasmissione che parla delle quattro;
tra sette e quattro si sono fatte le 11, e l’annunciatrice espone i programmi di oggi:
“Alle 4:07 voglio vedervi tutti in soggiorno e, se è un soggiorno abbastanza grande, la mamma accenderà il canale di Suez!”
Alle 70:40 una replica interplanetaria della trasmissione andrà in onda tra il capo e la coda del signor Xciop del pianeta Xcip, dove le giornate sono di 114 ore. Non ve la perdete!"
Se la vostra televisione fatica a vedere il canale, la pubblicità ha messo in palio un viaggio orbitale: dall’occhio destro all’occhio sinistro del signor Mario, giro della boa e ritorno indietro in volata.  
Su radio Ulna, che trasmette dalla luna, incomincia alle 8 un programma su un biscotto, alle 8 e venti uno che parla di un biscotto e quaranta (purtroppo il mio biscotto è avanti venti minuti) e alle 7.40 un programma che parla di tasse: sono sempre di più quelle che si innamorano dei furetti, i tassi sono gelosi e alcuni, dalla rabbia, sono arrivati alle stelle. I parenti delle tasse storcono il naso all’inizio, ma in fondo sanno che non conta altro che la felicità delle loro bambine.
Alle 15 in punto, cioè l’ora di adesso, un ago di pino (che pino cercava da tempo) suggerisce che quello che c’è qui fuori, anche se non si sa che stagione sia, ha la forma della primavera e sarebbe il caso di uscire.
E se una forma di primavera è troppa, sono certo che in molti negozi ne vendano fette sfuse. 

giovedì 23 febbraio 2012

agitare bene prima di pensare


Una scatola di scale, non è facile da scalare. 
Ben più semplice sarebbe usare le scale che sono al suo interno, ma,
trattandosi di un’offerta a scatola chiusa, non è dato di aprirla prima dell’acquisto.

“Chi sa risolvere questo problema?”, chiese il professore di Scatoleria applicata.
La classe si sbizzarrì: entro pochi minuti, decine di idee iniziarono a affollare i banchi rimbalzando qua e là con un tale disordine che, per evitare che le idee bighellonassero all'aria senza padrone e il professore non sapesse più a chi dare i voti, si dovette ricorrere a delle scatole: ogni studente ne aveva una con dentro in bell'ordine le sue pensate, e il professore girava tra i banchi sbirciando di tanto in tanto dai coperchi e annotando qualcosa sul suo libretto. 
La campanella dell’intervallo, tuttavia, annunciò proprio in quel momento la possibilità di fare merenda e, come di consueto, i bambini iniziarono a saltare gridando di gioia.
L'ordine non si mantenne per più di pochi istanti: in un battibaleno le scatole degli studenti si confusero con la scatola dell’esempio, con il risultato che, chi avesse voluto trovare le scale per andare al secondo piano, avrebbe dovuto cercarle in un mare di idee, nel quale si sarebbe certamente smarrito dimenticando non solo di salirle, ma anche di scenderle per tornare indietro.  
Se ciò non bastasse, arrivò in quel momento la signora Beppina, che dopo avrebbe dovuto pulire, e vorrei non dover dire che, alla vista di un simile soqquadro di pacchi e pacchetti, le girarono parecchio le scatole. 
Mancava solo quello! Prese dall’euforia del girotondo, tutte le scatole presenti iniziarono a roteare, prima con prudenza, quindi selvaggiamente finché alla fine, si aprirono di colpo!
Cosa successe?
Tanto per cominciare le scale tornarono finalmente al proprio posto, ma nella fretta ci si accomodarono al contrario, così che salendo si arrivava in giardino.
Ma quello non era niente, perché le idee erano finalmente tutte libere! A quelle per risolvere il problema di Scatoleria, che comunque poche non erano, mille altre se ne aggiunsero, nate da un secondo con l'altro dal baccano, dalle risate e dalla giornata di sole: saltellavano sopra le teste, scendevano le scale fino a volare in cielo e rimbalzavano tra i nasi e le caviglie. Chiunque poteva prendere quella che più gli piaceva e mettersela all'occhiello, o raccontarla a chi faceva fatica a vederla, o persino portarla al professore, che però ormai non dava più voti a nessuno. Tra tutte, ne risplendeva una in particolare, su cui si leggeva: "Divieto assoluto di inscatolaggio di idee, pensieri e fantasie di genere!"

l'arte del perder colpi


Ho un amico che perde colpi e mai più li ritrova.
Poco male, giacché ho un altro amico a cui era quasi venuto un colpo, e quando l’ha perso si è sentito assai meglio di quando l’aveva trovato. 
Il bilancio del perder colpi costituisce in effetti un’importante questione e andrebbe compilato con perizia, prima di prendere qualunque decisione. 
Perdere i colpi, ad esempio, significherebbe finire le guerre prima ancora di iniziarle: senza neanche un colpo, si potrebbero sparare soltanto delle assurdità – come la stessa guerra, d’altronde – a cui i soldati dovrebbero fare posto abbandonando le trincee. 
Certo non si potrebbero fare troppe cose in un colpo solo e si dovrebbe tornare a farle una per volta. Rimanere colpiti da un splendido paesaggio diverrebbe meno semplice, ma si potrebbe comunque restarne incantati, o sorpresi, o stupiti. 
Voi dite che ne varrebbe la pena?


mercoledì 22 febbraio 2012

il mondo in un cappello


C’è chi le chiama rime a casaccio, 
ma sono a casa e tante ne faccio,
ne faccio tante che sembran cento, 
danzano e corrono come il vento. 
Il vento soffia sui tuoi capelli, 
sono ogni giorno sempre più belli,
lunghetti e corti come l’erbetta, 
muovon le sorti della barchetta, 
è la barchetta dei desideri, 
li esprimi e in fondo non sono seri, 
serio davvero è solo il sorriso, 
che poche volte viene deciso, 
lo scovi in giro in mezzo alla gente, 
o a una storiella divertente,
lo vedi nel sole che investe le foglie, 
nel caro spazzino che le raccoglie,
in fronte al bambino che appena nato, 
non sa ancora bene che il mondo è fatato, 
con mille folletti e pace e colori, 
che più ti distrai più ne vengono fuori,
rose e violette dal fiero cappello, 
ma il prestigiatore non fa solo quello, 
lui tocca gli sguardi per farli danzare, 
per farli nuotare nel cielo e nel mare, 
nell’ombra e nel sole di un fiato sospeso,
ma il vero tesoro non viene compreso, 
ha poco a che fare con trucchi e magia, 
ma è solo la gioia, la tua e poi la mia. 

martedì 21 febbraio 2012

il pescatore di albicocche


Un giorno, un pescatore di albicocche, incontrò un albicoccatore di pesche.
I due fecero subito amicizia e, per ogni albicocca che pescava il primo, il secondo tentava di farci un’albicoccatura magnifica, ma mica ci riusciva! Difatti era un albicoccatore di pesche, non di albicocche.
Un saggio passante fece loro notare che, più stupido che albicoccare un’albicocca, che era già un’albicocca, poteva esserci solo albiccoccare un mango, o un mandarino, che erano così buoni così come nascevano. 
Non parlò delle pesche, ma l’albicoccatore ci fece una bella riflessione e, dopo averne parlato con il suo amico, cambiò la sua professione in lanciatore di coriandoli.
Ne lanciava una manciata ogni volta che l’altro pescava un’albicocca, così che, mentre la mangiavano, tante altre ne arrivavano attirate dai colori luccicanti. 

sabato 18 febbraio 2012

la mosca al naso


Un giorno, un abilissimo scalatore, arrivò in cima alla montagna più alta dell’intero continente di Sperlunia.
Soddisfatto per la grande impresa, decise di concedersi un gustoso mandarino. Per via della dieta, ne consumava al giorno soltanto uno SPICCHIO. Immaginate la sorpresa sulla sua faccia quando, aperto il sacchettino della frutta, si accorse di essersi per sbaglio portato via un PICCHIO!!!
Oltre a lasciarlo a pancia vuota, il volatile si dimostrò molto pretenzioso: voleva una giacca a vento, perché quella non era una temperatura adatta a lui, abituato al clima ben più mite della Picchide, dove era nato e cresciuto.
Corricchio Di Lena (ecco qual era il nome del nostro scalatore), che, oltre ad essere un alpinista coi fiocchi, era un ragazzo mite, gliene ricavò subito una dalla copertura della borraccia.
Picchio della Girandola (indovinerete da voi a che volatile mi sto riferendo), non parse però affatto soddisfatto: mancava il cappuccio, il colore non si intonava con il suo piumaggio, inoltre non vedeva traccia di un passamontagna in grado di contenere il suo becco, che  – a suo dire – era tutt’altro che un becco qualunque: la scorsa primavera gli aveva regalato la vittoria nella gara verticale di “Picchiettamento in picchiata”, che era lo sport nazionale della Picchide (gufi ed allodole, in verità, sostenevano vi partecipassero soltanto picchi un po’ picchiati).
Corricchio cercò di farlo ragionare: anche volendolo accontentare, non era mai stato un asso all’uncinetto e il suo lavoro non sarebbe stato all’altezza di un becco tanto prestigioso.
Ma Picchio Della Girandola era incontentabile. Si lamentò, gridò, sbatté ancora i piedi e infine picchiettò gli scarponi del nostro scalatore fino a che non raggiunse la caviglia. Così che a Corricchio, che sì era bravo e buono, ma aveva le caviglie sensibili, saltò veramente la mosca al naso.
A questo punto, successe una cosa importante:
proprio mentre Corricchio stava per mettersi a gridare, la mosca scese inaspettatamente dal suo naso e iniziò subito a legare con De Picchis.
Poco dopo, sembravano amici da una vita, l’una ronzando all’incontrario sulla testa del primo, l’altro incidendo disegni spassosi sulle cortecce degli alberi.
Per la gioia di quell’incontro inaspettato, De Picchis dimenticò all’istante il freddo, la gare e tutte le sue strane pretese.  
Di fronte all'evidenza dei fatti, anche a Corricchio passò subito il dolore alla caviglia: si posò entrambi sul cappellino e prese di buon passo la strada di casa.
Insieme, si raccontarono un mare di barzellette, alcune tanto buffe che Corricchio doveva fermarsi a riprendere fiato anche se andava in discesa. Dalle risate, le montagne splendevano come non le aveva mai viste in tanti anni di scalate.

venerdì 17 febbraio 2012

attenzione caduta lettere


Un giorno, nella città di Crema, successe uno strano fenomeno. Prima che si potesse iniziare a dire bah, le iniziali delle parole iniziarono a cadere come la pioggia.  
Bisogna dire che di alcune non si sentì neanche il rumore, ma altre, ragazzi, fecero veramente dei pasticci.
Chiedetelo ad esempio al signor Marco che, mentre si grattava una SPALLA, la vide rotolare per terra rimbalzando come una vera e propria PALLA. Impiegò tutto il pomeriggio a rimontarla, e per via della S mancante, dovette consumare mezza confezione di scotch da pacchi.
Ma non è ancora niente. I negozianti di calzature, con le facce tutte preoccupate, si agitavano nei negozi di animali cercando del cibo per pesci: tutte le SCARPE in vetrina erano diventare CARPE, e ora rischiavano di soffocare!
Luigino (che, risolto il problema dei conti, si stava dedicando alla geometria) stava disegnando un angolo RETTO quando si ritrovò con un angolo di un ETTO, di cui non sapeva proprio che farsi. Immaginate come avrebbe potuto spiegarlo alla maestra!
Chi mangiava una mela e stava per buttare il TORSO, rischiava di trovarsi di fronte a un ORSO, guadagnandosi uno spavento che valeva doppio e anche triplo.
E a proposito di triplo, non mancarono i casi di cadute doppie, con effetti che non vi lascio immaginare, ossia:
Tommasino, che se ne stava semplicemente andando a SPASSO, dovette fermarsi quasi subito perché scoprì di avere a disposizione un solo PASSO! E mentre stava ancora decidendo con che gamba farlo, ecco che aveva solo un ASSO, e neanche tre amici ed un tavolo per giocarselo alle carte!
Altri casi furono meno drammatici, ma altrettanti strani:
il cantautor Cordonio Fermanote, ad esempio, si esercitava a suonare il FLAUTO quando, da una nota all’altra, lo strumento sparì lasciando spazio a un LAUTO pasto. Ma non fece in tempo a sedersi a tavola che era svanito anche quello, lasciandolo comodamente adagiato su un AUTO. Però quell'auto andava che era una meraviglia: ci girò tutta la città all’andata e al ritorno, e diede anche uno strappo al bar a Tommasino, che poté finalmente giocare il suo asso e divenne campione regionale di scopone.  

giovedì 16 febbraio 2012

tra palo e frasca (c'è di mezzo un salto)


Alighiero Saltelli era solito procedere nei suoi ragionamenti nel più singolare dei modi: anziché ragionare per associazioni, come va per la maggiore, il nostro amico pensava infatti egregiamente per dissociazioni:
da un OROLOGIO, ad esempio, era in grado di ricavare un OROSCOPO e anche un ELOGIO; da una FRASE, una FRASCA e della MAIONESE. Dalla MAIONESE poi, in un attimo si ritrovava un MAIALINO rosa, con cui subito faceva amicizia, e un risotto alla CANTONESE, che però non gli andava tanto. Poco male, perché dal RISOTTO ottenne una RISMA di fogli luccicanti e un PAPEROTTO.
Dalla RISMA imparò il RISPARMIO e anche un rimedio eccezionale per curare l’ASMA. Dai FOGLI, una FORESTA intera fu ricostruita e, vicino a quella pietra su cui batte il sole, trovò persino un PORTAFOGLI. Lo raccolse appoggiandosi alla pietra, ma la PIETRA si trasformò davanti ai suoi occhi in un PIEDE; un piede straordinariamente dotato, giacché suonava la CETRA con rara maestria.
Di fronte a tanta MAESTRIA, la MAESTRA se ne andò VIA e Alighiero, che non l’aveva neanche vista, continuò a passeggiare lì intorno. Ma persino l’INTORNO, di fronte ai suoi pensieri, si scisse quasi subito in un INTERO GIORNO, che si scisse ancora in un INTENTO SINCERO di portare GIOIA tutto INTORNO.

Avrete notato da voi che, da questa splendida dissociazione, si ritrovò con un INTORNO nuovo fiammante, che regalò a tutti e con il quale innescò rapidamente il più bel circolo virtuoso del mondo. 

mercoledì 15 febbraio 2012

la resa dei conti


Un giorno il piccolo Luigino, di fronte a un terribile problema di algebra, si arrovellò, pensò, ripensò, convocò tutte le calcolatrici della casa e ancora due abachi, un registratore di cassa e la radiosveglia di zia Lorella.
Ancora non bastò: dovette pensarci ancora, impegnarsi un altro po’ e infine, con sua grandissima soddisfazione, vide i conti tornare.
Insieme a loro, tornarono tuttavia anche duchi, marchesi e visconti, che erano impegnati con i conti in una certa conversazione che non si sentivano di interrompere.
A vederli era uno spettacolo, con le loro parrucche impomatate e i mantelli di velluto a mille gusti. 
La mamma, tuttavia, rimase abbastanza sgomenta nel vedere tutte quelle persone, di rango così elevato, ferme a discorrere sul tappeto di Luigino, alcune fuori dal bagno, altre che passeggiavano sul mappamondo:
non aspettandosi tanta folla, la poverina aveva cucinato soltanto un risotto. 
Luigino lesse la preoccupazione negli occhi della mamma e parlò ai conti con sincerità:
dovevano rimanere sul quaderno, almeno finché la maestra non li avesse corretti, ma purtroppo i loro amici non avrebbero potuto fermarsi.
Di fronte agli occhi grandi di Luigino, i conti si arresero e non riuscirono nemmeno offendersi, come l'etichetta avrebbe richiesto.
Per terminare il discorso con l’alta nobiltà, diedero una festa la sera successiva nella cartella di un amico, alla quale furono invitati anche Luigino e la sua mamma.
Quest'ultima si presentò con una torta coi fiocchi: erano così tanti che, quando finirono di disfarli, era primavera da un pezzo.

martedì 14 febbraio 2012

la flotta del mar Caspita


Una volta, in un mare meraviglioso ancora da finire di inventare, si radunarono tutte le più incredibili imbarcazioni del globo.
Ve ne dico alcune, così come le vedo:
dal fronte nord si staglia una vascella, dalla navigazione molto fluida ma dall’odore non sempre gradevole.
Poco indietro arrivano le 3 caramelle, le navi da traversata più dolci del mondo (si dice che veleggiando su di loro sia possibile raggiungere via mare la casetta di Hansel e Gretel). 
C’è un catamarrone, che a causa del colore viene spesso confuso con la terraferma; una barca a veglia, che naviga solo di giorno; un motoscaltro, che è particolarmente dotato nell’evitare i pericoli per sé e per le altre imbarcazioni.
Alle spalle di un transatlantico, si fanno avanti un transindiano e un transpacifico, che è quello dall’indole più bonaria.
Lungo le spiagge arrivano tante canoe e, insieme a loro, altrettante gattoe, che hanno delle fusoliere apposta per fare le fusa. 
Non mancano le barche a rami, che si lasciano portare dalla corrente mentre le loro fronde crescono rigogliose verso il sole.
Arriva persino una motovendetta, che se ne sta in disparte e sembra sempre un po’ triste.
A mezzogiorno, tutti sono abbagliati dall’arrivo di un imponente velioro, che splende come un piccolo sole che l’acqua riflette in cento direzioni.
Ma c’è anche uno sveliero, di fronte a cui non ci sono segreti.

E il segreto che non ci fu quella volta, fu che il mare in cui si poteva navigare era sgombro, ma allo stesso modo si potevano prendere anche le vie del cielo, dei boschi o delle stelle.

vitelli omaggio


Il Fronte Mondiale di Tonnatura dei Vitelli ci fa gentilmente notare che sono stati lasciati in disparte due esemplari, nonostante non fossero meno simpatici di quelli utilizzati per popolare lo scorso racconto. Per scusarci, consentiamo loro di pascolare liberamente nelle righe che seguono: 





saltando si impara


O mangi la finestra o salti la minestra!


E il piccolo Piero decise di saltare la minestra. Ma prendendo la rincorsa, scivolò su un vitello tonnato che pascolava lì nei pressi e cadde in pieno nel piatto, imbrattandosi da capo a piedi.


Coi piedi imbrattati scivolò da capo su di un nuovo vitello tonnato, che si era appostato nel piatto bagnato. Mica per caso: ci si era appostato apposta.



Pierino riscontrò una ferrea morale da quella vicenda:
il vitello tonnato non si mangia, ma piuttosto si salta. Si salta meglio della minestra, che si mangia meglio della finestra.

Così tutto gli sembrò a posto, e si rimise a tavola continuando a sognare.







lunedì 13 febbraio 2012

rivoluzioni in erba


C’era una volta un re, seduto sul sofà, diceva alla sua serva “raccontami una storia!”.
E la serva, disse “no!”.

C’era una volta un sofà,
seduto sopra un re,
pesava come tre
tra cui sia me che te.

C’era una volta una serva,
danzava sopra l’erba,
saltando là e anche qua
sedette sul sofà.

C’era una volta una storia,
sapeva di cicoria,
interessava al re,
ma la lesse da sé. 



domenica 12 febbraio 2012

la testa del colonnello


Un giorno, al piccolo Gerolamo Drittini, campione scolastico di uso del righello, venne richiesto di disegnare una colonna.
Poiché era un bambino molto preciso, per disegnarla inguainò l’amato righello e utilizzò al suo posto un colonnello, strappandolo a un’importantissima esercitazione della marina militare.
Ne seguì un discreto putiferio: tutti i soldati della marina affollarono il cortile della scuola per reclamare il loro colonnello, a cui dovevano assolutamente chiedere un congedo.
Gerolamo, incurante del vociare, fu inflessibile di fronte alle lamentele del poveretto e continuò a tenergli la testa schiacciata sul foglio per tracciare a matita la sua meravigliosa colonna.
Sapete cosa successe?
Ne uscì una colonna perfetta, che stupì la maestra e di fronte a cui lo stesso colonnello dovette ammettere un certo talento.
Da allora, molte colonne furono tracciate con la testa del colonnello, che si concesse – per uso strettamente scolastico – a tutti i bambini del mondo, a patto ovviamente che avessero le mani pulite.
Per questa ragione, i bambini che mettono spesso le dita nel naso (sia proprio che altrui), faticano molto a disegnare una colonna come si deve: il colonnello scuote la testa e rimane imbronciato a guardarli dal banco.  

giovedì 9 febbraio 2012

il non diminutivo


Signori,
dopo ore, mesi e settimane,
l’Accademia degli errori, preventivamente consultati l’iperprofessor Fanfaronio Cilecca, il dottor Giorniglione Riposalba e il decantropo Pirillero Bugiardi e ciononostante nella certezza di sbagliare esclusivamente con grande simpatia, desidera portare alla vostra attenzione la forma non diminutiva della parola “donzella”, che riteniamo essere univocamente:

DONZA.

Da cui:
Cosa ti donza in pentola?

Piuttosto robusta quella donza, non trovi? Però ha un bel sorriso!

Un gionzo chiusi una donza in una stonza, ma dopo mi sentii molto in conza.

La donzelletta vien dalla campagna, dove la donza si era presa una sbronza.

Mi concede l’onore di questa donza?

Ma ora basta vi prego, perché le donze, forse per via del diminutivo del quale si sentono derubate, sono molto permalose. 

mercoledì 8 febbraio 2012

tavolarmente parlando


Un giorno Gualtiero decise di posare le posate sul suo tavolo preferito.
Poiché erano posate molto posate, ebbe timore di chiedere loro se fossero sposate, e quindi potessero sentirsi in qualche modo in pericolo rimanendo sole sul tavolino, alla mercé di mestoli, taglieri e cavatappi di dubbia provenienza.
Le posate, che erano sì posate ma non molto riposate, si limitarono a chiedere a Gualtiero un astuccio di velluto in cui potessero fare un bel sonno durante il tempo della loro separazione.
Gualtiero, e il come poi non lo so, rispose sia sì che no. 

immaginazione culinaria parte seconda: la dieta


Adelmo chiese una torta, ma una torta era troppa.
Era a dieta e, avendola davanti tutta intera, l’avrebbe certamente finita.
Così chiese una pezzo di una fetta,
ma pareva ancora troppo, troppo troppo.
Allora chiese una parte di un pezzo della fetta di torta.
Ancora non c’eravamo.  
Così fu divisa la parte del pezzo della fetta in quattro fette, ogni sottofetta in sette spicchi, ogni spicchio in 5 acini, ogni acino in 5 nuvolette rosa.
Da queste, si poteva grossomodo immaginare il sapore. E Adelmo lo immaginò buonissimo.  

lunedì 6 febbraio 2012

ora di colazione


C’è una torta gialla a fette
e ogni fetta fa per sette:
quattro fette le han mangiate
i cugini di Segrate,
otto fette divorate
le prozie delle cognate.
Una fetta per metà,
va a chi ridere non sa.
Quattro fette e un rosmarino
al compare di Zio pino:
la piantina fa buon pro,
ma per cosa non lo so.
Se ogni fetta riempie il cuore
certo cura il raffreddore,
non tralascia il mal di pancia
che decolla dalla plancia,
non tralascia il gorgonzola,
per la torta di zia viola,
che la vuole un po’ salata
e che sappia di frittata.
Questa torta è gialla e strana,
chi la mangia torna rana,
perché il principe la aspetti
e la baci tra i confetti,
i confetti sono tanti
che non saprei dire quanti,
sono cento ad ogni fetta,
che si gusta in bicicletta,
che si gusta su un trenino,
prima a sera e poi a mattino!


Per chi avesse già mangiato, è possibile immaginare il sapore della torta. Se lo immaginate sbagliato, riprovate finché non sentite il giallo sul palato. 



domenica 5 febbraio 2012

la nascita della calvizie


Un giorno, un signore che spaccava il capello in quattro, incontrò un signore che aveva un diavolo per capello.
Il primo, per niente impressionato, iniziò a tempo record la sua meticolosa opera di vivisezione: ogni capello venne spaccato in due e poi ancora in due. 
L'operazione coinvolse ovviamente tutti gli abitanti della chioma. A quei tempi nessuno aveva in mente che i diavoli per capello, che si alimentano già normalmente di litigi e divisioni, se tagliati a pezzettini, proliferano. 
Il secondo signore aveva esattamente 5 miliardi 127 milioni e 51 capelli: ne risultarono 20 miliardi 508 milioni e 204 diavoletti.
La confusione fu tale che per diminuire il rischio che si verificassero altri episodi simili, fu inventata la calvizie.
I bambini ne sono immuni, perché non si fanno tanti problemi come i grandi, mentre è noto che quando un adulto inizia a preoccuparsi troppo, i capelli cadono come se li portasse via il vento.  

Fu in questa occasione che nacque il detto “fare il diavolo a quattro”. 

venerdì 3 febbraio 2012

Il paese che dico io


Nel paese che dico io, l’occupazione funziona diversamente:
l’architetto non è costretto ad occuparsi di tutte le case, ma progetta solo gli archi e i tetti. Il resto delle case viene prodotto nei caseifici, che però il lunedì mattina sono chiusi (ricordatevelo, se decidete per una casa nuova nel fine settimana).
Per opere più colossali, come i ponti, si convocano schiere di pontefici.  
Ma non è tutto: ai carabinieri sono state tolte tutte le carabine e al loro posto sono stati dati dei fuochi d’artificio, per stupire i malviventi con la loro bellezza.
Tutto questo succede nel paese che dico io. E in quello che dite voi?

qualcuno ha trovato il mio venerdì?


Ho un amico colibrì
a cui manca un venerdì.

Lo ha cercato lì per lì,
tra Pasquetta e giovedì:
giovedì non l’ha trovato,
sul Natale è scivolato,

ha provato anche al mercato
dove forse era già stato...
Ma era il mercato del lunedì,
non lo poteva trovare lì!

Mentre cerca per davvero
Dentro il faggio e sotto il pero,
gli sentenzia un gufo saggio
come un etto di formaggio:


“Tu che voli con più amore
del più docile ascensore,
vai cercando un altro giorno,
ma non te ne fai un corno!

Te lo dico in confidenza,
a Parigi ho una credenza
su cui poggia un colibrì
che ha diciotto venerdì.

Non ti dico no se è sì,
ma dal peso di quei dì
che gli poggian sulle spalle
corre sempre verso valle:

la salita non può farla,
di volar non se ne parla
e se dico non commento
non mi par così contento!”

Così ha smesso il colibrì
di cercare il venerdì,
ma è partito per la Francia,
saltellando sulla pancia:

porta un carro elevatore,
per lenire il gran dolore
di quell’altro colibrì
che ha un po' troppi venerdì.